Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5585 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5585 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RAIMO SALVATORE N. IL 04/09/1963
avverso la sentenza n. 5080/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
21/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Procuratore Generale in personadel Dott.
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che ha concluso per /
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2 e1,!)
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Uditoypér la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. P,

ti.

A,

Data Udienza: 03/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza del 21-5-2012 la Corte d’Appello di Milano, confermando quella del tribunale
della stessa sede in data 27-2-20038, ribadiva l’affermazione di responsabilità di Salvatore
RAIMO, quale amministratore di fatto della Smile s.a.s. di Italo Marini, dichiarata fallita il 28-22002, per i reati di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione di scritture contabili
della società e di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione di beni aziendali (arredi e

1.1 I giudici di merito ancoravano la conclusione del ruolo dell’imputato di gestore di fatto della
società alle convergenti testimonianze di più soggetti e al rilievo logico che, esercitando
abusivamente il Raimo la professione di medico dentista, era verosimile che avesse voluto
avere il controllo dell’amministrazione dello studio dentistico da lui gestito in proprio, ritenendo
tale conclusione avvalorata dalla circostanza che egli in ben due occasioni avesse violato i sigilli
apposti dalla pubblica autorità ai locali dello studio onde sottrarre gli arredi e le attrezzature
alle pretese dei creditori, trasferendoli in un immobile vicino dove aveva proseguito
nell’abusiva attività di dentista.
1.2 Sul fronte della bancarotta documentale concludevano nel senso della mancanza, nella
migliore delle ipotesi, di almeno due annualità della contabilità, mancanza ritenuta non casuale
posto che, per quanto la società fosse in liquidazione dal 1998, due anni dopo lo studio
dentistico era risultato, ad un controllo della guardia di finanza, in piena attività, con la
conseguenza che l’argomento logico, utilizzato dalla difesa, per cui la presenza della madre
nella compagine sociale imponeva all’imputato la massima cautela nella tenuta della
contabilità, si rivelava privo di pregio.
2. Ricorre personalmente l’imputato deducendo inosservanza o erronea applicazione della
legge penale in ordine alla sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo della bancarotta
per distrazione; motivazione apparente; violazione di norme stabilite a pena di inutilizzabilità
con riferimento all’annotazione di servizio della GdF 30-10-2003 all’acquisizione della quale la
difesa non aveva prestato il consenso, e conseguente inutilizzabilità delle dichiarazioni del
curatore fallimentare relative al contenuto di tale annotazione, nonché comunque di quelle de
relato del medesimo curatore; violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio; vizio
di motivazione in relazione alle dichiarazioni testimoniali e al verbale di perquisizione e
sequestro 29-6-2000 della GdF.
2.1 In ordine alla bancarotta documentale, il ricorrente osservava che la corte territoriale
aveva omesso totalmente l’esame circa la sussistenza del dolo specifico. Il tribunale di Milano,
ritenendo che, a voler valorizzare l’oggetto del sequestro 29-6-2000 della GdF, la contabilità
fosse mancante quanto meno dal 29-6-2000 al 12-5-2001, periodo in cui la società era stata
operativa senza che fosse reperita alcuna documentazione, aveva in tal modo trascurato che il
verbale del predetto sequestro dava atto del ritrovamento di documentazione contabile sicché
il periodo di contabilità mancante, stante anche l’inutilizzabilità dell’annotazione di servizio GdF
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attrezzature odontoiatriche) oggetto di locazione finanziaria.

30-10-2003, si limiterebbe, secondo il ricorrente, a quello dal giugno 2000 al dicembre 2001,
senza che peraltro la sentenza avesse indicato le ragioni della ritenuta volontarietà
dell’occultamento piuttosto che di una condotta negligente, tale da integrare bancarotta
documentale semplice.
2.2 Inoltre la corte milanese, recependo implicitamente la sentenza di primo grado, ne aveva
confermato il travisamento consistito nel ritenere che Raimo avesse riconosciuto di essere
stato lui a consegnare al Marini, amministratore di diritto, le chiavi di un’autovettura intestata

2.3 Le dichiarazioni del curatore erano ritenute inutilizzabili ex art. 195 codice di rito in quanto
de relato.
2.4 Ancora: la corte territoriale, senza rispondere alle doglianze formulate con l’appello, si era
limitata, sempre secondo il ricorrente, a valorizzare contraddizioni ed incertezze presenti
nell’esame del Raimo, peraltro superate dalla testimonianza Zito (assistente alla poltrona), e
addirittura il tono delle risposte dell’imputato senza argomentare in ordine alla presenza
dell’elemento soggettivo tanto della bancarotta patrimoniale che di quella documentale.
2.5 II ricorrente lamentava inoltre la genericità del richiamo in sentenza a ‘convergenti
testimonianze di più soggetti’ senza specifica menzione degli stessi, nonché la valutazione
frazionata delle risultanze probatorie (testimonianza Nula) in contrasto con il principio
giurisprudenziale che vieta la valutazione frazionata delle dichiarazioni della p.o. riferibili ad un
unico episodio, principio applicabile anche al testimone e all’imputato di reato connesso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va disatteso.
2. Le plurime e frammentarie censure prospettate con i motivi del gravame non intaccano
il cuore della decisione.
3. Infatti, per quanto attiene alla bancarotta patrimoniale, mentre la sussistenza
dell’elemento

materiale,

rappresentato dalla

distrazione delle attrezzature

odontoiatriche, trasferite in altro immobile dove il Raimo aveva proseguito in proprio
l’abusiva attività di dentista, non è oggetto di specifica contestazione, la questione della
ricorrenza del dolo non solo risulta sollevata per la prima volta in questa sede, ma è
comunque priva di qualunque fondamento non essendo contestabile la coscienza e
volontà del prevenuto della distrazione di cui sopra, che, sotto la giustificazione
dell’esigenza di sottrarre quei beni ad azioni esecutive individuali, li sottraeva alla
garanzia dell’intero ceto creditorio della società.
4. Infondata è poi la censura di omessa motivazione circa la sussistenza del dolo specifico
della bancarotta documentale.
5. Invero, ad avvalorare l’esistenza del fine di procurarsi un ingiusto profitto e di recare
pregiudizio ai creditori, la sentenza di secondo grado ha ben evidenziato come la
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alla Smile e dell’appartamento sede dello studio.

mancanza di almeno due annualità di contabilità non fosse casuale in un contesto che,
nonostante la sottoposizione della società a liquidazione dal 1998, risultava ancora
caratterizzato, due anni dopo, come accertato dalla Guardia di Finanza, dalla
prosecuzione dell’abusiva attività di dentista da parte del Raimo, il quale, in seguito,
avrebbe perfino violato i sigilli sempre per continuare quell’attività pur in assenza di
titolo abilitativo. Condotta la cui spregiudicatezza era con ragione ritenuta idonea a
neutralizzare l’argomento difensivo di carattere logico secondo il quale la presenza nella

cautela.
6. Al riguardo va pure ricordato che la sentenza di primo grado, la cui motivazione, in caso
di c.d. doppia conforme, integra quella di secondo grado, non ha mancato di valorizzare
l’elemento rappresentato dall’ammissione da parte del Raimo di essere stato lui a
consegnare al Marini, liquidatore fittizio della società, le chiavi dell’autovettura della
società e dell’appartamento sito in Corsico via Ugo Foscolo 52 affinché le consegnasse
al curatore, così dimostrando di ben conoscere l’esistenza della procedura fallimentare e
nel contempo svelando, grazie all’omessa consegna delle scritture contabili, l’intento di
sviare da sé i sospetti e di assicurarsi l’impunità continuando a godere dei beni sociali
che aveva trasferito in altro luogo per proseguire l’attività di dentista in proprio.
Condotta con ragione ritenuta non contrassegnata da mera negligenza, bensì finalizzata
al conseguimento di un ingiusto profitto e al pregiudizio delle ragioni creditorie.
7. Tardiva e comunque infondata è la censura di travisamento delle dichiarazioni del
Raimo circa l’ammissione di essere stato lui a consegnare al Marini le chiavi di cui
sopra. Da un lato nell’appello, per come sintetizzato nella decisione impugnata, tale
censura non era stata dedotta, essendosi genericamente sostenuto che l’imputato
aveva ignorato per lungo tempo la dichiarazione di fallimento, dall’altro detta censura,
lungi dall’investire una palese ed incontrovertibile difformità tra i risultati
obiettivamente derivanti dall’assunzione della prova e quelli che il giudice di merito ne
ha tratto (Cass. 37756/2011, Rv. 251467), si risolve in una critica all’interpretazione da
parte dei giudici di merito, esente da manifeste illogicità, dell’esame dibattimentale del
Raimo, come risulta dalla lettura delle pagine 93 e 94 di tale esame allegato al ricorso.
8. Priva di serio spessore è poi la considerazione del ricorrente secondo la quale il
tribunale di Milano, ritenendo che, a valorizzare l’oggetto del sequestro 29-6-2000 della
Guardia di Finanza, la contabilità fosse mancante quanto meno dal 29-6-2000 al 12-52001, avrebbe trascurato che il predetto verbale dava atto del ritrovamento di
documentazione contabile sicché il periodo di carenza di scritture contabili si sarebbe
limitato a quello dal giugno 2000 al dicembre 2001. Da un lato, infatti, il ricorrente
indica un periodo perfino più esteso di quello indicato dal tribunale, dall’altro trascura
illogicamente che la documentazione reperita in sede di sequestro, peraltro limitata a
bollettari di ricevute sanitarie in parte in bianco, ad un registro sanitario di prima nota
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compagine sociale della madre dell’imputato avrebbe indotto costui a particolare

manualmente scritturato e ad alcune fatture, non poteva che riferirsi ad epoca
precedente al giugno 2000.
9. La censura di inutilizzabilità dell’annotazione di servizio della Guardia di Finanza in data
30-10-2003, allegata al ricorso, è aspecifica non essendo accompagnata dall’indicazione
della rilevanza di tale annotazione, che, se ravvisata nella dichiarazione del curatore, ivi
riportata, di non aver ottenuto alcuna documentazione contabile, è comunque superata
dalle precisazioni contenute nelle sentenze di merito circa l’acquisizione di parte della

10. Del pari generica l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni del curatore perché de
relato, non accompagnata dalla individuazione delle parti ritenute inutilizzabili e delle

ragioni dell’inutilizzabilità.
11.La circostanza che la corte milanese abbia valorizzato le contraddizioni ed incertezze
presenti nell’esame del Raimo, e addirittura il tono delle risposte dell’imputato, non
implica poi, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, e alla stregua di quanto già
sopra osservato, mancanza di motivazione in ordine alla presenza dell’elemento
soggettivo tanto della bancarotta patrimoniale che di quella documentale, né omesso
esame delle doglianze formulate con l’appello.
12. Non ha maggior pregio la censura di genericità del richiamo operato dalla sentenza, a
sostegno della qualità del Raimo di dominus della società, a ‘convergenti testimonianze
di più soggetti’ senza specifica menzione degli stessi, ricavandosi dalla lettura congiunta
delle sentenze di primo e secondo grado l’identità dei testi in questione, ed essendo
inoltre il richiamo accompagnato da ulteriori considerazioni, anche di ordine logico, a
sostegno della conclusione che l’imputato era il gestore di fatto della società.
13.Aspecifica è, da ultimo, la censura di valutazione frazionata della testimonianza Nula,
fondata sull’asserito contrasto con il principio giurisprudenziale relativo alla valutazione
delle dichiarazioni della persona offesa, ma non accompagnata dalla specificazione delle
parti della testimonianza cui la doglianza si riferisce e delle ragioni della stessa.
14.AI rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 3-10-2013

DEPOSITATA I CANCELLERIA

contabilità.

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