Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5646 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5646 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PINO PASQUALE n. il 6.4.1950
avverso la SENTENZA della CORTE di APPELLO di LECCE
del 29.4.2013
udita la relazione del consigliere dr. ANTONIO PRESTIPINO
sentito il Procuratore Generale, in persona del dr. Antonio Gialanella, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 28/01/2014

In fatto e in diritto
Ha proposto ricorso Pino Pasquale, per mezzo del proprio difensore, avverso la
sentenza della Corte di Appello di Lecce del 29.4.2013, che confermò la sentenza di
condanna pronunciata nei suoi confronti dal locale tribunale il 20.11.2008 per il reato di
appropriazione indebita in danno di Scarascia Antonio.
Secondo l’accusa, il ricorrente, avendo ricevuto dalla persona offesa un assegno
circolare di euro 547,00, quale contributo per il pagamento del canone di locazione di
un appartamento occupato dalle rispettive figlie delle parti, aveva incassato la somma
per sé provocando lo sfratto per morosità delle inquiline e non restituendo più l’importo
nonostante le numerose sollecitazioni in tale senso dello Scarascia.
La difesa deduce, con il primo motivo., il vizio di violazione di legge della sentenza
impugnata in relazione all’affermazione della rilevanza penale del fatto, che andrebbe
semmai ricondotto ad una contesa di natura esclusivamente civilistica. Peraltro, lo
Scarascia non era parte del contratto di locazione, che era stato stipulato soltanto dal
ricorrente, l’unico attivatosi nella ricerca dell’immobile e l’unico ad avere intrattenuto
rapporti con il locatore.
La Corte territoriale avrebbe inoltre trascurato che non potrebbe ravvisarsi nel caso di
specie alcuna interversione nel possesso delle somme in contestazione, che il ricorrente
avrebbe avuto tutto il diritto di ricevere, quale corrispettivo di 1/3 di due mensilità di
canone.
Considerato in diritto
Il ricorso è manifestamente infondato.
A nulla rileva che lo Scarascia non fosse parte del contratto di locazione, solo il
ricorrente essendo l’unico obbligato nei confronti del locatore, né che il ricorrente
avesse il diritto di ricevere, iure proprio, dallo Scarascia, in base al loro rapporto
“interno” (che comportava, in sostanza l’accollo da parte della persona offesa, di una
quota del canone di locazione), il contributo pattuito per il pagamento del canone. Resta
infatti che la persona offesa inviò al ricorrente la somma di euro 547 dovuta a titolo di
concorso nel pagamento del canone per l’unico periodo locatizio in contestazione, e che
la somma aveva un preciso vincolo di destinazione, che è pacifico che il ricorrente non
abbia rispettato, provocando anzi lo scioglimento del contratto di locazione per morosità
(Nel senso che il reato di appropriazione indebita può sussistere oltre che nel caso in cui
l’agente ometta deliberatamente di restituire la cosa, anche quando egli dia alla cosa
una destinazione incompatibile con il titolo e con le ragioni del suo possesso(fr. Cass.
Sez. 2, Sentenza n.7409 de111/02/1983, Rapollo)
Del tutto incomprensibile è quindi l’allegazione della difesa circa il diritto del ricorrente
a non si sa quale compensazione, considerando che i rapporti tra le parti sono
circoscritti alla questione del contributo di euro 547 effettivamente versato dalla
persona offesa e trattenuto per sé dal ricorrente nonostante il suo obbligo di destinare
la somma al pagamento del canone.
Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va dichiarato inammissibile, con la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1000 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso
ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000 alla Cassa delle Ammende.
Così deci in Roma, nella camera di consiglio, il 28.1.2014

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