Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5622 del 21/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5622 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) FEBBRAIO SALVATORE N. IL 31/03/1985
avverso la sentenza n. 849/2012 GIP TRIBUNALE di RAVENNA, del
30/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Data Udienza: 21/11/2012

Ritenuto in fatto.
Con sentenza del 30 marzo 2012, il Gup del Tribunale di Ravenna, sull’accordo delle parti,
ha applicato a Febbraio Salvatore -imputato del delitto di cui agli artt. 110, 624, 625 nn. 4 e 5
cod. pen.-, con la diminuente del rito, la pena di due anni, quattro mesi di reclusione e 600,00
euro di multa.
Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione l’imputato, che deduce violazione di
legge in relazione all’art. 129 cod. proc. pen.; in generale, denuncia la totale assenza di
motivazione.

11 ricorso è manifestamente infondato.
In realtà, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, il giudice, nell’applicare la pena
concordata, ha preso e dato atto del fatto che dalle emergenze processuali (denuncia di furto
presentata da Zannini Massimiliano, verbale di arresto dei correi Baldi Nicola e De Gaetano
Giuseppe, riconoscimento fotografico dell’imputato da parte dello Zannini e di Fabretti
Roberta, presente ai fatti) si evidenziava l’assenza dei presupposti per l’applicazione della
norma oggi invocata.
Ti ricorrente, d’altra parte, non considera, nel formulare le sue censure, che al giudice,
nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non spettano particolari obblighi motivazionali o
di approfondimento dei fatti contestati, sostanzialmente ammessi dall’imputato, che ha
chiesto di patteggiare la pena, bensì solo di accertare, oltre che la corretta qualificazione dei
fatti e la congruità della pena concordata, l’eventuale presenza di cause di non punibilità che
impongano l’immediata relativa declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito al quale ha puntualmente atteso il giudice del merito.
Il ricorso deve essere dichiarato, dunque, inammissibile, con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa
delle ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2012.

Considerato in diritto.

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