Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5682 del 27/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5682 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FAVA MARCO N. IL 14/10/1970
avverso la sentenza n. 3373/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
07/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Gqierale in persona del Dott. e. )-f e_-z_z r,z)7.7k.
che ha concluso per ‘..it t.p

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 27/11/2013

36406/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 7 febbraio 2013 la Corte d’appello di Firenze ha rigettato l’appello
proposto da Fava Marco avverso sentenza del 23 settembre 2010 con cui il Tribunale di Lucca
lo aveva condannato alla pena di otto mesi di reclusione e C 400 di multa per il reato di cui agli
articoli 81 cpv. c.p. e 2 I. 638/1983 per aver omesso di versare all’Inps le ritenute previdenziali
e assistenziali operate quale datore di lavoro sulle retribuzioni dei suoi dipendenti per un totale

2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo quattro motivi. Il primo motivo denuncia
violazione di legge perché i verbali di accertamento di violazione dell’Inps furono inviati a
mezzo posta, anziché ritualmente notificati; erronea sarebbe l’affermazione della corte
territoriale che ciò sarebbe superato dalla notifica del decreto di citazione a giudizio. Il secondo
motivo denuncia vizio motivazionale sulla prova della sussistenza del reato, essendo
insufficiente il richiamo della corte territoriale ai moduli DM 10. Il terzo metivo denuncia vizio
motivazionale quanto alla pena inflitta e alla mancata concessione delle attenuanti generiche e
censura la negazione dell’indulto. Il quarto motivo denuncia vizio motivazionale sulla negata
sospensione condizionale, per omessa motivazione del giudice di primo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
3.1 Il primo motivo adduce che il verbale di accertamento delle violazioni dell’Inps non è
stato notificato ex articoli 55 e 157, comma 1, c.p.p., come riconosciuto da giurisprudenza di
legittimità quale modalità necessaria di notifica, non essendo applicabile l’articolo 14 I.
689/1981; inoltre la cartolina di ricevimento della raccomandata non risulterebbe essere state
ritualmente ricevuta. Premesso che sotto questo aspetto la doglianza dagli atti risulta
infondata, come già rilevato dai giudici di merito, è il caso invece di rilevare che, a proposito
delle modalità di notifica del verbale di accertamento, il motivo invoca alcuni arresti di questa
Suprema Corte: Cass. sez. III, 13 gennaio 2006 n.20753; Cass. sez. III, 22 ottobre 2003 n.
44183e Cass. sez. III, 14 gennaio 2003 n.8564. Tale orientamento giurisprudenziale può
considerarsi, peraltro, superato, essendo stata in seguito e condivisibilmente riconosciuta la
libertà di forme della comunicazione in questione (da ultimo Cass. sez. III 14 febbraio 2007 n.
26054, che afferma che la comunicazione della contestazione dell’accertamento di omesso
versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è a forma libera, e, in particolare,
“detta comunicazione può essere effettuata mediante un verbale di contestazione, una lettera
raccomandata o una notificazione giudiziaria, ad opera sia di funzionari dell’istituto
previdenziale, sia di ufficiali di polizia giudiziaria”; in tal senso si era già pronunciata Cass. sez.
III, 22 febbraio 2005 n. 9518). Il motivo, dunque, risulta infondato, assorbendosi ovviamente

di C 5341.

ogni questione relativa al contenuto del decreto di citazione per fungere da equivalente rispetto
all’avviso di accertamento in caso di sua omessa notifica.
3.2 II secondo motivo adduce vizio motivazionale in relazione alla prova della sussistenza del
reato perché non sarebbe provato il pagamento delle retribuzioni dei dipendenti, necessario
come fatto costitutivo del reato, essendo state addotte solo le attestazioni di denuncia
contributiva presentate con sistemi automatizzati, laddove i modelli DM 10 non avrebbero
valore accertatorio. Il motivo non è accoglibile, perché, se è vero che per integrare il reato in

(S.U. 28 maggio 2003 n. 27641), è altrettanto vero che, come ha affermato la corte
territoriale, sulla base di conforme giurisprudenza di legittimità, l’effettiva corresponsione delle
retribuzioni, nel caso appunto di contestazione di omesso versamento delle ritenute
previdenziali ed assistenziali, può essere provata anche mediante i modelli suddetti, che
attestano le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e gli obblighi contributivi verso l’istituto
previdenziale e sono qualificabili prove documentali (oltre a Cass. sez. III, 4 marzo 2010 n.
14839, citata dal giudice d’appello, in tal senso v. pure Cass. sez. III, 7 ottobre 2009 n. 46451
e Cass. sez. III, 14 febbraio 2007 n. 26064).
3.3 D terzo motivo adduce che la corte territoriale, nel negare, come il primo giudice, le
attenuanti generiche, avrebbe dovuto tenere conto dei parametri di cui all’articolo 133 c.p., tra
cui le condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo, non essendo l’esistenza di
precedenti penali ostativa alla concessione delle suddette attenuanti. Pertanto i giudici di
merito sarebbero incorsi in errore di diritto laddove hanno omesso la riduzione della pena ex
articolo 65 c.p., per di più negando l’applicabilità dell’indulto di cui alla I. 241/2006. Premesso
che la corte territoriale – si rileva fin d’ora – non ha affatto negato l’applicabilità dell’indulto,
limitandosi a rimandarne la valutazione del giudice dell’esecuzione, per il resto del motivo deve
osservarsi che è affetto da una evidente genericità, non avendo il ricorrente indicato quali
caratteristiche specifiche della vita individuale, familiare e sociale del reo avrebbero potuto
giustificare, in concreto, la concessione delle attenuanti generiche. D’altronde, l’avere la Corte
d’appello motivato la mancata concessione delle attenuanti generiche con i precedenti del Fava

questione occorre vi sia stato il materiale versamento delle retribuzioni ai lavoratori dipendenti

non integra una motivazione carente o inadeguata, avendo il giudice d’appello, a ben guardare,
posto a sostegno della negazione sia la pluralità dei precedenti, sia il fatto che tali “plurime
condanne” riguardassero proprio “reati analoghi a quello per cui si procede”. Il motivo risulta
pertanto manifestamente infondato.
3.4 Manifestamente infondato appare altresì il quarto motivo, che denuncia vizio
motivazionale in ordine alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale
della pena, perché il difetto di motivazione che esso lamenta, a ben guardare, concerne la
sentenza di primo grado (ricorso, pagina 18: “la scrivente difesa rileva come il giudice di primo
grado non abbia motivato la mancata concessione della sospensione condizionale della pena”).

‘1.-7

D’altronde, correttamente rispetto all’applicazione dell’articolo 133 c.p., che pure invoca il
ricorrente, la corte territoriale ha motivato sul punto, evidenziando che la pluralità di
precedenti per reati analoghi conduce escludere la “formulazione di un giudizio prognostico
favorevole al fine di concedere la sospensione condizionale della pena”.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 27 novembre 2013

Il Consigliere Estensi

Il Presidente

P.Q.M.

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