Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5633 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5633 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) TORTI ALDO, N. IL 8/9/1961,
avverso la ordinanza n. 2008/2013 pronunciata dal Tribunale di Roma del
18/7/2012;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Oscar Cedrangolo, che ha concluso per la
declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, avv. Andrea Gatto, che ha
chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Roma, sezione riesame,
ha rigettato l’istanza di riesame dell’ordinanza con la quale è stata disposta la
custodia cautelare in carcere nei confronti di Torti Aldo per il reato di cui all’art.
624b1s cod. pen. per essere stato raggiunto da gravi indizi di reità quale autore
del furto con strappo di una catenina d’oro indossata da Pontini Rita,
commettendo il fatto approfittando di circostanze tali da ostacolare la privata
difesa.
Ad avviso del Tribunale i gravi indizi di reità emergono dalle dichiarazioni
della persona offesa, dal verbale di individuazione fotografica eseguita dalla
medesima, dalle dichiarazioni rese dal responsabile della comunità ‘La Tenda’ e

Data Udienza: 13/11/2013

da quelle della dr.ssa Murri, sanitario in servizio presso il Policlinico Gemelli di
Roma.
La Pontini aveva descritto il soggetto che alla guida di un motociclo Honda
125 le aveva chiesto indicazioni stradali e che portava con sé il passeggero che
nel frangente le aveva strappato la catenina dal collo; la persona offesa aveva
indicato il guidatore come un uomo di circa quarantanni, di corporatura media, di
carnagione chiara, con un casco che gli lasciava scoperto il viso. La Pontini aveva
poi eseguito una individuazione fotografica il 2.6.2013 all’esito della quale aveva
affermato di riconoscere con certezza nel Torti il menzionato conducente. Inoltre,
dai ricordati dichiaranti era emerso che il Torti, che il giorno del reato non era
presso la Comunità La Tenda, alla frequentazione della quale era stato
autorizzato in quanto in regime di affidamento in prova terapeutico
semiresidenziale, non era neppure presso il Policlinico Gemelli.
Il Collegio ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari soprattutto in ragione
del fatto che il reato era stato commesso mentre il Torti si trovava in regime di
arresti domiciliari e di espiazione di pena alternativa ed è persona dal nutrito
curriculum delinquenziale. Le condizioni di salute, non risultanti incompatibili con
il carcere, sono state rimesse alla valutazione del giudice procedente.

2. Avverso tale decisione ricorre personalmente il Torti.
2.1. Con un primo motivo deduce violazione dell’art. 127 cod. proc. pen. per
essergli stato dato avviso dell’udienza dinanzi al Tribunale per il riesame senza il
rispetto del termine di dieci giorni.
Svolge quindi osservazioni in ordine alla sussistenza dei gravi indizi
richiamando: il fatto che non gli è stata contestato il reato di evasione, pur
avendo in ipotesi commesso il fatto mentre era agli arresti domiciliari; egli fu
sottoposto a ricognizione personale già il 30.5.2013 con esito negativo; egli non
ha le caratteristiche fisiche indicate dalla denunciate come proprie dell’autore del
fatto; è improbabile che la Pontini abbia potuto riconoscere con precisione
modello e marca del motociclo utilizzato; il fatto che l’utenza del proprio telefono
agganciava la cella della zona del reato si spiega con il fatto che egli era a casa,
posta a duecento metri da tale luogo; egli è affetto da Morbo di Pott, per il quale
non è in grado di deambulare in autonomia e per il quale aveva visita di controllo
il 30.5.2013 presso il Gemelli; tale circostanza non è emersa perché la dr.ssa
Mutti è un’infettivologa, mentre la visita avrebbe dovuto – esser fatta da un
ortopedico; non sussiste pericolo di fuga e di recidiva perché egli è detenuto
anche per altro titolo; l’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa ai sensi
dell’art. 391 cod. proc. pen. ancorchè non sia stato convalidato l’arresto.

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2.2. Il 19.9.2013 è pervenuta ‘Memoria difensiva’ a firma del Torti con la
quale si ribadiscono alcuni dei rilievi già formulati e lamenta che questa Corte
avrebbe dovuto decidere entro venti giorni dalla ricezione degli atti, eccependo
quindi l’esistenza di nullità.
2.3. Il 9.10.2013 è pervenuta ulteriore memoria difensiva a firma del
ricorrente, con la quale si reiterano i rilievi sopra descritti ed inoltre si afferma
che: la ricognizione è stata eseguita in modo ‘discutibile’ perché i soggetti
comparsi avrebbero dovuto indossare il casco; il reato per il quale è sottoposto a

flagranza di reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato, per i motivi di seguito precisati.
3.1. Quanto alla doglianza di natura processuale, va rilevato che ai sensi
dell’art. 309, comma 8 cod. proc. pen. il termine minimo per l’avviso alle parti e
al difensore dell’imputato è di tre giorni (e non di dieci giorni, come
erroneamente asserito dal ricorrente). L’inosservanza del termine dilatorio di tre
giorni previsto per la notifica all’indagato dell’avviso di fissazione dell’udienza nel
procedimento di riesame integra una nullità di ordine generale a regime
intermedio, come tale soggetta alle preclusioni e alle sanatorie previste per tale
tipo di nullità (Sez. 6, Sentenza n. 38698 del 12/10/2011, Imperato, Rv.
251059).
In punto di fatto, secondo quanto emerge dal relativo verbale, risulta che
all’udienza del 18.7.2013 dinanzi al Tribunale per il riesame il Torti era presente
ed assistito dal difensore, il quale non sollevò alcuna eccezione. Pertanto deve
concludersi che non si è verificata alcuna violazione dell’art. 309, comma 8 cod.
proc. pen. e che una eventuale inosservanza del termine per l’avviso risulterebbe
superata dal comportamento acquiescente serbato dal ricorrente e dal difensore
dinanzi al Tribunale per il riesame.
3.2. Salvo quanto si osserverà al successivo punto 3.3., le ulteriori censure
si concretano in rilievi puramente in fatto, ovvero tendenti a veder sostituita la
valutazione delle prove operata dal Collegio distrettuale con quella del giudice di
legittimità.
Vale ricordare che compito di questa Corte non è quello di ripetere
l’esperienza conoscitiva del Giudice di merito, bensì quello di verificare se il
ricorrente sia riuscito a dimostrare, in questa sede di legittimità, l’incompiutezza
strutturale della motivazione della Corte di merito; incompiutezza che derivi dalla
presenza di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della
logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli appartenenti
alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra loro

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custodia cautelare non prevede la carcerazione preventiva se non nei casi di

ovvero dal non aver il decidente tenuto presente fatti decisivi, di rilievo
dirompente dell’equilibrio della decisione impugnata, oppure dall’aver assunto
dati inconciliabili con “atti del processo”, specificamente indicati dal ricorrente e
che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa tale che la
loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto, determinando al
suo interno radicali incompatibilità cosi da vanificare o da rendere
manifestamente incongrua la motivazione (Cass. Sez. 2, n. 13994 del
23/03/2006, P.M. in proc. Napoli, Rv. 233460; Cass. Sez. 1, n. 20370 del

05/05/2006, Capri ed altri, Rv. 233775; Cass. Sez. 6, n. 38698 del 26/09/2006,
imp. Moschetti ed altri, Rv. 234989).
Nel caso che occupa il ricorrente non opera alcuna critica alla intrinseca
logicità della motivazione resa dal Tribunale, limitandosi ad opporre una diversa
ricostruzione degli accadimenti.
3.4. Quanto al giudizio concernente il pericolo di fuga e di recidiva,
censurato perché il Torti trovavasi detenuto anche per altro titolo, la
giurisprudenza di questa Corte ha formulato il principio per il quale lo stato di
preesistente detenzione in espiazione di pena può essere considerato idoneo a
elidere la valutazione di pericolosità ex art. 274 cod. proc. pen. solo se sia da
escludere anche in astratto la possibilità che vengano applicate misure
alternative, onde evitare il rischio di determinare una reciproca inammissibile
interferenza tra le valutazioni del giudice della cognizione e quelle del magistrato
di sorveglianza (Sez. 4, Sentenza n. 45408 del 17/11/2010, Shehi, Rv. 249235).
Evenienza neppure evocata dal ricorrente.

4. Va poi rimarcato che convalida dell’arresto in flagranza di reato e
adozione di una misura cautelare rispondono a presupposti diversi, di talchè è
ben possibile che la seconda intervenga anche in assenza della prima (si pensi
alla non convalida per mancanza della flagranza del reato).
Di nessun pregio il rilievo secondo il quale la ricognizione di persona sarebbe
affetta da vizio perché i sottoposti a ricognizione avrebbero dovuto indossare il
casco. In via generale va ricordato come la previsione di cui all’art. 214 cod.
proc. pen., secondo la quale “il giudice procura la presenza di almeno due
persone il più possibile somiglianti, anche nell’abbigliamento, a quella sottoposta
a ricognizione” non sia accompagnata da alcuna sanzione per l’ipotesi di
inosservanza. In punto di fatto è sufficiente ricordare che la persona offesa
aveva affermato che l’uomo che l’aveva approcciata indossava un casco che gli
lasciava scoperto il viso. Ne consegue l’assoluta irrilevanza della presenza del
casco sulla persona da sottoporre a riconoscimento.

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20/04/2006, Simonetti ed altri, Rv. 233778; Cass. Sez. 2, n. 19584 del

Del tutto infondata è poi l’affermazione secondo la quale il reato per il quale
il Torti è stato sottoposto a custodia cautelare non prevede la carcerazione
preventiva se non nei casi di flagranza di reato. Il delitto previsto dall’art.
624bis cod. pen. è punito con pena nel massimo pari a sei anni di reclusione;
l’art. 280, co. 2 cod. proc. pen. dispone che la custodia cautelare in carcere può
essere disposta solo per delitti per i quali sia prevista la pena della reclusione
non inferiore nel massimo a quattro anni.

5. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Deve altresì essere disposto che copia del presente provvedimento sia
trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a
quanto stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. del c.p.p.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessq,a1
direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. del c.p.p.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13/11/2 13.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

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