Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5612 del 16/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5612 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) DE MARCO FRANCESCO, N. IL 8/5/1940,
avverso la sentenza n. 624/2013 pronunciata dalla Corte di Appello di Lecce del
18/3/2013;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott.ssa Elisabetta Cesqui, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Francesco Zompi, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso; in subordine dichiararsi l’estinzione del reato per prescrizione;

RITENUTO IN FATTO
1. De Marco Francesco veniva giudicato dal Tribunale di Lecce, sezione
distaccata di Casarano responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore Bouazza
Ouahib, in qualità di datore del lavoro del medesimo e condannato alla pena di
mesi tre giorni quindici di reclusione.
Secondo la ricostruzione operata dal Tribunale, il lavoratore stava operando
all’interno del cantiere dei lavori di ristrutturazione di un immobile sito in Racale
quando veniva investito dai materiali costituenti un muro che crollava per effetto
dell’utilizzo da parte di De Marco Francesco di un martello pneumatico in lavori di
scavo. Nell’investimento il Bouazza riportava una frattura bi-malleolare all’arto
destro, dalla quale derivava una malattia guarita oltre il quarantesimo giorno.

Data Udienza: 16/10/2013

All’imputato si rimproverava di non aver predisposto, nella pacifica qualità di
datore di lavoro del Bouazza, una specifica verifica delle condizioni di
conservazione e di stabilità del muro da demolire, imposta anche dalla
ristrettezza degli spazi ove i lavoratori dovevano operare e dall’evidenza della
situazione di pericolo determinata dalle sollecitazioni connesse all’uso di martello
pneumatico. Da qui anche l’indebito ricorso ad uno strumento di lavoro (il
martello pneumatico) inadeguato.

2. Avverso tale decisione proponeva appello l’imputato; impugnazione che
la Corte di Appello di Lecce rigettava, riformando la sentenza impugnata
unicamente quanto alla contravvenzione prevenzionistica pure contestata al De
Marco, che dichiarava estinta per prescrizione, con conseguente riduzione della
pena a mesi tre di reclusione, per il restante delitto.
Il giudice di seconde cure riteneva accertato che il Bouazza si era
infortunato mentre il De Marco era intento ad utilizzare un martello pneumatico
senza essersi preventivamente assicurato della stabilità dei muri su cui stava
operando; militava in senso favorevole alla prospettazione accusatoria anche la
circostanza che quando il figlio dell’imputato aveva accompagnato il lavoratore
presso l’ospedale per le prime cure aveva falsamente dichiarato che quello si era
procurato le lesioni con una caduta accidentale per strada.

3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il De Marco a mezzo del
proprio difensore di fiducia, avv. Francesco Zompi.
3.1. Con il ricorso si deduce vizio motivazionale; si afferma che è illogico
ritenere che le dichiarazioni rese da De Marco Sebastiano, figlio dell’imputato,
possano avere un qualche rilievo sulla posizione processuale dell’imputato,
perché egli non era presente al momento del verificarsi del sinistro, e perché non
si trattava di dichiarazioni che avevano la finalità di provare la verità dei fatti. La
Corte di Appello non avrebbe tenuto conto del fatto che il lavoratore infortunatosi
svolgeva mansioni di manovale e che il datore di lavoro non è responsabile delle
lesioni prodottesi nella movimentazione dei carichi se abbia assolto agli obblighi
di informazione ed abbia predisposto le attrezzature idonee per l’esecuzione del
lavoro.
Non vi sono, nella sentenza impugnata, indicazioni delle prove a supporto
della presenza del Bouazza sul luogo in cui è avvenuto l’effettivo crollo della
porzione di muro e nulla si dice circa le sue mansioni; né vi è prova della
necessità di puntellare il muro poi crollato.
La Corte di Appello afferma che l’ipotesi fatta propria dal primo giudice
risulta confortata dagli elementi di prova senza però che gli stessi vengano

indicati, salvo il generico riferimento alla documentazione sanitaria acquisita e
alle dichiarazioni del teste Abate. Tuttavia quest’ultimo giunse sul posto solo
dopo il sinistro e si limitò a ricostruire l’accaduto sulla base delle dichiarazioni
ricevute da Tasselli Quintino, che a sua volta non assistette al verificarsi
dell’infortunio.
In via di subordine si chiede di dichiarare estinto il reato per prescrizione e
per tale ragione di pronunciare l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata.

4. In via preliminare, a fronte della richiesta subordinata della difesa del
ricorrente, va rilevato che il reato non è estinto per prescrizione. Consumato il
1.4.2006, il termine di sette anni e sei mesi, cadente il 1.10.2013, deve essere
esteso di ulteriori giorni per effetto della sospensione del medesimo tra il 16.2 ed
il 18.3.2010, dovuto al rinvio dell’udienza del giudizio di primo grado per
legittimo impedimento del difensore dell’imputato.

5.

Nel merito il ricorso è

inammissibile perché, per un verso,

manifestamente infondato e, per altro, aspecifico.
5.1. In primo luogo va rilevato come, trattandosi di decisione confermativa
di quella oggetto di impugnazione, le relative motivazioni vanno considerate
unitariamente, avendo il giudice di seconde cure fatto proprie le valutazioni
operate dal primo giudice. Ciò trova unicamente il limite dell’adempimento
dell’obbligo di dare conto dei motivi di appello, della loro disamina e valutazione.
Infatti, sussiste vizio di motivazione della sentenza di appello, confermativa della
decisione di primo grado, quando questa si limiti a riprodurre la decisione
confermata dichiarando in termini apodittici e stereotipati di aderirvi, senza dare
conto degli specifici motivi di impugnazione che censurino in modo puntuale le
soluzioni adottate dal giudice di primo grado e senza argomentare
sull’inconsistenza o sulla non pertinenza degli stessi, non potendosi in tal caso
evocare lo schema della motivazione “per relationem” (tra le molte, da ultimo,
Sez. 6, n. 49754 del 21/11/2012 – dep. 20/12/2012, Casulli e altri, Rv. 254102).
5.2. Orbene, la Corte di Appello ha dato conto dei rilievi difensivi e li ha
giudicati non in grado di sovvertire il giudizio formulato dal Tribunale,
esponendone, sia pure sinteticamente e per relationem, le ragioni. Modalità che
va ritenuta nella specie più che adeguata, tenuto conto della genericità delle
censure difensive.
Come già in sede di prima impugnazione, essi si compendiano nella critica
alla adeguatezza della base probatoria in ordine alle seguenti circostanze:
1) presenza del Bouazza sul luogo del crollo del muro;

3

CONSIDERATO IN DIRITTO

2) natura delle mansioni affidategli;
3) cause del crollo.
Deve però rilevarsi, al riguardo, che si tratta di una generica critica, perché
non si indicano quali siano gli specifici vizi del percorso motivazionale, se non
assumendo che i testi richiamati, per il fatto di non aver assistito al crollo del
muro, non potrebbero valere a fornire elementi di conoscenza adeguati.
L’affermazione è all’evidenza priva di fondamento: il teste Abate, come ricordato
dall’esponente medesimo, ebbe a ricostruire l’accaduto in veste di componente

LE/2 – quindi di soggetto qualificato – sulla scorta delle dichiarazioni di un
lavoratore del cantiere (il Tasselli), della documentazione medica e delle denunce
del Bouazza. Pare dimenticqi, il ricorrente, che il Bouazza ed il Tasselli furono
escussi in dibattimento nel corso del giudizio di primo grado (cfr. pg . 1 sentenza
del Tribunale) e che ai sensi dell’art. 433 cod. proc. pen. venne acquisita al
fascicolo per il dibattimento la relazione del medico legale dr. Giuseppe Guida
(cfr. pg . 2 sentenza citata).
Ciò posto, appare decisivo che alcuna critica venga mossa in merito al
giudizio di attendibilità delle prove appena indicate formulato dai giudici di
merito.
In ordine alla ritenuta illogicità nella considerazione delle dichiarazioni rese
da De Marco Sebastiano, si tratta di censura del tutto infondata. La Corte di
Appello non ha posto le medesime a base della propria ricostruzione
dell’accaduto e del contributo ad esso recato dall’imputato, ma ha piuttosto
giudicato corroborativo di tale ricostruzione – operata sulla scorta degli elementi
sopra evidenziati – il comportamento tenuto dal figlio di questi, che prospettò ai
sanitari che assunsero in cure il Bouazza subito dopo l’infortunio che le lesioni
erano state causate da caduta accidentale in strada. Così inserita nel
complessivo materiale disponibile, tale circostanza risulta adeguatamente
valutata.
Nel complesso, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.

6. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore
della cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di
euro 1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000,00 a favore della cassa delle
ammende.

4

del Dipartimento di Prevenzione e di sicurezza degli ambienti di lavoro dell’Ausl

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16.10.2013.

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