Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5680 del 29/01/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5680 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
GUARNIERI ANNA, nata a Milano il 30/08/1976;
avverso la sentenza del 11/07/2014 della Corte di Appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi
Birritteri, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza
del Tribunale di Milano di condanna della Guarnieri alla pena di mesi quattro di
reclusione ed euro 1000,00 di multa in ordine al reato di ricettazione di un
ciclomotore oggetto di furto.
2. Il ciclomotore in questione era stato ritrovato all’interno dell’abitazione
dell’imputata circa tre ore dopo la denuncia di furto, in seguito ad una irruzione
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Data Udienza: 29/01/2016

che alle tre della notte la Polizia di Stato aveva effettuato all’interno di un campo
nomadi, ove si trovava ubicata la baracca in muratura dell’imputata.
3. Ricorre in cassazione la Guarnieri, a mezzo del suo difensore e per i seguenti
motivi:
1) violazione di legge e vizio di motivazione per non avere la Corte adeguatamente
valutato alcune circostanze favorevoli all’imputata, quali il particolare contesto
ambientale di promiscuità del campo nomadi, la circostanza che la Guarnieri non
si trovasse all’interno della sua abitazione al momento dell’irruzione essendo

era verificato dopo le 21.30, il fatto che la porta della sua casa fosse stata trovata
aperta all’atto dell’irruzione della Polizia;
2) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla concessione delle
circostanze attenuanti generiche non nella loro massima estensione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
1.Con il primo motivo di ricorso vengono dedotte circostanze attinenti al merito
della vicenda processuale, che entrambi i giudici di primo e secondo grado avevano
esaminato giungendo a conclusioni conformi in ordine alla responsabilità
dell’imputata, con motivazioni che, fondendosi tra loro, privano il ragionamento di
vizi logico-giuridici rilevabili in questa sede.
Valorizzando, a dispetto di alcuni specifici particolari di fatto indicati dalla difesa,
la dirompente ed oggettiva circostanza che il motorino di provenienza furtiva fosse
stato trovato all’interno dell’abitazione della Guarnieri, senza che potesse darsi
luogo alla circostanza che qualcuno lo avesse introdotto durante il trambusto
dovuto all’irruzione dei carabinieri nel campo nomadi (cfr. fg. 2 della sentenza di
primo grado).
Inoltre, sia il Tribunale che la Corte di Appello, anche sulla base delle dichiarazioni
rese dalla stessa imputata, avevano ritenuto provato che la donna abitasse in
quella casa, che vi si fosse intrattenuta quella stessa sera fino ad orario
compatibile con il nascondimento del motorino dopo il furto e che all’interno
dell’abitazione custodisse i suoi effetti personali; ritenendo, pertanto, inverosimile,
l’assunto difensivo che la ricorrente potesse non sapere che altri avevano nascosto
il mezzo rubato presso la sua abitazione dopo che ella era andata a dormire dai
genitori nella baracca vicina ed approfittando del fatto che la porta di accesso non
era chiusa a chiave.
Tali rilievi superano ogni altra argomentazione a discarico.

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andata a dormire nella vicina baracca della madre intorno alle 22.00 ed il furto si

E’ pacifico, nella giurisprudenza della Corte di cassazione, che il collegio condivide,
ritenere infondati i motivi di ricorso quando la ricostruzione effettuata dai giudici di merito
e la decisione alla quale sono pervenuti deve ritenersi compatibile con il senso comune e con

«i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento»: infatti, nel momento del controllo di
legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga
effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il

rv 196955.)
Sul punto va, infatti ribadito che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile,
dev’essere percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze: ex plurimis SSUU
24/1999.
Quanto alla doglianza secondo la quale la Corte territoriale avrebbe omesso di prendere in
esame alcuni elementi fattuali favorevoli alla ricorrente, deve replicarsi che «in sede di
legittimità non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione
prospettata col gravame quando la stessa è disattesa dalla motivazione della sentenza
complessivamente considerata. Pertanto, per la validità della decisione non è necessario che
il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi
difensiva disattesa, essendo sufficiente per escludere la ricorrenza del vizio che la sentenza
evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva
implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa.
Sicchè, ove il provvedimento indichi con adeguatezza e logicità quali circostanze ed
emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del convincimento del
giudice, sì da consentire l’individuazione dell’iter logico-giuridico seguito per addivenire alla
statuizione adottata, non vi è luogo per la prospettabilità del denunciato vizio di preterizione
il giudice non è tenuto, nella motivazione, a confutare, analiticamente, tutti gli elementi
addotti dalla difesa, sempre che non siano di natura decisiva ai fini dell’assoluzione»: Cass.
29434/2004. riv 229220.
2. Quanto al motivo relativo al trattamento sanzionatorio, la stessa ricorrente ha
trasfuso nel ricorso gli elementi che la Corte di Appello riteneva significativi ai fini
di pervenire al calcolo della pena finale ed al quantum di riduzione per le
circostanze attenuanti generiche, precisando che erano stati tenuti in
considerazione i plurimi precedenti penali specifici dell’imputata ed il valore
intrinseco del bene ricettato; vale a dire due tra i parametri significativi previsti
dall’art. 133 cod. pen..
3

senso comune (Cass. n. 47891/2004 rv 230568; Cass. 1004/1999 rv 215745; Cass. 2436/1993

Il che consente di ritenere assolto l’obbligo motivazionale e manifestamente
infondato il motivo di ricorso.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille/00 alla Cassa
delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa della stessa ricorrente
nella determinazione della causa di inammissibilità in ragione dei motivi dedotti.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 29.01.2016
Il Consigliere estensore
Giuseppe Sgadari

Il Presidente
Piercamillo Davigo

P.Q.M.

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