Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5674 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5674 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

Data Udienza: 28/01/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Bracco Antonino, nato il 5.4.1948, avverso la
ordinanza del Tribunale della libertà di Caltanissetta del 2.8.2013. Sentita la
relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udite le
conclusioni del sostituto procuratore generale Antonio Gialanella
sull’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. Udito il difensore
dell’imputato, avv. Danilo Tipo, il quale ha chiesto accogliersi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Caltanissetta, decidendo
sull’appello nell’interesse di Bracco Antonino avverso l’ordinanza del
medesimo tribunale del 19.7.2013 – che aveva rigettato l’istanza di revoca
della misura cautelare della custodia in carcere – ha rigettato l’impugnativa.
Nel ricorso, eccependo violazione di legge e vizio di motivazione, si critica che
il tribunale non abbia condiviso i motivi di appello. Questi erano fondati sul
fatto che l’odierno ricorrente – a cui è stata applicata la misura custodiale per
gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di associazione mafiosa ed
estorsione aggravata dal metodo mafioso – con sentenza in data 12.7.2013

1

4,

sempre dello stesso tribunale era stato condannato per il delitto associativo
per condotte fino all’anno 2001, ed assolto per le condotte successivamente
tenute. Cosicché il tribunale, nella sua pronuncia, avrebbe tenuto distinte due
diverse condotte associative: la prima fino all’anno 2001, la seconda per il
periodo successivo. L’intervenuta assoluzione per questa seconda condotta
avrebbe dovuto determinare la caducazione della misura ai sensi dell’art. 300
cod. proc. pen.; invece, circa la condanna, sarebbero evidentemente venute

più recenti. Tuttavia il tribunale, concentrando l’attenzione esclusivamente
sulla condanna, e trascurando l’assoluzione, affermando che la sopravvenuta
condanna esime da qualsiasi riconsiderazione degli elementi indiziari,
osservando a tal punto la mancata allegazione di nuovi elementi da parte
della difesa circa la riconsiderazione delle esigenze cautelari, ha rigettato
l’appello, anche in considerazione della indisponibilità della motivazione della
sentenza assolutoria (non ancora depositata in cancelleria). Si lamenta
pertanto la mancata considerazione ai fini della attualità delle esigenze
cautelari della sentenza assolutoria, che costituirebbe il fatto nuovo necessario
alla deliberazione, e di cui il tribunale avrebbe erroneamente affermato
l’inesistenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,
l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione
degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo
spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze
cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti
rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta
l’applicazione della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame. Il
controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo
esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia
rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui
presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione
delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto
al fine giustificativo del provvedimento. (cfr. Cass. Sez. 6^ sent. n. 2146 del
25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840 e, tra le più recenti, Cass. Sez. III,
28.2.2012, n. 12763).

meno le esigenze cautelari sempre a seguito della assoluzione per le condotte

Il tribunale del riesame, nel provvedimento impugnato, ha premesso che
l’odierno ricorrente è stato condannato in primo grado per il delitto di
associazione di stampo mafioso per condotte tenute per un lungo arco di
tempo – ossia dal 1994 al 2001 – alla rilevante pena di anni 7 di reclusione.
Quanto al permanere delle esigenze cautelari di massimo rigore al momento
attuale vi è inoltre motivazione compiuta e logicamente svolta a p. 5-6 del
provvedimento impugnato dove il tribunale argomenta la sussistenza della

intervenuta condanna, e l’assenza di elementi sopravvenuti idonei alla
riconsiderazione del quadro probatorio nei termini del superamento della
presunzione in oggetto, escludendo che gli stessi possano essere integrati
dalla pronuncia assolutoria per fatti successivi e rispetto alla quale non è
disponibile la motivazione. Ciò in quanto non emerge nessun elemento in
positivo da cui poter desumere che l’imputato – pur assolto dalla imputazione
di concorso in associazione mafiosa per i fatti successivi al 2001 – abbia reciso
i suoi legami con l’associazione in parola, che non possa una volta rimesso in
libertà assumere nuovamente il ruolo ricoperto in passato in seno alla stessa;
né, tantomeno, che detta associazione si sia sciolta.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Si provveda ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter disp. att. cod. proc.
pen.

Roma, li 28.1.2013
Il Consigliere estensore
Fabrizio Di Marzio

tg,42/1″1-J

Il Presidente
ranco Fi7danese

presunzione legale di pericolosità connessa al tipo di delitto per cui è

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