Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5577 del 26/09/2013
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5577 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: ZAZA CARLO
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Basile Antonino, nato
a Fiumedinisi il 29/05/1956
avverso la sentenza del 25/05/2012 del Tribunale di Messina
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Volpe, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Giudice di
pace di Alì Terme del 12/07/2011, con la quale Antonino Basile era ritenuto
responsabile del reato di cui all’art. 612 cod. pen. commesso in Roccalumera il
16/06/2008 in danno di Salvatore Silvestro rivolgendogli l’espressione «se
continui ancora e mi fai chiamare da qualcuno ti tolgo il cazzo e te lo infilo in
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Data Udienza: 26/09/2013
bocca», e condannato alla pena di C. 40 di multa, oltre al risarcimento dei danni
in favore della parte civile.
L’imputato ricorre sull’affermazione di responsabilità e deduce mancanza di
motivazione in ordine all’ammissione della persona offesa di essersi recato più
volte dal Basile per recuperare una somma prestata al nipote Filippo Di Bella, da
ultimo dicendogli di ritenerlo obbligato nei suoi confronti in quanto prestanome
del Di Bella, solo per esercitare una pressione su quest’ultimo, circostanza che
legittimava la reazione dell’imputato ed escludeva che la stessa avesse
prosecuzione di un comportamento vessatorio nei confronti dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
La figura della minaccia condizionata non punibile, evocata dal ricorrente,
ricorre allorché il soggetto attivo agisca non con l’intento perS di limitare la libertà
morale della vittima, ma al solo scopo di prevenire un’azione illecita di
quest’ultimo, rappresentandogli quale reazione deriverebbe dalla prosecuzione
del suo comportamento (Sez. 5, n. 3186 del 04/03/1997, Galatei, Rv. 207811;
Sez. 5, n. 29390 del 04/05/2007, Montorsi, Rv. 237436). Fra i presupposti di
tale fattispecie vi sono dunque una condotta illecita del soggetto passivo e, quale
requisito implicito ma evidente, un rapporto di proporzione fra quest’ultima e la
reazione prospettata, che ne giustifichi la rappresentazione in quanto
strettamente funzionale alla dissuasione della controparte dal proprio
atteggiamento.
Orbene, nessuno di tali presupposti sussiste nella situazione della quale il
ricorrente lamenta il mancato esame, per come lo stesso ricorso la descrive.
Nessun carattere di illiceità è in primo luogo ravvisabile nell’essersi il
Silvestro rivolto per il recupero del proprio credito al Basile, nel momento in cui
quest’ultimo, come si dà atto nella sentenza impugnata senza che il punto sia
oggetto di contestazione da parte del ricorrente, era giratario degli assegni con i
quali era stato erogato il prestito in favore del Di Bella; nè l’insistente
reiterazione di contatti con il Basile a tale scopo vale di per sé a far assumere al
comportamento del Silvestro le pretese connotazioni illecite.
In secondo luogo, tale insistenza non giustifica comunque il ricorso,
assolutamente sproporzionato, alla minaccia di gravi conseguenze fisiche quali
quelle oggetto della condotta contestata, tale da poter essere astrattamente
ricondotta alla più grave ipotesi della violenza privata tentata.
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contenuto intimidatorio, in quanto espressa in forma condizionata alla
e
Il dedotto vizio di carenza motivazionale è pertanto insussistente in quanto
riferito ad aspetti in concreto irrilevanti rispetto alla configurabilità del reato
contestato. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Così deciso in Roma il 26/09/2013
Il Consiglierefit„stensore
Il Presidente
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.