Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5631 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5631 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PASSAFARO SALVATORE N. IL 02/06/1976
avverso l’ordinanza n. 12/2011 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 02/03/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
lette/septite le conclusioni del PG Dott. tok.~.Lr

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Data Udienza: 13/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Passafaro Salvatore, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stata accolta
la sua istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita dal 5.6.2008 al
16.12.2009 e gli è stata liquidata, a titolo di indennizzo, la somma di euro
145.143,72.
La Corte territoriale ha ravvisato la sussistenza dei presupposti del diritto alla

l’indennizzo tenendo conto del coefficiente giornaliero che si ottiene dividendo
l’importo massimo indennizzabile per i giorni di durata massima della custodia
cautelare, quale previsto dall’art. 303, co. 4 lett., c) cod. proc. pen., coefficiente
che ha moltiplicato per i giorni di custodia in carcere (556), alla quale ha
aggiunto una ulteriore somma, determinate equitativamente, a titolo di
indennizzo per i danni alla salute e alla attività lavorativa patiti dall’istante,
(rispettivamente euro 5.500,00 e 8.500,00).

2. Il ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata per vizio
motivazionale, avendo omesso la Corte di Appello di valutare il quantum
debeatur in riferimento al dedotto danno all’immagine; danno che, in
considerazione del risalto avuto dalla notizia dell’arresto del Passafaro, doveva
ritenersi per ciò solo provato.
Analogo vizio deduce in relazione al quantum debeatur con riferimento al dedotto
danno psicologico, morale ed economico. Il ricorrente contesta il metodo di
quantificazione dell’indennizzo utilizzato dalla Corte di Appello, che si è limitata
ad applicare il mero criterio equitativo senza tener conto della documentazione
fornita dall’istante tendente a dimostrare i danni patrimoniali e biologici subiti
dall’istante. Inoltre la Corte distrettuale non ha esplicitato i parametri utilizzati,
così quantificando in modo simbolico la somma dovuta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
3.1. Occorre in primo luogo rammentare che, in tema di ingiusta detenzione, il
controllo sulla congruità della somma liquidata a titolo di riparazione é sottratto
al giudice di legittimità, che può soltanto verificare se il giudice di merito abbia
logicamente motivato il suo convincimento e non sindacare la sufficienza o
insufficienza dell’indennità liquidata, a meno che, discostandosi sensibilmente dai
criteri usualmente seguiti, lo stesso giudice non abbia adottato criteri
manifestamente arbitrari o immotivati ovvero abbia liquidato in modo simbolico

2

riparazione di cui all’art. 314, 1° comma, cod. proc. pen. ed ha quantificato

la somma dovuta (Sez. 4, n. 10690 del 25/02/2010 – dep. 18/03/2010,
Cammarano, Rv. 246424).
Ciò posto, rilevato ancora che il dato di partenza della valutazione indennitaria è
costituito dal parametro aritmetico (individuato nella somma di euro 235, 82 per
ogni giorno di detenzione in carcere ed in quella di euro 120,00 per ogni giorno
di arresti domiciliari, in ragione della ritenuta minore afflittività della pena), va
anche aggiunto che tale parametro non è vincolante in assoluto ma, raccordando
il pregiudizio che scaturisce dalla libertà personale a dati certi, costituisce il

potrà derogarvi in senso ampliativo (purchè nei limiti del tetto massimo fissato
dalla legge) oppure restrittivo, a condizione però che, nell’uno o nell’altro caso,
fornisca congrua e logica motivazione della valutazione dei relativi parametri di
riferimento.
3.2. Orbene, limitando la ricognizione della decisione impugnata agli aspetti
esaltati dal ricorso, va rilevato come il giudice della riparazione, nella
determinazione della somma, abbia compiutamente e correttamente
argomentato.
A) Quanto al danno all’immagine, laddove ha fatto riferimento alle “ulteriori
rievocate ripercussioni di carattere generale”, che ha ritenuto “conseguenza
ordinariamente discendente da un’esperienza siffatta, rispetto alle quali
l’indennizzo previsto per legge è già di per sé fonte di ristoro”.
Non sussiste pertanto il vizio di omessa motivazione asserito dal ricorrente.
B) Quanto al danno biologico e ai danni patrimoniali, il motivo si appalesa
aspecifico, perché si limita a censurare la simbolicità della somma liquidata per
tali voci, senza indicare quali siano mai stati i concreti elementi la cui omessa
valutazione rende la motivazione della Corte distrettuale arbitraria o in contrasto
con i criteri usualmente seguiti. Va poi tenuto presente che la Corte catanzarese
ha più volte ricordato che la somma liquidata a titolo di riparazione rappresenta
un indennizzo e non un risarcimento del danno ed ha esplicitamente tenuto
conto della natura e della entità delle conseguenze psicologiche derivate
all’istante dalla vicenda cautelare subita, nonché la natura dell’attività lavorativa
svolta dal Passafaro e le ripercussioni derivate “in termini di assetto economico
dell’impresa”. A fronte di tali dati grava sul ricorrente l’onere di dare compiuta
dimostrazione di una assoluta inadeguatezza della somma liquidata a svolgere
la menzionata funzione indennitaria.

4. Segue al rigetto del ricorso, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

3

criterio base della valutazione del giudice della riparazione, il quale, comunque,

Rigetta

il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

‘Ispe se processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13.11.2113.

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