Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5636 del 21/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5636 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 21/11/2012

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) DI IENNO ORLANDO N. IL 30/07/1980
avverso la sentenza n. 164/2012 TRIBUNALE di VASTO, del
30/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

0/Pit

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Di Ienno Orlando avverso la sentenza
emessa in data 30.3.2012 dal Giudice monocratico del Tribunale di Vasto, ai sensi
dell’art. 444 c.p.p., che applicava al predetto la pena concordata di anni due di
reclusione ed C 200,00 di multa per il reato di cui algli artt. 624 bis e 625 n. 2 c.p..
Deduce la violazione di legge in ordine alla mancata qualificazione del reato come
tentato ed il vizio motivazionale in ordine alla mancata esclusione dell’aggravante di

Il ricorso è inammissibile essendo basato su censure non consentite in questa sede
di legittimità.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen. S.U.
27.9.1995, n. 10372, Rv. 202270), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della
medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la
sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto,
l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità
della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la efficacia
della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere
pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena,
rimettere in discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non
può, in particolare, proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al
merito nè recriminare sulla qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle
circostanze o la congruità della pena a meno che si tratti di statuizioni palesemente
illegittime: evenienza questa che, nel caso di specie, è senz’altro da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
Inammissibilità.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuall e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 21.11.2012

cui all’art. 625 n. 2 c.p..

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