Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5679 del 27/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5679 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:PT

Ch: klithfAa

avverso la sentenza n. 4580/2011 TRIBUNALE di GENOVA, del
07/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. e, M
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 27/11/2013

12165/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 7 dicembre 2012 il Tribunale di Genova ha condannato Abbate Giovanni
alla pena di un anno e otto mesi di reclusione per i reati di cui agli articoli 5 d.lgs. 74/2000
(per aver omesso di presentare la dichiarazione delle imposte sui redditi relativa all’anno 2004
al fine di evadere, realizzando un’evasione maggiore di C 77.468,53 – capo a), 81 cpv. c.p. e 5
d.lgs. 74/2000 (per avere omesso di presentare la dichiarazione sui redditi e Iva relativa
all’anno 2005, così evadendo per un importo superiore a C 77.468,53 – capo b), 81 cpv. c.p. e

all’anno 2006, così evadendo per un importo superiore a C 77.468,53 – capo c), e 81 cpv. c.p.
e 5 d.lgs. 74/2000 (per avere omesso di presentare la dichiarazione sui redditi e Iva relativa
all’anno 2007, così evadendo per un importo superiore a C 77.468,53 – capo d).
2. Ha presentato ricorso il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Genova
adducendo violazione di legge per avere il Tribunale escluso la recidiva specifica, non tenendo
conto che i precedenti (riguardanti due condanne per il reato di cui all’articolo 4 I. 516/1992),
pur sanzionati da norme diverse, erano della stessa indole ex articolo 99, comma 2, c.p.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
Va premesso che corrisponde al vero, in punto di diritto, quanto adduce il ricorrente nel
senso che la stessa indole, ai fini della recidiva, è configurabile anche per i reati previsti da
norme diverse, come da tempo insegna la giurisprudenza di questa Suprema Corte (Cass. sez.
II, 21 ottobre 2010 n. 40105, richiamata dal ricorrente, si colloca su una linea conforme
all’ormai risalente Cass. sez. III, 4 ottobre 1996 n. 3362 del 04/10/1996, per cui “ai sensi
dell’art. 101 c.p. “reati della stessa indole” sono non soltanto quelli che violano una medesima
disposizione di legge, ma anche quelli che, pur essendo previsti da testi normativi diversi, per
la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li hanno determinati, presentano, nei
casi concreti, caratteri fondamentali comuni. Alla stregua di tale criterio, più reati possono
considerarsi omogenei per comunanza di caratteri fondamentali quando siano simili le
circostanze oggettive nelle quali si sono realizzati, quando le condizioni di ambiente e di
persona nelle quali sono state compiute le azioni presentino aspetti che rendano evidente
l’inclinazione verso un’identica tipologia criminosa, ovvero quando le modalità di esecuzione,
gli espedienti adottati o le modalità di aggressione dell’altrui diritti rivelino una propensione
verso la medesima tecnica delittuosa. Per l’individuazione e per l’esclusione dei caratteri
anzidetti è necessaria una specifica indagine rimessa alla valutazione discrezionale del giudice
e non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata”; più di recente v. altresì
Cass. sez. I, 27 ottobre 2009 n. 46138, per cui “per “reati della stessa indole” a norma dell’art.
101 c.p. devono intendersi non soltanto quelli che violano una medesima disposizione di legge,

5 d.lgs. 74/2000 (per avere omesso di presentare la dichiarazione sui redditi e Iva relativa

ma anche quelli che, pur essendo previsti da testi normativi diversi, per la natura dei fatti che
li costituiscono o dei motivi che li hanno determinati, presentano, nei casi concreti, caratteri
fondamentali comuni”; va altresì sottolineato che, comunque, anche recentemente – Cass. sez.
III, 16 dicembre 2010-24 marzo 2011 n. 11954 – si è riconosciuto che l’accertamento sulla
omogeneità tra fatti pregressi e fatto giudicando, ai fini della recidiva, costituisce una
valutazione discrezionale del giudice, non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente
motivata).

la pena base di anni uno di reclusione è stata “aumentata per la recidiva” ad anni uno e mesi
otto di reclusione, oltre ad essere poi aumentata di cinque mesi per ciascun reato in
continuazione, così pervenendo ad anni due e mesi sei di reclusione, su cui è stata applicata la
riduzione di un terzo per il rito abbreviato, rimanendo infine la pena determinata in anni uno e
mesi otto di reclusione, corrispondente proprio a quanto era stato chiesto nelle sue conclusioni
dal PM.
Ne consegue che la esclusione della specificità della recidiva affermata nella motivazione in
un passo antecedente al calcolo della pena non ha apportato alcuna effettiva incidenza della
dosimetria, onde il ricorso risulta privo di interesse e pertanto inammissibile

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del P.G.

Così deciso in Roma il 27 novembre 2013

Il Consigl ere Estensore

Il Pr sidente

Peraltro, non può non darsi atto che dalla motivazione della sentenza impugnata emerge che

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