Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 559 del 30/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 559 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da

MARSICO Walter Gianluca, nato a Belvedere Marittimo il 24/08/1967;
avverso l’ordinanza del 28/03/2013 del Tribunale di Catanzaro, quale giudice del
riesame;

visto il ricorso, gli atti e l’ordinanza impugnata;
sentita la relazione del Consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO.
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.
Carmine Stabile, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
sentito, altresì, l’avv. Cesare Badolato che ne ha chiesto, invece, raccoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Walter Gianluca Marsico era raggiunto da ordinanza di custodia cautelare,
quale indagato di tentato omicidio aggravato da metodo mafioso.
Con sentenza del 03/10/2011, il GUP del Tribunale di Catanzaro, previa
riqualificazione del fatto nella meno grave fattispecie di lesione personale aggravata
da metodo mafioso, condannava il Marsico alla pena di anni tre di reclusione.

Data Udienza: 30/10/2013

Con istanza del 05/10/2011 il difensore chiedeva la revoca o la sostituzione della
misura custodiale, adducendo l’insussistenza o, comunque, l’affievolimento delle
esigenze cautelari, in considerazione del tempo trascorso, in regime cautelare
detentivo, dalla commissione del reato (anno 2000), e dell’asserito scioglimento
dell’associazione mafiosa nell’ambito della quale erano stati commessi i fatti.
Deduceva, inoltre, che il Marsico aveva subito dal 18 luglio 2001 al 18 luglio 2003
un periodo di ingiusta detenzione fungibile con la corrispondente quota parte di

intervenuta sentenza (allegando, all’uopo, provvedimento di riparazione per
ingiusta detenzione).
Con ordinanza del 13/10/2011, il GUP di Catanzaro rigettava l’istanza difensiva,
ritenendo inalterato il quadro cautelare sotteso al provvedimento coercitivo in atto.

2. Pronunciando sull’appello proposto dal difensore limitatamente al profilo di
asserita perdita di efficacia della misura cautelare ai sensi del combinato disposto
degli artt. 300 e 657 cod.proc.pen, il Tribunale di Catanzaro, quale giudice di
appello de libertate, rigettava il gravame confermando l’impugnata ordinanza.

3. Avverso l’anzidetta pronuncia i difensori del Marsico, avv. Cesare Badolato
ed Antonio Ingrosso, hanno proposto ricorso per cassazione affidato alle ragioni di
censura indicate in parte motiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con unico motivo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione di legge,
manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione nonché inosservanza od
erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche delle quali
avrebbe dovuto tenersi conto nell’applicazione della legge penale, ai sensi dell’art.
606 lett. b) ed e), in riferimento agli artt. 125 comma 3, 275, comma 2 bis, 300 e
657 del codice di rito. Si duole, in sostanza, che sia stata rigettata la richiesta di
fungibilità sul rilievo che per il periodo di ingiusta carcerazione sofferta fosse stata
proposta istanza di riparazione pecuniaria, con riferimento ad una pronunzia di
questa Corte regolatrice, ignorando peraltro una successiva pronuncia delle Sezioni
Unite, che avevano risolto il contrasto giurisprudenziale sul punto, in favore
dell’ammissibilità dell’istanza di fungibilità della custodia cautelare sofferta senza
titolo pur in costanza di richiesta di riparazione per ingiusta detenzione.

2. Il ricorso è fondato e merita, pertanto, accoglimento.
E’ vero, infatti, che il dubbio ermeneutico in ordine alla fungibilità del periodo di
detenzione sofferto sine tituto per un reato ai fini della determinazione della pena

2

pena irrogata siccome successivo all’epoca di commissione dei fatti per cui era

da scontare per altro reato, debba computarsi, a norma dell’art. 657 c.p.p., il
periodo di custodia cautelare ingiustamente sofferta, anche nel caso in cui il
condannato abbia per questo ottenuto un’equa riparazione per ingiusta detenzione
é stato, da tempo, risolto da questa Corte regolatrice, nella sua più autorevole
espressione a Sezioni Unite, nel senso della computabilità (cfr. Cass. Sez. U, n.
31416 del 10/07/2008, Rv. 240113, secondo cui ai fini della determinazione della
pena da eseguire vanno computati anche i periodi di custodia cautelare relativi ad

alla riparazione per ingiusta detenzione, stante la inderogabilità della disciplina
dettata dall’anzidetta disposizione normativa e dovendosi escludere l’esistenza di
una facoltà di scelta, da parte dell’interessato (pur quando ne sussisterebbe la
possibilità, attesa la già intervenuta esecutività della sentenza di condanna all’atto
della richiesta di riparazione), tra il ristoro pecuniario di cui all’art. 314 cod. proc.
pen. e lo scomputo dalla pena da espiare della custodia cautelare ingiustamente
sofferta, fermo restando che, al fine di evitare che l’interessato consegua una
indebita locupletazione, il giudice investito della richiesta di riparazione può
sospendere il relativo procedimento, ove gli risulti l’esistenza di una condanna non
ancora definitiva a pena dalla quale possa essere scomputato il periodo di custodia
cautelare cui la detta richiesta si riferisce, e che, ove la somma liquidata a titolo di
riparazione sia stata già corrisposta, lo Stato può agire per il suo recupero
esperendo l’azione di ingiustificato arricchimento di cui all’art. 2041 cod. civ.
Siffatto insegnamento non è stato affatto considerato dal giudice del riesame
che, senza neppure farsi carico di indicare le ragioni di eventuale dissenso, ha fatto
acritico richiamo a pronunce di legittimità (tra cui Cass. Sez. 1, n. 47001 del
05/12/2007 Rv. 238490) espressive della diversa linea interpretativa, alla quale,
per quanto si è detto, le Sezioni Unite non hanno aderito.

3. La mancata considerazione di tale autorevole insegnamento costituisce
vulnus

insanabile dell’impianto motivazionale del provvedimento impugnato,

ponendosi come causa di annullamento, che va, dunque, dichiarato nei termini di
cui in dispositivo, affinché il giudice del rinvio proceda al nuovo esame sul punto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di
Catanzaro. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1
ter, disp. att. cod.proc.pen.
Così deciso il 30/10/2013

altri fatti, per i quali il condannato abbia già ottenuto il riconoscimento del diritto

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