Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5603 del 21/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5603 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 21/11/2012

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) KEBE CHEIKH N. IL 14/10/1974
avverso la sentenza n. 5794/2011 CORTE APPELLO di TORINO, del
15/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

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Osserva

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Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Kebe Chikh avverso la sentenza emessa in
data 15.12.2011 dalla Corte di Appello di Torino che confermava quella in data 19.9.2011
del Tribunale di Torino, con la quale il ricorrente era stato riconosciuto colpevole del
delitto di cui all’art. 73, dPR n. 309 del 1990 e condannato, con l’attenuante di cui al
comma V della citata noprma e le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva
contestata, alla pena di anni quattro di reclusione ed C 18.000,00 di multa.

309/1990, 69, 99 e 133 c.p., con specifico riferimento all’entità della pena.
Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa del tutto generica nonchè
manifestamente infondata.
Infatti, va rammentato che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione
delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto
riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la
giurisprudenza di questa Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. pen.
Sez. VI 22.9.2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua”
v. Cass. pen. Sez. VI 4.8.1998 n. 9120 rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni
relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in
riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando
siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. pen. Sez. III 16.6. 2004 n.
26908 rv. 229298); e certamente, nel caso di specie, non può sostenersi che la
commisurazione della pena sia frutto di arbitrio attesa la puntuale ed esaustiva
motivazione addotta dal Giudice a quo sul punto.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle ammende
di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 21.11.2012

Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione agli artt. 73 dPR

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