Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5616 del 21/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5616 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) MAGGIORE DI MAURO RICCARDO N. IL 07/11/1986
2) LEONE ANGELO N. IL 24/10/1989
avverso la sentenza n. 1446/2012 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di PALERMO, del 16/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Data Udienza: 21/11/2012

Ritenuto in fatto.

Considerato in diritto.
I ricorsi sono manifestamente infondati, oltre che generici.
In realtà, contrariamente a quanto si sostiene dai ricorrenti, il giudice, nell’applicare le pene
concordate, ha preso e dato atto del fatto che dalle emergenze processuali si presentava
evidente l’assenza dei presupposti per l’applicazione della norma oggi invocata.
I ricorrenti, d’altra parte, non considerano, nel formulare le proprie censure, che al giudice,
nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non spettano particolari obblighi motivazionali o
di approfondimento dei fatti contestati, sostanzialmente ammessi dall’imputato, che ha
chiesto di patteggiare la pena, bensì solo di accertare, oltre che la corretta qualificazione dei
fatti e la congruità della pena concordata, l’eventuale presenza di cause di non punibilità che
impongano l’immediata relativa declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito al quale, nel caso di specie, ha regolarmente atteso il giudice del merito.
I ricorsi devono essere, dunque, dichiarati inammissibili, con conseguente condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa
delle ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in euro 1.500,00 ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.500,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2012.

Con sentenza del 16 marzo 2012, il Gup del Tribunale di Palermo, sull’accordo delle parti,
ha applicato a Leone Angelo ed a Maggiore Di Mauro Riccardo -imputati del delitto di cui
agli artt. 81 cpv cod. pen., 73 commi 1 e 1 bis del d.p.r. n. 309/90, aggravato, quanto al
Maggiore, ex art. 80 co. 1 dello stesso dpr-, ritenuta l’ipotesi attenuata di cui al 5° comma
dell’art. 73, con la continuazione e la diminuente del rito, la pena, rispettivamente, di un anno
di reclusione e 3.000,00 euro di multa e di due anni di reclusione e 2.200,00 euro di multa.
Avverso tale sentenza, propongono ricorso per cassazione i due imputati, che deducono il
vizio di motivazione della sentenza impugnata, in relazione alla mancata verifica, da parte del
giudice, della sussistenza delle condizioni per l’applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen.

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