Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5619 del 21/11/2012
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5619 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) THACEJ ARDIAN N. IL 17/10/1983
avverso la sentenza n. 1710/2012 TRIBUNALE di FIRENZE, del
23/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
Data Udienza: 21/11/2012
Ritenuto in fatto.
Con sentenza del 23 marzo 2012, il Tribunale di Firenze, in composizione monocratica,
sull’accordo delle parti, ha applicato a Thacej Ardian -imputato del delitto di cui agli artt.
110, 624 bis cod. pen.-, ritenuta la contestata recidiva, con la diminuente del rito, la pena di
un anno, otto mesi di reclusione e 1.000,00 euro di multa.
Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione l’imputato, che deduce violazione di
legge in relazione all’art. 129 cod. proc. pen. ed alla determinazione della pena applicata,
ritenuta errata.
Il ricorso è manifestamente infondato e generico.
In realtà, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, il giudice, nell’applicare la pena
concordata, ha preso e dato atto del fatto che dalle emergenze processuali (verbale di arresto
in flagranza) si evidenziava l’assenza dei presupposti per l’applicazione della norma oggi
invocata.
Il ricorrente, d’altra parte, non considera, nel formulare le sue censure, che al giudice,
nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non spettano particolari obblighi motivazionali o
di approfondimento dei fatti contestati, sostanzialmente ammessi dall’imputato, che ha
chiesto di patteggiare la pena, bensì solo di accertare, oltre che la corretta qualificazione dei
fatti e la congruità della pena concordata, l’eventuale presenza di cause di non punibilità che
impongano l’immediata relativa declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito al quale, nel caso di specie, ha regolarmente atteso il giudice del merito.
Per quanto più specificamente attiene al calcolo della pena, le censure si presentano anche
generiche, posto che nel ricorso si accenna ad “errori nel calcolo” della stessa, senza tuttavia
individuarne concretamente alcuno.
11 ricorso deve essere dichiarato, dunque, inammissibile, con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa
delle ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2012.
Considerato in diritto.