Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5578 del 26/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5578 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Campesi Roberto, nato a Palermo il 27/02/1959

avverso la sentenza del 18/10/2012 della Corte d’Appello di Palermo

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Volpe, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di
Palermo del 09/07/2009, con la quale Roberto Campesi era ritenuto responsabile
del reato continuato di cui all’art. 612 cod. pen., commesso in Palermo il
22/09/2004 in danno Corrado Caronna e Fiammetta Caronna, vicini e proprietari
dell’abitazione occupata dal Campesi, rivolgendo loro le espressioni «vi ammazzo
1

)

Data Udienza: 26/09/2013

con le mie mani ora che sono guarite, ti scanno come un cane», e condannato
alla pena di mesi sei di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della
parte civile Corrado Caronna.
L’imputato ricorre sull’affermazione di responsabilità e deduce mancanza di
motivazione in ordine all’effettiva portata intimidatoria delle frasi contestate, in
quanto inserite in un rapporto conflittuale fra l’imputato e i Caronna,
caratterizzato da reciproche offese, ed alla ravvisabilità delle scriminanti di cui
all’art. 599 cod. pen., anche in considerazione dell’aver i Caronna dato inizio al

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Manifestamente infondata è la censura relativa alla mancata applicazione
delle scriminanti di cui all’art. 599 cod. pen., previste per reati diversi da quello
contestato. E per il reato il ricorso è generico a fronte di una motivazione della
sentenza impugnata che, anche attraverso il richiamo alla decisione di primo
grado, affrontava specificamente il tema della peraltro evidente portata offensiva
intrinseca delle espressioni contestate, con le quali veniva prospettato un danno
fisico in termini tanto verosimili da indurre le parti offese a denunciare
immediatamente l’accaduto in quanto effettivamente intimorite.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della
Cassa delle Ammende che, valutata l’entità della vicenda processuale, appare
equo determinare in €.1.000.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di €.1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 26/09/2013

Il Consigliere ergtensore

Il Presidente

litigio nel corso del quale si collocava la condotta contestata.

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