Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5587 del 04/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5587 Anno 2014
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BORDONI MASSIMILIANO N. IL 02/02/1969
ANGELI GEROLAMO N. IL 09/03/1937
avverso la sentenza n. 751/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
10/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SILVANA DE BERARDINIS
Udito il Procuratore Generale persona sei Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv 525-1,0)
Uditi difensor Avv. 90(DT(Lak_ eTo km21..,u ■

Data Udienza: 04/10/2013

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza in data 10 ottobre 2012 la Corte di Appello di Genova pronunziava la
riforma della sentenza emessa dal Tribunale del luogo,in data 5.11.2010,nei confronti

giornalista e direttore responsabile del quotidiano “Corriere Mercantile”,ai quali era
stato contestato il reato di diffamazione a mezzo stampa(ai capi A e B
dell’epigrafe,ascritti ai sensi degli arte.595 commi 1 -2 CP e 13 -21 1.n.47/1948 al
Bordoni e ai sensi degli arte.57-595 commi 1-2-13 1.n.47 /1948 all’Angeli ,reato
commesso per avere pubblicato un articolo dal titolo “Lesioni a neonato,nove
indagati”,in data 28.5.2005,nel quale si riferiva che la Procura della Repubblica di
Chiavari aveva inviato avviso di conclusione delle indagini ,indicando i nomi di sei
indagati,tra i quali i querelanti,prospettando notizie non corrispondenti al
vero,essendo stata richiesta l’emissione di decreto di archiviazione al GIP per i
querelanti.

Per tale reato era stata inflitta dal primo giudice al Bordoni la pena di mesi tre di
reclusione,convertita in pena pecuniaria,della multa di €3.420,00ed all’Angeli la pena
di mesi due di reclusione,convertita in multa di €2.280,00,previa concessione delle
attenuanti generiche, condannando i predetti in solido al risarcimento del danno a
favore delle costituite parti civili,Centonze Anna,Francescangeli Ulderico,Pedretti
Ermanno,Ventura Luciano,Verdi Giancarlo.
Agli imputati era stata concessa altresì la sospensione condizionale della pena.
La Corte territoriale riformava parzialmente la decisione ,revocando nei confronti di
entrambi gli appellanti il beneficio della sospensione condizionale della pena e
dichiarava condonate le pene inflitte ai due imputati ai sensi della legge n.241/2006Confermava nel resto l’impugnata sentenza condannando gli appellanti alla rifusione
delle spese a favore delle parti civili.
1

di BORDONI Massimiliano ed ANGELI Gerolamo, nelle rispettive qualità di

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore degli imputati
deducendo:
1-erronea applicazione della legge penale,in riferimento all’art.546 CPP.,rilevando la
mancanza dei requisiti richiesti a pena di nullità della sentenza di primo grado ,in

ricorrente,dal BORDONI(Avv Andrea Testasecca),-evidenziava inoltre che la
sentenza non indicava le conclusioni delle parti,e dunque riteneva sussistente la
nullità per violazione dell’art.546 CPP.e dell’art.99 CPP.,censurando sul punto la
sentenza di appello per erronea applicazione della legge penale.
2-erronea applicazione dell’art.595 CP e dell’art.13 1.n.47/1948.
Carenza di motivazione sull’elemento psicologico del reato.
A riguardo evidenziava che il giornalista Bordoni aveva seguito l’evoluzione delle
indagini a cui si riferiva Particolo,e che la richiesta di archiviazione era stata
depositata al GUP in data 11.6.2005; rilevava altresì che la notizia della notifica di
avviso di conclusione delle indagini per tutti gli indagati e non solo nei riguardi di
quattro indagati era da ritenere frutto di un errore nel quale era incorso il Bordoni,a1
quale non era da attribuire alcun intento di ledere la altrui reputazione.
In tal senso la difesa rilevava che la divulgazione della notizia poteva attribuirsi alla
esimente putativa del diritto di cronaca da parte dell’imputato che aveva riportato tra
virgolette quanto affermato da un difensore.
Inoltre rilevava che il Bordoni aveva poi pubblicato,in data 30.6.2005,un articolo di
smentita della notizia in questione.
In base a tali rilievi la difesa riteneva carente l’elemento psicologico del reato e per il
direttore Angeli censurava la decisione rilevando che il predetto non avrebbe potuto
impedire la causazione dell’evento.
Censurava sul punto la sentenza di appello,ai sensi dell’art.606 comma I
lett.e)CPP.,nella quale la Corte aveva condiviso la valutazione espressa dal primo
giudice disattendendo le deduzioni difensive.
2

quanto la stessa non menzionava il difensore designato di fiducia ,unitamente al

Pertanto concludeva chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

RILEVA IN DIRITTO

Il ricorso risulta manifestamente privo di fondamento.

dedotta per violazione dell’art.546 CPP e art.99 CPP. in ordine alla mancata
indicazione nella sentenza di primo grado del difensore designato in tale fase
dall’imputato odierno ricorrente,e omessa indicazione delle conclusioni delle parti
all’esito del giudizio.
Invero sul punto la Corte territoriale ha reso adeguata motivazione richiamando
l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte,(Sez.VI-29.11.2011,n.5907,Borellaove stabilisce che l’omessa indicazione nella intestazione della sentenza delle
conclusioni delle parti non costituisce motivo di nullità della pronuncia).
Peraltro non risulta dedotta alcuna violazione del diritto di difesa
dell’imputato,avendo il difensore partecipato al dibattimento come rilevato nello
stesso ricorso.
2-Per quanto riguarda il secondo motivo si osserva che,secondo quanto è dato
desumere dal testo del provvedimento impugnato, il giudice di appello ha reso
adeguata motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di
diffamazione validamente contrastando la tesi difensiva inerente alla assenza di dolo
ed alla applicazione dell’esimente del diritto di cronaca.
Deve evidenziarsi a riguardo che-come precisato dal primo giudice le cui
argomentazioni vengono richiamate ritualmente dalla Corte territoriale che le
condivide-nella specie la notizia oggetto di pubblicazione era falsa poiché le persone
offese non avevano ricevuto avviso di conclusione delle indagini.
La non veridicità della notizia era emersa peraltro dalla documentazione
acquisita(richiesta di archiviazione,come si illustrato dal primo giudice).

3

1-Per quanto concerne il primo motivo deve escludersi la configurabilità della nullità

Orbene,deve rilevarsi che la circostanza posta in luce dalla difesa nell’atto di
impugnazione,ove rileva che l’imputato,essendosi avveduto di un errore aveva
provveduto alla pubblicazione di una smentita ,resta ininfluente ai fini della
decisione,secondo l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte,per cui va
richiamata sentenza Sez.V del 12 maggio 2006,n.16323-Mulè-RV234426,ove si

della notizia giornalistica falsa,ex art.8 1.8 febbraio 1948,n.47,non riveste efficacia
scriminante,in quanto non elimina gli effetti negativi dell’azione criminosa,ma può
avere la sola funzione di attenuare la sanzione pecuniaria prevista dall’art.12 della
legge citata.
Né la difesa ha dato dimostrazione,a sostegno della richiamata esimente ,della cura
posta dal giornalista —che nella specie aveva da tempo seguito la vicenda giudiziaria nel verificare le veridicità dei fatti (In tal senso si richiama per le condizioni di
applicazione dell’esimente putativa del diritto di cronaca giudiziaria
Cass.Sez.V,13.7.2010,n.27106,Ciolina-RV 248032-ove si stabilisce che l’esimente
putativa del diritto di cronaca giudiziaria può essere invocata in casi di affidamento
del giornalista su quanto riferito dalle sue fonti informative,non solo se abbia
provveduto comunque a verificare i fatti narrati ma abbia altresì offerto la prova della
cura posta negli accertamenti svolti per stabilire la veridicità dei fatti).
Tale carenza del dovuto controllo era evidentemente rilevabile da parte del direttore
del quotidiano.
In conclusione deve rilevarsi la manifesta infondatezza dei motivi di gravame che
tendono a prospettare per gli imputati la diversa interpretazione delle risultanze
processuali,onde va dichiarata l’inammissibilità del ricorso,che preclude la
declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.
– Consegue,per legge,la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di €1.000,00 a favore della cassa delle
Ammende,nonché alla rifusione,in solido,delle spese sostenute dalle costituite parti
civili,che vengono liquidate in complessivi €3.000,00,oltre accessori di legge.
4

stabilisce che in tema di diffamazione a mezzo stampa,la pubblicazione della rettifica

PQM

spese processuali e della somma di €1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende,e
in solido alla refusione delle spese sostenute dalle parti civili,liquidate in complessivi
€3.000,00,oltre accessori di legge.

Roma,deciso in data 4 ottobre 2013.

Il Consigliere relatore
IL -ff.iÉSIDENT

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti ciascuno al pagamento delle

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