Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5590 del 25/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5590 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso presentato nell’interesse di

Curto Giancarlo, nato a Brindisi il 05/05/1971

Cinieri Maria Antonietta, nata a Brindisi il 13/06/1973

avverso la sentenza emessa il 27/09/2012 dalla Corte di appello di Lecce

visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Pio Gaeta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per i ricorrenti l’Avv. Umberto Leo, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso, e l’annullamento della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 25/10/2013

Il difensore di Giancarlo Curto e Maria Antonietta Cinieri ricorre avverso la
sentenza della Corte di appello di Lecce emessa il 27/09/2012 nei confronti dei
suddetti imputati, sentenza recante la conferma della condanna dei medesimi
(pronunciata dal Tribunale di Brindisi il 06/10/2010) per il reato di cui all’art. 12quinquies d.l. n. 306 del 1992, nonché – il solo Curto – per l’ulteriore addebito
ex artt. 30 e 31 della legge n. 646 del 1982.

I fatti si riferiscono alla presunta intestazione fittizia di un immobile e
relativo garage, nonché di una autovettura, alla Cinieri, coniuge separato del

misure di prevenzione patrimoniali, essendo lo stesso Curto sottoposto a
sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno (e, nella predetta qualità, avendo
egli omesso di segnalare al competente Nucleo di Polizia Tributaria gli acquisti de
quibus, a lui riferibili in quanto aveva stipulato egli stesso mutuo ipotecario).

Con l’odierno ricorso si lamenta:
1. inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 12-quinquies del d.l. n. 306
del 1992, dal momento che detta disposizione «mira a scongiurare il
pericolo che un soggetto, condannato per determinati delitti, disponga di
beni o di altre utilità di cui non possa o non sia in grado di dimostrare la
provenienza, ovvero che quei beni o quelle utilità abbiano valore
sproporzionato rispetto al reddito del prevenuto». Tali presupposti non
sussisterebbero nel caso di specie, essendo pacifico che il Curto acquistò
il bene immobile in rubrica ricorrendo al credito bancario, gravandosi di
futuri ratei mensili che con il proprio lecito reddito era in condizione di
onorare;
2. inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 30 e 31 della legge n.
646 del 1982, rilevando la difesa che per integrare il reato occorre la
prova della specifica volontà dell’agente di violare le prerogative degli
organi preposti ai controlli di legge (al contrario, nel caso di specie
l’imputato avrebbe agito «alla più completa luce del sole, così
manifestando la propria determinazione di non occultare il proprio
operato»);
3. manifesta illogicità della sentenza, per omessa citazione nel giudizio della
Banca Apulia s.p.a. quale titolare di diritto reale di garanzia sull’immobile;
4. inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 62-bis cod. pen., avendo ì
giudici di merito negato al Curto le circostanze attenuanti generiche solo
sulla base dei suoi precedenti penali.

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Curto: ciò, secondo l’ipotesi accusatoria, al fine di eludere la normativa sulle

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CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non può trovare accoglimento.
In ordine al primo motivo, appare ineccepibile quanto già rilevato dai giudici
di appello, laddove rappresentano che «sono elementi estranei alla previsione
della norma di cui all’art.

12-quinquies legge n. 356/1992 la verifica della

mancata giustificazione della provenienza lecita dei beni (presupposti invece
necessari per l’emanazione del provvedimento di confisca di cui al successivo art.
12-sexies legge n. 356/1992)».
In vero, per ravvisare la figura criminosa

ex art.

12-quinquies cit. è

sufficiente prendere atto della riferibilità di un bene – formalmente intestato ad
altri – ad un soggetto sottoposto a misura di prevenzione patrimoniale o che
abbia concrete prospettive di esserlo, purché emerga da quella intestazione
fittizia la prova della volontà di eludere l’esecuzione del (già intervenuto o
potenziale) provvedimento. Il requisito della anzidetta sproporzione inerisce
invece alla possibilità di materiale apprensione del bene: problema logicamente
successivo, tant’è che l’art. 12-sexies, nell’enumerare le ipotesi criminose che in caso di condanna od applicazione di pena su richiesta – impongono la confisca
di denaro, beni od utilità che non abbiano giustificata provenienza, e siano
sproporzionati al reddito od all’attività economica dell’imputato, contempla anche
la fattispecie di cui all’articolo precedente.
Altrettanto puntuali risultano le argomentazioni adottate dalla Corte di
merito:
– circa la configurabilità del dolo del reato previsto dagli artt. 30 e 31 della legge
n. 646 del 1982, dal momento che la stipula di un atto per rogito notarile o
comunque con adeguate forme di pubblicità non può intendersi equipollente allo
specifico obbligo di comunicazione statuito per legge;
– in ordine alla mancanza di interesse, in capo ai ricorrenti, in vista della
formulazione di doglianze per l’omessa citazione a giudizio dell’istituto di credito
che, a seguito dell’eventuale confisca, avrebbe pur sempre titolo a vedersi
restituire la somma mutuata (dovendosi intendere la nozione di “interesse”
quanto alla instaurazione di un contraddittorio nel processo penale, e non già in
termini di mere aspettative economiche).
Da ultimo, deve ribadirsi la costante interpretazione giurisprudenziale
secondo cui la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto, e può essere esclusa dal giudice

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sproporzione tra il valore dei beni e la capacità economica dell’imputato e la

con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione,
non sindacabile in sede di legittimità, purché non contraddittoria e congruamente
motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno
dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Cass., Sez. VI,
n. 42688 del 24/09/2008, Caridi). Peraltro, ai fini della concessione o del
diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere
in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene
prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché

reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso
(Cass., Sez. II, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone),

2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna di ciascun ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso, e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 25/10/2013.

anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole od all’entità del

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