Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5643 del 15/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5643 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
ANTONIAZZI Marco, nato a Rovereto il 5.6.1956;
avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia del 5.3.2012;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Maria Giuseppina
Fodaroni, che ha concluso per il rigetto della istanza di astensione
avanzata dal difensore e per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 4.3.2011, il Tribunale di Brescia dichiarò Antoniazzi
Marco responsabile del reato di appropriazione indebita aggravata di
alcuni assegni bancari consegnatigli da Ieraci Maria (in occasione della
stipulazione di un contratto preliminare, col quale quest’ultima si era
obbligata a stipulare con la società “Gemark s.r.l.”, di cui l’Antoniazzi era
legale rappresentante, un futuro contratto di affiliazione in conseguenza
del quale avrebbe dovuto aprire una agenzia di viaggi in franchising) e

Data Udienza: 15/01/2014

concesse le attenuanti generiche – lo condannò alla pena di mesi sei di
reclusione ed C 200,00 di multa.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame e la Corte di
Appello di Brescia, con sentenza del 5.3.2012, assolse l’Antoniazzi dal
reato di appropriazione indebita limitatamente alla somma di C
13.200,00, ma confermò per il resto la decisione di primo grado,

Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo:
1) la violazione dell’art. 646 cod. pen., sia con riferimento alla
ritenuta sussistenza dell’elemento oggettivo del reato (considerato da un
lato la nullità – per contrarietà a norma imperativa – del patto di
postdatazione degli assegni e, dall’altro, le circostanze che tre degli
assegni consegnati dalla Iraci non erano mai stati posti all’incasso,
mentre per il quarto era comunque scaduta la data indicata nel titolo);
sia con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo, considerato
che l’imputato non aveva avuto alcuna intenzione di invertire il titolo del
possesso, essendo il medesimo certo di avere diritto ad incassare i titoli
ricevuti in garanzia, stante l’inadempimento della Iraci alla stipula del
contratto definitivo e la mancata richiesta di restituzione degli assegni da
parte della stessa;
2)

la violazione dell’art. 646 cod. pen. ancora con riferimento

all’elemento soggettivo del reato, per non avere i giudici di merito
considerato che mancava, nell’imputato, la consapevolezza della
ingiustizia del profitto (componente necessaria del dolo specifico),
operando l’agente nella sicura convinzione che la “Germak” vantasse un
credito nei confronti della Iraci e avesse, pertanto, diritto all’incasso delle
somme indicate sui titoli lasciati in garanzia della stipulazione del
contratto definitivo;
3) la violazione dell’art. 47 cod. pen., per non aver tenuto conto la
Corte territoriale che, anche a ritenere sussistenti gli elementi materiali
della appropriazione indebita, in ogni caso l’imputato era caduto in errore
di fatto, ossia nella erronea convinzione del diritto ad incassare gli
assegni;

2

riducendo la pena a mesi quattro di reclusione e C 140,00 di multa.

4) la violazione dell’art. 646 cod. pen., per avere la Corte di merito
accertato che il delitto di appropriazione indebita era avvenuto il
11.10.206, e non invece il 30.8.2006, data nella quale l’assegno è stato
posto all’incasso.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente, la Corte rigetta l’istanza di rinvio del processo

astensione dalle udienze indetta dall’associazione di categoria “Unione
camere penali”, in quanto la detta adesione non è consentita dall’art. 4
del Codice di autoregolamentazione – approvato con deliberazione del 13
dicembre 2007 (pubblicata nella G.U. n. 3 del 4 gennaio 2008) della
Commissione di Garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei
servizi pubblici essenziali – afferendo ad un processo concernente un
reato per il quale prescrizione verrà a maturazione entro 90 giorni
(precisamente 1’11.4.2014).
2. Nel merito il ricorso è fondato e va accolto.
Va premesso che i giudici di merito hanno escluso la sussistenza del
delitto di appropriazione indebita ascritto all’Antoniazzi con riferimento ai
due importi versati dalla Ieraci a titolo di caparra: la somma di € 2.400 e
l’assegno per € 2.600; hanno, invece, ritenuto sussistente il delitto
contestato con riferimento ai quattro assegni bancari consegnati dalla
Ieraci alla “Germak s.r.l.” a garanzia delle obbligazioni assunte.
Tre di tali assegni non sono mai stati posti all’incasso dalla “Germak”,
la quale, quando venne meno l’accordo tra le parti per la stipula del
contratto definitivo, ha continuato a detenerli in attesa della definizione
del dare e dell’avere tra le parti.
A questo proposito, va ricordato che questa Corte suprema ha più
volte affermato che non integra il delitto di appropriazione indebita la
condotta del creditore che, a fronte dell’inadempimento del debitore,
eserciti a fini di garanzia del credito il diritto di ritenzione sulla cosa di
proprietà di quest’ultimo legittimamente detenuta in ragione del rapporto
obbligatorio, a meno che egli non compia sul bene atti di disposizione che
rivelino l’intenzione di convertire il possesso in proprietà (Cass., Sez. 2,
23/03/2011 n. 17295 Rv. 250100; Sez. 2, 25/01/2002 n. 10774 Rv.

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avanzata dal difensore di fiducia dell’imputato per l’adesione alla

221522).
Dunque, con riferimento ai tre assegni semplicemente detenuti
dall’imputato, quale legale rappresentante della “Germak”, e mai posti
all’incasso, i fatti così come accertati dai giudici di merito non risultano
sussumibili nella fattispecie criminosa del delitto di cui all’art. 646 cod.
pen.

riferimento all’unico assegno posto all’incasso dall’imputato, senza
peraltro che la somma portata dal titolo sia stata riscossa (ciò in quanto
la Iraci, nel frattempo, aveva ritirato la provvista).
In proposito, va osservato che tale titolo – come gli altri tre di cui
sopra – furono consegnati dalla Ieraci all’Antoniazzi con data futura, a
garanzia delle obbligazioni assunte.
Va ricordato che l’art. 31 del R.D. 21-12-1939, n. 1736 – recante
disposizioni sull’assegno – riguarda il normale regime di circolazione
dell’assegno bancario come titolo di credito, cui inerisce la regola ivi
prevista del pagamento a vista e dell’invalidità di ogni difforme
disposizione riportata per iscritto sul titolo stesso. Pertanto, la postdatazione non induce di per sé la nullità dell’assegno bancario, ma
comporta soltanto la nullità del relativo patto per contrarietà a norme
imperative poste a tutela della buona fede e della regolare circolazione
dei titoli di credito, consentendo al creditore di esigere immediatamente il
suo pagamento (Cass. Civ., Sez. 3, 03/03/2010 n. 5069 Rv. 611866;
Cass. Civ., Sez. 2, 25/05/2001 n. 7135 Rv. 546998).
Tuttavia, questa Corte suprema ha avuto modo di riconoscere che la
disciplina sull’assegno e, segnatamente, la regola contenuta nell’art. 31
non escludono che le parti di un rapporto giuridico, nella loro autonomia
negoziale, possano utilizzare l’assegno bancario, anziché nella sua
funzione tipica di titolo di credito destinato a circolare secondo le
modalità cogenti di detta disciplina, come mero strumento di garanzia per
l’adempimento delle obbligazioni pattuite, prevedendo – in caso di
inadempienze – un apposito patto di riempimento a favore del creditore.
che potrà, quindi, da quel momento, considerarsi legittimo possessore e
porre in circolazione il titolo, ovvero conferendo a questo valore

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Rimane da verificare la sussistenza del delitto contestato con

sostanziale di promessa di pagamento utilizzabile, in detta evenienza, nei
modi consentiti dalla legge come prova del credito (art. 1988 cod. civ.).
Conseguentemente, integra il delitto di cui all’art. 646 cod. pen. la
condotta del prenditore che ponga all’incasso un assegno bancario,
appropriandosi della somma riscossa in violazione del patto di garanzia
concluso con l’emittente (Cass., Sez. 2, 29/02/2000 n. 1151 Rv. 216303;

Orbene, ciò posto, ritiene la Corte che la ricostruzione del fatto
compiuta dai giudici di merito non consenta di sussumere la fattispecie
concreta nella figura delittuosa contestata neppure per l’unico titolo posto
all’incasso dall’imputato; e ciò per mancanza dell’elemento psicologico del
reato, che – nel delitto di appropriazione indebita – consiste nella
coscienza e volontà di appropriarsi del denaro o della cosa mobile altrui,
posseduta a qualsiasi titolo, sapendo di agire senza averne diritto, ed allo
scopo di trarre per sé o per altri una qualsiasi illegittima utilità (da
ultimo, Cass., Sez. 2, 27/03/2012 n. 27023 Rv. 253411).
Nel caso di specie, è stato accertato:
1) che gli assegni erano stati consegnati dalla Ieraci a garanzia delle
obbligazioni assunte;
2) che la Ieraci non stipulò il contratto definitivo che si era obbligata
a stipulare;
3) che la stessa la Ieraci non chiese all’imputato la restituzione degli
assegni, provvedendo invece – quando venne meno l’accordo tra le parti
per la stipula del contratto definitivo – a ritirare la provvista presso
l’istituto bancario trattario;
4) che l’Antoniazzi, non potendo riscuotere gli importi portati dai
titoli, presentò al Tribunale civile ricorso per decreto ingiuntivo, onde
ottenere titolo esecutivo nei confronti della Ieraci in relazione alle somme
indicate nei titoli rilasciatigli a garanzia.
Tutti questi elementi fattuali (e, tra essi, soprattutto l’ultima
circostanza relativa alla richiesta di decreto ingiuntivo inoltrata al
Tribunale civile) convergono nell’attestare l’assenza, nell’imputato, della
coscienza e volontà di appropriarsi del denaro altrui sapendo di agire
senza averne diritto ed allo scopo di trarne una illegittima utilità e,

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Sez. 6, 10/10/2006 n. 757 Rv. 235597).

semmai, la convinzione della sussistenza (a seguito della mancata
stipulazione del contratto da parte della Ieraci) del diritto all’incasso delle
somme portate dai titoli consegnati a garanzia.
La mancanza dell’elemento soggettivo del reato contestato comporta
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Le altre censure rimangono assorbite.

della Ieraci, determinare – sulla base degli accordi contrattuali sottoscritti
dalle parti – il titolo per il quale furono consegnati gli assegni de quibus e,
infine, accertare la sussistenza del diritto della “Germak” di pretendere i
relativi importi.

P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce
reato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, addì 15.1.2014.

Spetterà al giudice civile stabilire se vi fu inadempimento contrattuale

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