Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5670 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5670 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

Data Udienza: 28/01/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Minasi Vincenzo, nato il 1.10.1956 avverso la
ordinanza del Tribunale della libertà di Reggio Calabria, del 26.8.2013.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udite
le conclusioni del sostituto procuratore generale Antonio Gialanella
sull’annullamento della ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale della
libertà di Reggio Calabria per nuovo esame.

RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la sezione del riesame del Tribunale di Reggio
Calabria, decidendo sull’appello proposto nell’interesse di Minasi Vincenzo
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Palmi in data 30.5.2013 – che
aveva rigettato la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare
della custodia in carcere, rigettava l’impugnativa.
Contro detta pronunzia ricorre l’indagato contestando violazione di legge,
illogicità e insufficienza della motivazione con riguardo alla ritenuta
sussistenza delle esigenze cautelari, osservando come la condotta delittuosa
contestata all’indagato risulta, dallo stesso capo d’imputazione, decorrente dal

1

giugno 2007 al luglio 2011: cosicché in oggi la stessa deve ritenersi cessata
da tempo; osservando come sarebbero venute meno le condizioni materiali
perché l’indagato possa ulteriormente porre in essere le condotte delittuose
contestategli a titolo di concorso esterno in una associazione di stampo
mafioso o per aver assunto dalla stessa il ruolo di consigliere del capoclan,
non svolgendo più l’indagato, avvocato, nessuna funzione di consulenza o di
assistenza a tale soggetto, diversamente da quanto avvenuto in passato;

collaborativo tenuto dall’indagato con l’ufficio di procura (avendo egli
riconosciuto gli addebiti e reso dichiarazioni anche eteroaccusatorie)
osservando come non sia stato preso in considerazione lo stato di salute
dell’indagato, ostativo alla reiterazione delle condotte criminose; criticando
come il tribunale non abbia adeguatamente valorizzato il ruolo effettivamente
svolto dall’indagato nella compagine criminale, di concorrente non interno
bensì esterno la stessa: con la conseguenza che qualsiasi giudizio circa la
attualità del legame criminale avrebbe dovuto essere condotto con attenzione
alla peculiarità del caso evitando di unificare e confondere la posizione
dell’indagato con quella dei concorrenti interni.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
È anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte
dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla
libertà personale. Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio
condivide, l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere
di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi
compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle
caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle
esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di
apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui
è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del tribunale del
riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto
all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso
sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la
cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione
delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto
al fine giustificativo del provvedimento. (cfr. Cass. Sez. 6^ sent. n. 2146 del

osservando come il tribunale non abbia valorizzato l’atteggiamento altamente

25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840 e, tra le più recenti, Cass. Sez. III,
28.2.2012, n. 12763).
Inoltre il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame
dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un
lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che
collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza
dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo,

fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e
la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la
motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In
particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame
in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere
sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti “prima facie” dal testo
del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della
sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto. (Cass.
Sez. 1^ sent. n. 1700 del 20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).
Non possono essere dedotte come motivo di ricorso per cassazione avverso
provvedimento adottato dal tribunale del riesame pretese manchevolezze o
illogicità motivazionali di detto provvedimento, rispetto a elementi o
argomentazioni difensive in fatto di cui non risulti in alcun modo dimostrata
l’avvenuta rappresentazione al suddetto tribunale, come si verifica quando
essa non sia deducibile dal testo dell’impugnata ordinanza e non ve ne sia
neppure alcuna traccia documentale quale, ad esempio, quella costituita da
eventuali motivi scritti a sostegno della richiesta di riesame, ovvero da
memorie scritte, ovvero ancora dalla verbalizzazione, quanto meno
nell’essenziale, delle ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate
nell’udienza tenutasi a norma dell’art. 309, comma ottavo, cod. proc. pen. (v.
Cass. Sez. 1 sent. n. 1786 del 5.12.2003 dep. 21.1.2004 rv 227110).
Tanto precisato, sul caso di specie deve rilevarsi quanto segue.
Nel provvedimento impugnato il tribunale argomenta impeccabilmente, da
pagina 6 a pagina 9, le ragioni sulla sussistenza delle esigenze cautelari di
massimo rigore nel caso di specie. Precisa in particolare come nell’atto di
appello si criticava la sussistenza delle esigenze cautelari volte a scongiurare il
pericolo di reiterazione del reato, e tuttavia le ragioni custodiali erano state
argomentate dal Tribunale di Palmi anche con riguardo al pericolo
dell’inquinamento probatorio, sul quale nulla si argomentava nell’atto di

stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del

impugnazione. Inoltre, il tribunale, quanto al pericolo di reiterazione del reato,
richiama la sentenza del Tribunale di Milano di condanna dell’odierno indagato
sempre per concorso esterno in associazione mafiosa, deducendone
logicamente una particolare inclinazione a delinquere dell’indagato proprio con
riguardo ai delitti per cui si procede. Puntualizza poi il tribunale come non
siano decisivi gli argomenti reiterati anche in questa sede a sostegno di un
superamento del pericolo di reiterazione del reato (non potendosi escludere

l’indagato reso dichiarazioni eteroaccusatorie verso appartenenti ad un clan
così come dal fatto che egli non ricopre più la formale posizione di avvocato di
membri del clan medesimo).
A fronte di tale esaustiva motivazione nel ricorso si espone esclusivamente
una opinione contraria in fatto, senza minimamente evidenziare lacune
logiche nella motivazione o eventuali errori di diritto commessi dal tribunale.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende. Si provveda a norma dell’art. 94, comma 1 ter disp. att. cod. proc.
pen.

Roma, li 28.1.2013
Il Consigliere estensore
Fabrizio Di Marzio
Il Presidente
ranco F,;afdanese
4a).1JAAIJ.

una ulteriore attività di agevolazione di consorterie criminali dall’avere

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