Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5595 del 19/11/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5595 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’ALESSANDRO SANTO N. IL 03/08/1957
avverso la sentenza n. 242/2013 CORTE APPELLO di PALERMO, del
23/09/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
.,/

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 19/11/2014

Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, dr Gioacchino Izzo, conclude chiedendo
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Fabiana Fois in sostituzione dell’Avvocato Raffaele Delisi,
il quale chiede raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di D’Alessandro Santo propone ricorso per cassazione contro la sentenza

decisione resa dal Tribunale di Termini Innerese, in data 14 giugno 2012, con la quale
l’imputato è stato ritenuto colpevole del delitto di cui all’articolo 485 codice penale, per
avere formato un falso attestato di rischio, apparentemente rilasciato dalla compagnia
Sara Assicurazioni S.p.A.
2. Il primo giudice aveva ritenuto la falsità dell’atto sulla base dell’esistenza del contratto
di assicurazione relativo ad un’auto con quella targa, riportata nel documento e nel
numero di polizza indicata.
3. Avverso tale decisione proponeva appello la difesa dell’imputato deducendo
l’insussistenza del fatto, posto che non vi era la prova che D’Alessandro avesse fatto
uso del certificato, peraltro datato 2001 e che non avrebbe potuto essere utilizzato
nell’anno 2006, al momento del sequestro. In ogni caso chiedeva dichiararsi la
descrizione dei fatti.
4. La Corte d’Appello, ritenuti infondati i motivi di impugnazione, confermava la decisione
adottata dal Tribunale, con condanna al pagamento delle spese del grado.
5. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il difensore di D’Alessandro Santo
lamentando:

vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle prove e in relazione ai presupposti
dell’articolo 485 del codice penale;

vizio di motivazione in ordine alla mancata declaratoria di prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata non merita censura.

1. Preliminarmente, rileva la Corte che il reato è stato commesso il 27 aprile 2006 e il
termine di prescrizione, pari ad anni sette e mesi sei, in assenza di sospensioni, è
maturato alla data 27 ottobre 2013, ma l’inammissibilità del ricorso per cassazione per
manifesta infondatezza dei motivi, non consentendo il formarsi di un valido rapporto di

emessa dalla Corte d’Appello di Palermo, in data 23 settembre 2013, che confermava la

impugnazione, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui
all’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del
procedimento di legittimità. (Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013 – dep. 08/07/2013,
Ciaffoni, Rv. 256463).
2. Le censure, infatti, sono nuove o manifestamente infondate.
3. Con il primo motivo la difesa lamenta vizio di motivazione in ordine alla valutazione

motivazione riguardo all’uso dell’atto falso e alla circostanza che questo sia stato
formato dal ricorrente. Inoltre, non emergerebbe dagli atti del processo la titolarità, in
capo al ricorrente, del veicolo in questione, cui fa riferimento l’attestato di rischio.
4. Le censure sono inammissibili. Quanto alla titolarità del diritto di proprietà del veicolo, si
tratta di una questione nuova, non sottoposta all’esame del giudice di appello. In quella
sede il ricorrente non aveva formulato contestazioni in ordine alla proprietà dell’auto,
censurando soltanto la mancanza di prova dell’utilizzo del certificato.
5. La prima questione è manifestamente infondata, poiché l’attestato di rischio, come
evidenziato dalla Corte territoriale, con motivazione puntuale e giuridicamente corretta,
era stato utilizzato per ottenere un contratto di assicurazione per un importo inferiore
rispetto a quanto dovuto, mentre non emerge da alcun elemento che questo si riferisse
ad un contratto concluso nell’anno 2001 e non più in corso.
6. Tali considerazioni e quelle relative alla data di decorrenza del termine di prescrizione
consentono di superare la seconda censura, con la quale la difesa lamenta il vizio di
motivazione in ordine al rigetto della richiesta di sentenza di non doversi procedere, per
essersi il reato prescritto, dovendosi retrodatare il tempo di commissione del delitto in
epoca antecedente o prossima alla data del 28 giugno 2001.
7. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare
equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma ill.411/20

delle prove e in relazione all’articolo 485 del codice penale, attesa la mancanza di

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