Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5603 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5603 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ABBRUZZESE LEONARDO N. IL 23/07/1985
avverso l’ordinanza n. 71/2013 TRIB. LIBERTA’ di COSENZA, del
20/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 05/12/2013

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Oscar Cedrangolo, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnata
ordinanza.
– Udito, per il ricorrente, l’avv. Fabrizio Merluzzi, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

confermato il sequestro preventivo di beni immobili disposto dal Giudice delle
indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari in data 30/5/2013 a carico di
Abbruzzese Leonardo, indagato per i reati di cui agli artt. 633, in relazione all’art.
639/bis, 61, n. 2, e 489 in relazione all’art. 476, comma 2, cod. pen.
Le fonti indiziarie sono costituite – secondo la ricostruzione operata dai giudici
del merito – dalla comunicazione di notizia di reato dei carabinieri di Cassano allo
Ionio, dalla quale risulta che l’Abbruzzese occupa l’immobile dell’ATERP senza
regolare assegnazione e che la missiva da questi esibita, per comprovare la
legittima occupazione, è falsa. Il periculum in mora consiste nella protrazione
delle conseguenze dannose del reato per effetto della illecita occupazione.

2.0. Avverso tale provvedimento ha proposto personalmente ricorso l’indagato
con due motivi:
Col primo denunzia violazione degli artt. 633, 489 e 476, comma 2, cod. pen., in
quanto manca – a suo giudizio – la prova dell’arbitrarietà dell’occupazione,
avvenuta in forza di assegnazione effettuata dal dirigente pro tempore
dell’ATERP, come dimostrato da un documento in suo possesso. Deduce che
nessuna prova vi è della falsità del documento in questione, tant’è che il
Tribunale del riesame lo qualifica solo “irregolare”
Col secondo si duole che il Tribunale non abbia tenuto conto dell’attività svolta
dall’associazione “Perla Rossa” all’interno dell’immobile in questione: attività che
è stata preceduta dall’autorizzazione degli organi competenti, che pretesero
consulenza descrittiva di un geometra abilitato, a comprova del legittimo
possesso del bene. Inoltre, che non abbia tenuto conto della consegna delle
chiavi dell’immobile all’ATERP da parte del precedente locatore (il Comune): il
che dimostra che solo l’ATERP poteva avergliele consegnate. Infine, lamenta
l’assenza di motivazione in ordine al periculum in mora.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
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1. Con ordinanza del 20/6/2013 il Tribunale del riesame di Cosenza ha

A carico dell’Abbruzzese è stato emesso decreto di sequestro preventivo per
l’illegittima occupazione di un immobile di proprietà dell’ATERP, che era stato
utilizzato dal Comune e che lo aveva restituito alla società proprietaria in data
11-12-2009.
L’indagato accampa il diritto all’utilizzo del bene sulla base di un contratto di
locazione stipulato nel 2001 tra Abbruzzese Marco (fratello del ricorrente) e
l’ATERP; sul fatto di possedere le chiavi dell’immobile; sulla base di una missiva
in suo possesso, che confermerebbe la consegna a lui delle chiavi dell’immobile

nell’immobile opera l’associazione “Perla Rossa”, a comprova del legittimo
possesso.
A tanto il decreto impugnato oppone logicamente che:
– il contratto intercorso tra Abbruzzese Marco e l’ATERP non aggiunge nulla alla
posizione del ricorrente, salvo spiegare in che modo costui sia venuto in
possesso (illegittimamente) delle chiavi dell’immobile;
– il possesso delle chiavi dell’immobile si spiega con l’abusivo impossessamento
delle stesse da parte dell’Abbruzzese (probabilmente, perché avute dal fratello) e
costituisce proprio l’oggetto della doglianza del querelante ATERP;
– la missiva in possesso del ricorrente è disconosciuta dall’ATERP, la quale
evidenzia che la missiva manca sia del numero di protocollo che del nominativo
del dirigente che l’avrebbe sottoscritta e costituisce l’oggetto materiale del falso
contestato;
– il fatto che nell’immobile operi un’associazione (probabilmente da ricondurre
all’indagato) non significa nulla, salvo confermare che l’immobile è occupato
abusivamente.
Tanto premesso, ritiene il Collegio che la motivazione del provvedimento
impugnato sia radicalmente priva dei vizi prospettati, considerato che in tema di
sequestro preventivo la verifica delle condizioni di legittimità della misura
cautelare, da parte del tribunale del riesame (e di questa Corte), non può
tradursi in anticipata decisione della questione di merito, concernente la
responsabilità del soggetto indagato, in ordine al reato oggetto di investigazione,
ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella
legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria dell’antigiuridicità penale
del fatto (Sez. U, Sentenza n. 7/2000, 23 febbraio-4 maggio 2000 e S.U. 7
novembre 1992). Ciò perché le condizioni generali per l’applicabilità delle misure
cautelari personali, indicate nell’art. 273 cod. proc. pen., non sono estensibili,
per la loro peculiarità, alle misure cautelari reali, e da ciò deriva che, ai fini della
verifica in ordine alla legittimità del provvedimento mediante il quale sia stato
ordinato il sequestro preventivo di un bene pertinente ad uno o più reati, è
preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza,

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da parte di un non meglio identificato dirigente dell’ATERP; sul fatto che

alla gravità di essi e alla colpevolezza dell’indagato (cfr. S.U. 23 aprile 1993,
Gifuni). Diversamente, si finirebbe con l’utilizzare surrettiziamente la procedura
incidentale di riesame per una preventiva verifica del fondamento dell’accusa,
con evidente usurpazione di poteri che sono per legge riservati al giudice del
procedimento principale (Cass. Pen., Sez. 2, Sentenza n. 12906/2007, Rv.
236386; ancora ex plurimis: Cass. 6, 4 febbraio 1993, Francesconi; Cass. 3, 14
ottobre 1994, Petriccione; Cass. 3, 26 aprile 1996, Beltrami).
Quanto al periculum in mora, rilevante ai fini dell’adozione della misura

dell’immobile, che toglie all’ente proprietario la disponibilità del bene e aggrava
l’offesa derivante dal reato in maniera concreta e attuale.
Il tribunale ha dato conto, pertanto, di entrambi i requisiti richiesti dalla
normativa per l’adozione della misura. Il ricorso è perciò inammissibile.
Consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, che
si reputa equo quantificare in C 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/12/2013

cautelare, è rappresentato, nella specie, proprio dall’abusiva occupazione

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