Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5581 del 30/09/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 5581 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA
sui ricorsi presentati nell’interesse di

Righi Edmondo, nato a Sant’Arcangelo di Romagna il 07/09/1947

Infantolino Antonio, nato a Locri il 01/10/1959

avverso la sentenza emessa il 30/09/2011 dalla Corte di appello di Bologna

visti gli atti, la sentenza impugnata ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa
Elisabetta Cesqui, che ha concluso chiedendo l’annullamento delle sentenze di
primo e di secondo grado, con restituzione degli atti al primo giudice;
udito per il Righi l’Avv. Alessandro Totti, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso, e l’annullamento della sentenza impugnata;
udito per l’Infantolino l’Avv. Luigi Franza, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso, e l’annullamento della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 30/09/2013

Il difensore di Edmondo Righi ed Antonio Infantolino propone distinti ricorsi
(ma di contenuto sovrapponibile) nell’interesse dei propri assistiti, avverso la
pronuncia indicata in epigrafe, recante la parziale riforma della sentenza emessa
il 17/03/2000 dal Tribunale di Forlì nei confronti dei suddetti imputati. In primo
grado, il Righi e l’Infantolino erano stati condannati alla pena di anni 4 di
reclusione ciascuno per delitti di bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice
correlati alla gestione della “Carini Alimentari e Diversi” s.a.s., di cui si
assumevano essere stati amministratori di fatto; la Corte territoriale dichiarava

prescrizione (risalendo la dichiarazione di fallimento all’aprile 1993),
confermando nel resto la sentenza impugnata e rideterminando il trattamento
sanzionatorio in anni 3 e mesi 6 di reclusione per ciascuno degli imputati.
In motivazione, i giudici di appello disattendevano la questione di nullità
sollevata dalla difesa ex art. 525 del codice di rito in relazione al mutamento del
collegio giudicante del Tribunale di Forlì nel corso del dibattimento; osservavano
infatti che «il primo mutamento di collegio (31/03/1999) si ebbe quando
nessuna attività significativa dal punto di vista probatorio era stata compiuta,
mentre a partire dal successivo mutamento (udienze 21/01/2000 e 17/03/2000)
si dà atto che trattasi di prosecuzione delle udienze precedenti senza alcun
rilievo delle parti, e ciò sino al momento della decisione a seguito della
medesima udienza 17/03/2000: sicché si deve ritenere vi sia stata sostanziale
acquiescenza delle stesse parti, che non hanno formulato eccezione od obiezione
alcuna, all’utilizzabilità degli atti assunti dal collegio in diversa composizione, e il
principio di immutabilità del giudice non risulta violato».
Il difensore dei ricorrenti

– come pure l’Infantolino personalmente,

presentando un ulteriore ricorso a sua volta identico a quello sottoscritto dal
proprio avvocato – lamenta violazione dell’art. 525, comma 2, in relazione
all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Viene rilevato che:
il nuovo collegio non aveva comunque proceduto a lettura delle attività
preg resse;

la difesa degli imputati non aveva prestato alcun consenso, né era stata
posta in condizione di esprimersi sul punto «dal momento che non aveva
potuto percepire il mutamento della composizione collegiale data la
distanza temporale tra le udienze»;

risulta comunque violato il principio della immutabilità del giudice,
imponendosi in caso di mutamento dei componenti dell’organo giudicante
«la rinnovazione integrale del dibattimento con la ripetizione di tutta la

2

non doversi procedere quanto al reato ex art. 217 legge fall., per intervenuta

sequenza procedimentale prevista dal codice di rito», con espressa
previsione della sanzione della nullità assoluta.
Si sollecita pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, o comunque
la declaratoria di estinzione del reato di bancarotta fraudolenta, perché a sua
volta prescritto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Sul problema del mutamento del collegio durante il processo di primo
grado, va innanzi tutto ricordato l’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte,
secondo cui «nel caso di rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento
della persona del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale,
la testimonianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la decisione
mediante semplice lettura, senza ripetere l’esame del dichiarante, quando questo
possa avere luogo e sia stato richiesto da una delle parti» (Cass., Sez. U, n. 2
del 15/01/1999, Iannasso, Rv 212395). Già in quella occasione, peraltro, si era
precisato che qualora, nel corso del dibattimento rinnovato a causa del
mutamento del giudice, nessuna delle parti riproponga la richiesta di ammissione
della prova assunta in precedenza, il giudice può di ufficio disporre la lettura
delle dichiarazioni raccolte nel contraddittorio delle parti e inserite
legittimamente nel fascicolo degli atti processuali.
Pacifica è altresì l’interpretazione giurisprudenziale nel senso che «non
sussiste la nullità della sentenza per violazione del principio di immutabilità del
giudice qualora, successivamente al provvedimento di ammissione delle prove
ma prima dell’inizio dell’istruttoria dibattimentale, muti l’organo giudicante, in
assenza di obiezione o esplicita richiesta delle parti di rivisitazione dell’ordinanza
ex art. 495 cod. proc. pen.» (Cass., Sez. VI, n. 43005 del 03/04/2012, P., Rv
253789).
1.2 Nella fattispecie concreta, secondo la ricostruzione offerta nell’interesse
degli imputati, vi sarebbe stata il 31/03/1999 l’escussione di ben sette testimoni
dopo un primo mutamento del collegio, mentre il 17/03/2000, con il Tribunale
nuovamente modificato nella sua composizione, si sarebbe dato corso all’esame
di ulteriori cinque testimoni.
In realtà, esaminando il carteggio processuale, si rileva che il primo collegio
era costituito dai giudici Maffuccini, Montagni e Barbato, senza però lo
svolgimento di concrete attività in occasione di due udienze di mero rinvio; vero
è che il 31/03/1999 i magistrati erano cambiati per due terzi (presidente ancora
Maffuccini, giudici a latere Ghedini e Monaldi) e che furono assunte sette

3

1. I ricorsi non possono trovare accoglimento.

testimonianze, ma si trattò di attività processuale niente affatto viziata, atteso
che dette testimonianze furono le prime in assoluto, dopo che quello stesso
nuovo collegio aveva provveduto sulle questioni preliminari e sull’ammissione
delle richieste istruttorie delle parti.
L’udienza del 21/05/1999 si risolse poi in un nulla di fatto, stante la
dichiarazione di astensione del difensore, in adesione ad una iniziativa di
categoria. Il 21/01/2000, con il collegio composto dai giudici Maffuccini, Monaldi
e Carlini, si ebbe un nuovo rinvio; il 17/03/2000, ancora con il Dott. Marco

soggetti, due dei quali ex art. 210 del codice di rito. A quel punto, senza che
nessuno risulti avere sollevato il problema del mutamento del collegio, né
l’adozione di provvedimenti formali – non desumibili neppure dalla parte
prestampata del modello utilizzato per redigere il verbale di udienza – circa la
lettura o l’indicazione degli atti utilizzabili ai fini della decisione, si svolse la
discussione.
1.3 Non avendo, né la difesa né gli imputati personalmente, proposto
questioni in ordine alla differente composizione del collegio giudicante, è
necessario rilevare che «nel caso di rinnovazione del dibattimento per
mutamento della composizione del giudice collegiale, le dichiarazioni acquisite
nella precedente fase dibattimentale possono essere utilizzate per la decisione,
mediante la semplice lettura, a condizione che vi sia il consenso delle parti,
consenso che non deve essere espresso necessariamente in modo formale, ma
che può risultare anche da comportamenti concreti» (Cass., Sez. I, n. 17804 del
07/12/2001, Graviano, Rv 221694). Tale orientamento risulta costantemente
ribadito, pure con recenti pronunce dove si è affermato che «il consenso delle
parti all’acquisizione mediante lettura delle dichiarazioni dibattimentali rese nello
stesso procedimento dinnanzi al giudice in diversa composizione può essere
manifestato anche attraverso comportamenti di acquiescenza» (Cass., Sez. I, n.
18308 del 14/01/2011, Bellarosa, Rv 250220).
Le sentenze evocate dai ricorrenti per ricavarne elementi di conforto alla
diversa tesi secondo cui il principio dell’immutabilità del giudice non
ammetterebbe limitazioni o temperamenti di sorta, in realtà, non assumono nel
caso di specie alcuna rilevanza concreta.
La prima riguarda infatti una fattispecie in cui la difesa aveva pur sempre
chiesto la rinnovazione degli atti già assunti, non prestando il consenso a che
venissero utilizzati per il solo (comunque legittimo) inserimento degli stessi nel
fascicolo per il dibattimento; non a caso, la massima ufficiale è relativa ad un
problema peculiare e logicamente conseguente, secondo cui «nel caso di
rinnovazione del dibattimento per mutamento della composizione del giudice, la

4

Carlini in luogo della Dott.ssa Anna Ghedini, intervenne l’escussione di cinque

parte che si sia opposta alla lettura delle dichiarazioni in precedenza rese dai
testimoni ammessi su richiesta della controparte non può essere onerata della
nuova citazione degli stessi, poiché il relativo onere continua a gravare
unicamente sulla parte che aveva originariamente richiesto l’ammissione»
(Cass., Sez. II, n. 11542 dell’08/02/2011, D’Asaro, Rv 249629).
La seconda – Cass., Sez. V, n. 8820 del 30/11/2010, Romeo (nei ricorsi si
menziona la data del deposito) – offre semmai alimento alla tesi opposta a
quella sostenuta dai ricorrenti. Nell’interesse del Righi e dell’Infantolino si

enunciazione dei principi generali, laddove si sostiene che l’art. 525 cod. proc.
pen. prevede senz’altro la immutabilità del giudice, ergo

in ossequio ai principi

di oralità ed immediatezza – il giudice che raccolga le prove deve coincidere con
quello che adotta la decisione, con nullità assoluta della sentenza in caso di
mancata osservanza; nel contempo, però, si omette di precisare che in quella
vicenda non si era registrato alcun dissenso delle parti alla lettura o alla
indicazione degli atti utilizzabili ai fini della decisione.
Infatti, la motivazione della pronuncia prosegue rilevando che «la
giurisprudenza e parte della dottrina hanno osservato che gli atti assunti nella
fase precedente al mutamento del giudice e riportati in apposito verbale entrano
a fare parte legittimamente del fascicolo del dibattimento […]; ed ancora con
maggiore precisione è stato chiarito che siffatte dichiarazioni, che sono state
assunte nel contraddittorio delle parti, debbono essere trattate alla stregua di
quelle rese nell’incidente probatorio […]. Orbene, trattandosi di atti
legittimamente acquisiti al fascicolo per il dibattimento […], non vi è dubbio che
gli stessi siano utilizzabili ai fini della decisione attraverso la lettura degli atti
prevista dall’art. 511 cod. proc. pen. Nel corso del dibattimento rinnovato a
causa del mutamento del giudice, questi può utilizzare i verbali di dichiarazioni
anche di ufficio se le parti non abbiano esercitato la facoltà di nuova richiesta di
prove; ciò proprio perché si tratta di dichiarazioni raccolte nel contraddittorio
delle parti ed inserite legittimamente negli atti dibattimentali. La lettura dei
verbali di dichiarazioni è consentita, però, soltanto dopo l’esame della persona
che le ha rese, a meno che l’esame non abbia luogo. Tale inciso dell’art. 511
cod. proc. pen., comma 2 (“a meno che l’esame non abbia luogo”), è privo di
specificazioni, cosicché postula soltanto che l’esame non si compia o per volontà
delle parti, espressamente manifestata ovvero implicita nella mancata richiesta
di riaudizione del dichiarante, o per sopravvenuta impossibilità della riaudizione
[…]. Da quanto detto si deve trarre il principio secondo cui, in caso di
mutamento del giudice, l’art. 525 cod. proc. pen. non impone necessariamente il
riesame delle persone già esaminate dal precedente giudice quale condizione di

5

riportano, a ben guardare, solo alcuni passi della motivazione, relativi alla mera

utilizzabilità nel nuovo giudizio.

Il riesame sarà, invero, necessario quando

possa aver luogo e vi sia esplicita richiesta della parte di riassunzione della
prova. Del resto la giurisprudenza anche più recente ha ribadito i principi
enunciati dalla sentenza Iannasso chiarendo, in particolare, che il consenso delle
parti alla lettura delle dichiarazioni rese non deve essere espresso
necessariamente in modo formale, ma può risultare anche da comportamenti
concreti […] e sottolineando che la mancanza di una iniziativa di parte che
rappresenti il dissenso o la non perfetta condivisione o anche l’opportunità di una

equivale a consenso espresso […]. La interpretazione letterale delle norme in
esame e quella logico – sistematica, che tiene conto del ruolo attivo assegnato
alle parti nel vigente processo penale, consentono conclusivamente di
riaffermare il principio che non sussiste la nullità della sentenza quando le prove
acquisite da un collegio siano valutate da un collegio in composizione diversa
qualora le parti presenti non si siano opposte alla lettura degli atti del fascicolo
dibattimentale precedentemente assunti e non abbiano esplicitamente richiesto
la rinnovazione della istruttoria dibattimentale, in quanto, in tal caso, si deve
intendere che esse abbiano prestato consenso, sia pure implicitamente, agli atti
suddetti».
L’opportuno richiamo al ruolo attivo di cui le parti sono comunque onerate
nella dinamica del processo penale esclude di riconoscere spessore alla dedotta
impossibilità (per il Righi, l’Infantolino e/o per il loro difensore) di rendersi
immediatamente conto dell’avvenuta modificazione del collegio: peraltro, non va
trascurato che nel caso oggi in esame il Tribunale si trovava nella composizione
finale già all’udienza precedente a quella in cui intervenne la discussione, per
quanto di mero rinvio, oltre a doversi considerare l’evidenza della sostituzione di
un giudice donna (la Dott.ssa Ghedini) con un collega di sesso maschile (il Dott.
Carlini).
1.4 A proposito della circostanza che non risulta comunque essere stata data
lettura degli atti ex art. 511 del codice di rito, in particolare con riguardo a quelli
che erano stati assunti dal Tribunale (in diversa composizione) all’udienza del
31/03/1999, questa Corte ritiene doveroso ribadire che «la violazione
dell’obbligo previsto dall’art. 511 cod. proc. pen. di dare lettura degli atti
contenuti nel fascicolo per il dibattimento, ovvero di indicare quelli utilizzabili ai
fini della decisione, non può essere considerata come causa di nullità, non
essendo essa specificamente sanzionata in tal senso, né apparendo inquadrabile
in alcuna della cause generali di nullità previste dall’art. 178 cod. proc. pen.; tale
violazione, inoltre, neppure può dare luogo ad inutilizzabilità, ai sensi dell’art.
191 cod. proc. pen., degli atti di cui è stata omessa la lettura o l’indicazione, non

6

rivisitazione della precedente fase – e dunque il tacito implicito consenso –

incidendo essa sulla legittimità dell’acquisizione delle prove documentate nei
menzionati atti e facendosi, d’altra parte, riferimento sia nell’art. 191 che
nell’art. 526 cod. proc. pen. al solo concetto di acquisizione e, quindi, ad
un’attività che, logicamente e cronologicamente, si distingue, precedendola, da
quella di lettura od indicazione degli atti inseriti nel fascicolo del dibattimento»
(Cass., Sez. I, n. 38306 del 04/10/2005, Safsaf, Rv 232443).
Ergo,

un provvedimento formale attestante la lettura o la semplice

indicazione degli atti utilizzabili ai fini della decisione non può intendersi

sanzionata; e deve ritenersi che le parti, nel momento in cui il presidente del
collegio giudicante diede la parola al P.M. per la discussione, de facto esaurendo
l’attività di assunzione delle prove, prestarono acquiescenza alla utilizzazione di
tutti gli atti legittimamente acquisiti al fascicolo processuale.
1.5 Deve infine escludersi che per gli addebiti de quibus sia maturata la
prescrizione, come sostenuto dai ricorrenti in via subordinata. Trovano infatti
applicazione, in ragione del tempus commissi delicti e della data di emissione
della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 251 del 2005, i
termini stabiliti dall’art. 157 cod. pen. prima della novella ora ricordata: termini
che, nella misura massima, sono pari a 22 anni e 6 mesi, venendo perciò a
maturare non prima del 22/10/2015. Nella fattispecie concreta non vi sono
peraltro problemi di giudizio di comparazione fra circostanze di segno contrario,
suscettibili di incidere sulla causa di estinzione del reato qui in esame, essendo
state le attenuanti generiche già motivatamente escluse in primo grado, senza
successive impugnazioni sul punto.
2. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna di entrambi gli imputati
ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P. Q. M.
Rigetta i ricorsi, e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 30/09/2013.

prescritto a pena di nullità, né il difetto di una ordinanza ad hoc risulta altrimenti

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA