Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5617 del 21/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5617 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) RUSSO GAETANO N. IL 26/04/1982
2) RUSSO FRANCESCO N. IL 08/08/1983
3) COCO ROBERTO N. IL 14/09/1988
avverso la sentenza n. 497/2012 TRIBUNALE di MESSINA, del
19/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Data Udienza: 21/11/2012

Con sentenza del 19 marzo 2012, il Tribunale di Messina, in composizione monocratica,
sull’accordo delle parti, ha applicato a Russo Gaetano, Russo Francesco e Coco Roberto imputati del delitto di cui agli artt. 110, 56, 624, 625 n. 2, 61 n. 5 cod. pen.-, ritenuta la
recidiva contestata ai primi due, con la diminuente del rito, la pena, quanto ai due Russo, di
dieci mesi di reclusione e 600,00 euro di multa, quanto al Coco, di otto mesi di reclusione e
400,00 euro di multa; sospesa quest’ultima alle condizioni di legge.
Avverso tale sentenza, propongono ricorso per cassazione i tre imputati che, per il tramite
del comune difensore, deducono i vizi di violazione di legge e di motivazione della sentenza
impugnata, in relazione alla mancata verifica, da parte del giudice, della sussistenza delle
condizioni per l’applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen.; più in generale, si denuncia la
totale assenza di motivazione
Considerato in diritto.
I ricorsi sono manifestamente infondati, oltre che generici.
In realtà, contrariamente a quanto si sostiene dai ricorrenti, il giudice, nell’applicare le pene
concordate, ha preso e dato atto del fatto che dalle emergenze processuali si presentava
evidente l’assenza dei presupposti per l’applicazione della norma oggi invocata.
In particolare, è stato ricordato che gli odierni ricorrenti sono stati arrestati in flagranza di
reato, essendo stati visti da personale di PG mentre uscivano da un cortile di pertinenza della
ditta “Etna Allumini”. Lo stesso giudice ha rilevato che da un controllo dei luoghi era stato
accertato che erano state rimosse alcune fascette che bloccavano un pluviale di rame e che un
lamierino, inserito a protezione del pluviale, presentava dei tagli nella parte superiore e stava
per essere asportato. Sul posto, ha ancora sostenuto lo stesso giudice, sono stati rinvenuti
attrezzi idonei al taglio ed alla rimozione del manufatto, tra cui una tenaglia che Russo
Francesco aveva riconosciuto come propria. Circostanze che legittimamente sono state
ritenute significative in termini d’accusa.
I ricorrenti, d’altra parte, non contestano né la veridicità delle circostanze richiamate nella
sentenza impugnata nè il significato ad esse attribuito dal giudice del merito, ma si limitano
ad una generica censura della decisione, attraverso il richiamo all’art. 129 cod. proc. pen.,
senza considerare che al giudice, nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non spettano
particolari obblighi motivazionali o di approfondimento dei fatti contestati, sostanzialmente
ammessi dall’imputato che ha chiesto di patteggiare la pena, bensì solo di accertare, oltre che
la corretta qualificazione dei fatti e la congruità della pena concordata, l’eventuale presenza
di cause di non punibilità che impongano l’immediata relativa declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito al quale ha regolarmente ed ampiamente atteso il giudice del merito.
I ricorsi devono essere, dunque, dichiarati inammissibili, con conseguente condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa
delle ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in euro 1.500,00 ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.500,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2012.

Ritenuto in fatto.

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