Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5644 del 15/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5644 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
ESPOSITO Enzo, nato ad Acerra (NA) il 27.4.1949;
avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli in data 19.2.2013;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Maria Giuseppina
Fodaroni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. Domenico Castaldo, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 3.12.2003, il G.U.P. del Tribunale di Napoli, in esito
a giudizio abbreviato, dichiarò Esposito Enzo responsabile dei reati di cui
agli artt. 74 e 73 D.P.R. n. 309/1990 e, unificati gli stessi sotto il vincolo
della continuazione, lo condannò alla pena di anni 12 di reclusione.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame, ma la Corte di
Appello di Napoli, con sentenza del 12.2.2005, confermò la condanna di
primo grado.

Data Udienza: 15/01/2014

A seguito di ricorso per cassazione proposto dall’imputato, questa
Corte, con sentenza del 30.1.2007, annullò la sentenza di appello,
dichiarando inutilizzabile il contenuto delle intercettazioni ambientali che
era stato posto a base della sentenza impugnata, e rinviò ad altra sezione
della Corte di Appello di Napoli per un nuovo giudizio nei confronti
dell’Esposito.

19.2.2013, pronunciò assoluzione nei confronti dell’imputato – ai sensi
del secondo comma dell’art. 530 cod. proc. pen. – in ordine al delitto
associativo di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/1990, confermò nel resto la
sentenza di primo grado e rideterminò la pena per il residuo reato di cui
all’art. 73 D.P.R. cit. in quella di anni 4 di reclusione C 18.000,00 di
multa.
Ricorre per cassazione il difensore dell’Esposito, deducendo la
violazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. e il difetto di
motivazione della sentenza impugnata; deduce, in particolare, la falsità
delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Villone e la mancanza di
riscontri ne confermino l’attendibilità; rileva come le conversazioni
intercettate richiamate dalla Corte territoriale non vedano come
interlocutore l’Esposito, cosicché esse – a dire del ricorrente – non
potrebbero costituire riscontro alle dichiarazioni del collaboratore di
giustizia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Col ricorso si lamenta la violazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc.
pen. e il difetto di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla
sussistenza delle prove di colpevolezza a carico dell’imputato; ma appare
evidente come il ricorrente sottoponga alla Corte censure di merito,
inammissibili in sede di legittimità.
Il ricorrente, infatti, critica – sotto mentite spoglie – la valutazione
delle prove da parte dei giudici di merito e le conclusioni cui essi sono
pervenuti in ordine alla colpevolezza dell’imputato, sotto il profilo della
sussistenza dei riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia,
richiesti dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen.
Va ricordato, tuttavia, che la valutazione delle prove è riservata, in

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La Corte di Appello di Napoli, quale giudice di rinvio, con sentenza del

via esclusiva, all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito e non
è sindacabile in cassazione; a meno che ricorra una mancanza o una
manifesta illogicità della motivazione, ciò che – nel caso di specie – deve
però escludersi.
E invero come hanno statuito più volte le Sezioni Unite di questa
Corte «L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione

cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti
della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza
delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per
sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni
processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve
essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu ocu/i”,
dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e
considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le
ragioni del convincimento» (Cass., sez. un., n. 24 del 24.11.1999 Rv
214794; Sez. un., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno chiarito, con dovizia di
argomenti, le ragioni della loro decisione (richiamando, a riscontro delle
dichiarazioni del collaboratore di giustizia, le diverse conversazioni
intercettate – attestanti la partecipazione dell’imputato al traffico illecito
di sostanza stupefacenti – e i risultati degli appostamento della P.G.
relativi agli incontri dell’Esposito con i correi); non si ritiene, peraltro per ovvi motivi – di riportare qui integralmente tutte le suddette
argomentazioni, sembrando sufficiente al Collegio far rilevare che le
stesse non sono manifestamente illogiche; e che, anzi, l’estensore della
sentenza ha esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che
giustificano la decisione adottata, la quale perciò resiste alle censure del
ricorrente sul punto.
Piuttosto, sono le censure mosse col ricorso che non prendono

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ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di

compiutamente in esame le argomentazioni svolte dai giudici di merito
nel provvedimento impugnato, risultando così generiche e, anche sotto
tale profilo, inammissibili, limitandosi a proporre a questa Corte una
ricostruzione dei fatti alternativa rispetto a quella dei giudici di merito.
E tuttavia, come questa Corte ha più volte sottolineato, compito della
Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la

procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a
quella compiuta dai giudici del merito (cfr. Cass, sez. 1, n. 7113 del
06/06/1997 Rv. 208241; Sez. 2, n. 3438 del 11/6/1998 Rv 210938),
dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare che se
costoro hanno dato conto delle ragioni della loro decisione e se il
ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del
provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole
e del plausibile; ciò che, come dianzi detto, nel caso di specie è dato
riscontrare.
Manifestamente privo di fondamento giuridico è, peraltro, il rilievo del
ricorrente secondo cui le conversazioni intercettate, in quanto poste in
essere dai correi dell’Esposito e non dall’Esposito stesso, non potrebbero
costituire riscontro alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia.
E invero, questa Corte suprema ha più volte statuito nel senso che il
contenuto di un’intercettazione può ben costituire prova a carico di una
terza persona indicata come concorrente in un reato alla cui
consumazione anche uno degli interlocutori dichiari di aver partecipato; il
contenuto di una tale intercettazione non è equiparabile alla chiamata in
correità e, pertanto, deve essere valutato, non secondo i canoni di cui
all’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen., ma secondo l’ordinario canone
del prudente apprezzamento del giudice (Cass., sez. 4, 04/12/2012 n.
31260, Rv. 256739; Sez. 4, 28/09/2006 n. 35860 Rv. 235020; Sez. 5,
26/03/2010 n. 21878 Rv. 247447).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ogni altra censura o doglianza proposta col ricorso rimane assorbita.

ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve
essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi

P. Q. M.

La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente Esposito Enzo al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, addì 15.1.2014.

dedotti.

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