Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5698 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5698 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SERINI EMILIO N. IL 22/02/1951
avverso la sentenza n. 10434/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
21/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 9^ &„9,,,t(.2.A9
che ha concluso per (

DEPOS;MA IN CA – ELLERA
IL

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 19/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza 21.3.2013 la Corte d’Appello di Roma ha confermato la
condanna di Serini Emilio alla pena di giustizia per il reato di detenzione di stupefacenti
a fini di spaccio.
La Corte di merito ha motivato la decisione rilevando che il dato ponderale e le
modalità di occultamento della so4anza, unitamente alle precarie condizioni
economiche dell’imputato,escludevano la detenzione ad uso personale. Ha poi negato
l’attenuante del fatto lieve nonché le attenuanti generiche.

2. Per l’annullamento della sentenza il Serini (mediante difensore) ricorre in
cassazione deducendo tre censure.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Col primo motivo deduce, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) e lett. e) cpp,
l’inosservanza dell’art. 73 comma 1 bis DPR n. 309/1990 e la mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Rimprovera in particolare alla
Corte di Appello di avere ritenuto , con una motivazione al limite della carenza grafica,
la destinazione della sostanza ad uso non personale: osserva al riguardo che il dato
ponderale (valorizzato nella sentenza impugnata) non era tale da escludere la
consumazione da parte di una persona dal grado elevato di tossicodipendenza in circa
sette giorni, per cui nel caso di specie si trattava di costituzione di una riserva. Ritiene
prive di significato le modalità di occultamento, precisando che trattasi pur sempre di
detenzione non lecita; osserva che le proprie condizioni economiche non gli
impedivano comunque di procurarsi la droga. Osserva ancora che il mancato
rinvenimento di strumenti di precisione (bilancini o strumenti da taglio) avrebbe
dovuto portare ad escludere la destinazione allo spaccio, anche perché dalle rubriche
dei tre telefoni cellulari sequestrati – e poi restituiti – non erano emersi numeri di
interesse investigativo. Richiama infine una serie di massime giurisprudenziali ritenute
favorevoli alla sua tesi e conclude per la mancanza di prove sulla finalità di cessione o
di vendita.
Il motivo è manifestamente infondato.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il controllo del giudice di
legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di
cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa
la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma
adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le
varie, cfr. cass. sez. terza 19.3.2009 n. 12110; cass. 6.6.06 n. 23528). Ancora, la
giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione per essere apprezzabile
come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare
percepibile ictu ocu/i, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a
rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e

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considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano
spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cass. Sez. 3,
Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cassazione Sezioni Unite n.
24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794).
Nel caso in esame la Corte romana ha ritenuto la destinazione allo spaccio sulla
base del rilevante dato quantitativo (267 dosi di cocaina) e delle modalità di
detenzione e occultamento (la sostanza si trovava nascosta nelle mutande del Serini,

che in tal modo la portava fuori dalla propria abitazione ). Ha poi considerato che le
precarie condizioni economiche dell’imputato (dallo stesso dichiarate) apparivano del
tutto incompatibili con l’acquisto di un simile quantitativo per esclusivo uso personale.
La motivazione esiste, è logicamente coerente e dunque insindacabile in questa
sede.

2. Col secondo motivo il ricorrente denunzia l’inosservanza di legge (art. 73
comma 5 DPR n. 309/1990) e la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità
della motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante del fatto di
lieve entità. Rileva in particolare che ai fini della gravità del pericolo o del danno
occorreva un accertamento basato non su semplici presunzioni, ma sul fatto che la
droga sarebbe stata ceduta ad un numero rilevante di tossicodipendenti.
Anche tale motivo è manifestamente infondato.
In tema di sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego della
circostanza attenuante del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R.
n. 309 del 1990, il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi
normativamente indicati, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e
circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato
(quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa),
dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento dell’attenuante quando anche
uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto
sia di ‘lieve entità (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 6732 del 22/12/2011 Ud. dep. 20/02/2012
Rv. 251942; Sez. U, Sentenza n. 35737 del 24/06/2010 Ud. dep. 05/10/2010 Rv.
24791; Sez. 4, Sentenza n. 43399 del 12/11/2010 Ud. dep. 07/12/2010 Rv. 248947).
Nella fattispecie, la Corte d’Appello ha spiegato i motivi per cui ha ritenuto di
respingere la richiesta considerando – conformemente ai principi di diritto che regolano
i presupposti di operatività della circostanza in questione – il dato ponderale (ritenuto
rilevante, trattandosi di 267 dosi di cocaina).
Il giudice di merito, dunque, nell’esercizio dell’apprezzamento del fatto a lui
demandato, ha negato l’attenuante in parola ritenendo che gli elementi attinenti
all’oggetto materiale del reato portavano ad escludere la lieve entità della lesione del

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bene giuridico. Trattasi di motivazione succinta, ma pienamente conforme ai principi di
diritto.
3. Con l’ultima censura, denunziando la violazione dell’art. 62 bis, il ricorrente si
duole del diniego delle attenuanti generiche rilevando che, a fronte della specifica
istanza, la Corte di merito non ha dato nessuna risposta, non potendo avere significato
il dato dei precedenti penali, peraltro lontani nel tempo, ai quali fanno da contrappeso
l’avanzata età dell’imputato e le precarie condizioni di salute (documentate).

La concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientra nel potere
discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, positivo o negativo che sia, deve
essere bensì motivato ma nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il
pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità
effettiva del reato ed alla personalità del reo.
Anche il giudice di appello – pur non dovendo trascurare le argomentazioni
difensive dell’appellante – non è tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli
elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di
ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti
e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e
superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione (cfr. tra le varie, Sez. 3,
Sentenza n. 19639 del 27/01/2012 Ud. dep. 24/05/2012 Rv. 252900).
Nella fattispecie in esame, il diniego delle attenuanti generiche è stato motivato
con l’esistenza di plurimi precedenti penali specifici e con la mancanza di elementi
positivamente apprezzabili, non desumibili, secondo l’apprezzamento del giudice di
merito, dallo stato di tossicodipendenza (meramente allegato e non provato) e dalle
genericamente addotte condizioni di età e di salute che non risultano avere scalfito la
propensione e capacità criminale. Anche in tal caso si è in presenza di un percorso
motivazionale logicamente coerente e dunque assolutamente insindacabile.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della
sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 19.12.2013.

La censura merita la stessa sorte delle precedenti.

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