Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5597 del 02/10/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 5597 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SIMONE ANTONIO N. IL 28/07/1950
avverso l’ordinanza n. 264/2013 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
26/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA
LAPALORCIA;
091111 sentite le conclusioni del PG Dott. LI- , i Z 10
ofy,

Udit i difensor Avv

t\_s/y ■ .)–(0 i

‘-tAgFRE-bPI

Data Udienza: 02/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. ANTONIO SIMONE, indagato per reati fallimentari e finanziari, era sottoposto alla
misura degli arresti domiciliari con ordinanza del Gip del tribunale di Brindisi 21-112012, il quale con successivo provvedimento del 29-3-2013 revocava la misura per
cessazione delle esigenze cautelari in considerazione del tempo trascorso valutabile ai
fini della resipiscenza dell’indagato e tenuto conto dell’intervenuto esercizio dell’azione

2. Il Tribunale del riesame di Lecce, a seguito di appello del PM, applicava nuovamente al
Simone gli arresti domiciliari osservando come, premesso che sulla gravità indiziaria si
era formato il giudicato cautelare, i tre elementi valorizzati dal Gip a giustificazione
della revoca della misura, erano il primo (decorso del tempo) irrilevante, il secondo (la
resipiscenza per non essere mai stato attinto da provvedimenti restrittivi della libertà)
frutto di assunto apodittico, il terzo (conclusione delle indagini preliminari) inconferente
rispetto al pericolo di reiterazione del reato.
3. Quanto alla circostanza che i fatti si collocassero in tempo relativamente risalente
rispetto all’applicazione della misura (2008/2010), il tribunale riteneva che ciò non
diminuisse il pericolo di cui sopra in considerazione della sistematicità e professionalità
della condotta criminosa dell’imputato, ancora amministratore di fatto di società gestite
da familiari o prestanome.
4.

Con il primo motivo del ricorso avverso il provvedimento del tribunale del riesame il
difensore di Simone deduce i vizi sub b), c) ed e) art. 606 cod. proc. pen., anche sotto
il profilo del travisamento del fatto, in punto di giudicato cautelare sulla gravità
indiziaria in quanto la valutazione del Gip aveva riguardato soltanto le esigenze
cautelari.

5. Il secondo motivo prospetta i medesimi vizi in relazione alle esigenze cautelari. Il
ricorrente contesta in primo luogo il riferimento a precedenti specifici che, secondo il
tribunale, sarebbero stati valorizzati nel provvedimento genetico della misura, il quale
invece è privo di tale riferimento. In secondo luogo lamenta che il tribunale abbia
ritenuto irrilevante il ‘mero’ decorso del tempo, mentre tale decorso era stato correlato
all’effetto deterrente (non alla resipiscenza, che è concetto diverso) esercitato
dall’esperienza limitativa della libertà personale su un soggetto nuovo a tale esperienza.
6. Sul punto della risalenza nel tempo dei fatti ascritti, significativa per escludere
immanenza del pericolo di reiterazione del reato, il ricorrente osservava come proprio
l’attuale coinvolgimento del Simone nella gestione di società, senza aver dato adito a
contestazioni, dimostrava la fondatezza della tesi del Gip in ordine alla cessazione delle
esigenze cautelari.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2

penale con fissazione dell’udienza preliminare.

1. Il ricorso è infondato e va disatteso.
2.

In ordine al primo motivo occorre dare atto che l’ordinanza del Gip di revoca della
misura in realtà non intaccava la preclusione endoprocessuale del giudicato cautelare
sulla sussistenza dei gravi indizi, essendo basata soltanto sulla ritenuta cessazione delle
esigenze cautelari. Ciò posto, la circostanza che il tribunale si sia soffermato anche sul
primo aspetto concludendo che al riguardo non erano stati indicati elementi

genetico della misura in punto di gravità indiziaria, costituisce un di più, che comunque
non influisce in alcun modo sulla decisione.
3.

Il secondo motivo è privo di fondamento.

4.

Mentre la doglianza relativa al riferimento da parte del tribunale a precedenti specifici
valorizzati nell’ordinanza di applicazione della misura, che sarebbe invece priva del
richiamo a tali precedenti, non è accompagnata dall’allegazione al ricorso di tale
ordinanza, non presente negli atti trasmessi, va considerato che, contrariamente a
quanto lamentato nel gravame -e cioè che il tribunale avrebbe ritenuto irrilevante il
‘mero’ decorso del tempo, mentre tale decorso era stato correlato all’effetto deterrente
(non già al diverso concetto della resipiscenza) esercitato dall’esperienza limitativa della
libertà personale su un soggetto nuovo a tale esperienza-, il tribunale ha correttamente
valutato come apodittico l’assunto del Gip circa la resipiscenza (tale era il termine usato
nel provvedimento di revoca) automaticamente collegata .alla novità per l’indagato
ereite#6

dell’esperienza restrittiva della libertà, in assenza di ulterioKalorizzabili in tal senso ed
anzi in presenza del dato incompatibile rappresentato dalla scelta dell’indagato di
avvalersi della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio di garanzia.
5.

Né può essere in alcun modo condiviso il rilievo per il quale, a fronte della risalenza nel
tempo dei fatti ascritti, l’attuale coinvolgimento del Simone nell’amministrazione di
società senza aver dato adito a contestazioni dimostrerebbe la fondatezza della tesi del
Gip in ordine alla cessazione delle esigenze cautelari.

7. Tale rilievo, per contro, non fa che confermare il pericolo di recidivanza in relazione a
soggetto della cui attività criminosa il tribunale ha evidenziato la sistematicità e la
professionalità (secondo la prospettazione accusatoria si sarebbe indebitamente
appropriato di un importo pari a circa un milione di euro), stigmatizzandone proprio la
perdurante attività di amministratore di fatto di società gestite da familiari o
prestanome, attività che la revocata misura era finalizzata ad impedirgli in
considerazione della sua ‘carriera criminale/imprenditoriale’ (così il provvedimento
genetico richiamato nell’ordinanza impugnata) e che conferma, ove ancora ve ne fosse
bisogno, l’irrilevanza della durata di poco più di quattro mesi della sottoposizione alla
misura.

3

sopravvenuti -nuovi o non valutati- in grado di scalfire gli assunti del provvedimento

8. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. art. 28 Reg. Esec. cod. proc. pen..

Il consigliere est.

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 2/10/2013

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA