Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5573 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 5573 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: CONTI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Ahmetovic Keoma, nato a Roma il 03/01/1977

avverso la ordinanza del 18/11/2013 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, la ordinanza denunziata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Conti;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Eugenio
Selvaggi, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Mario Fortunato, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Milano rigettava
l’istanza proposta da Keoma Ahmetovic diretta alla revoca della misura della
custodia cautelare in carcere applicatagli nell’ambito del procedimento sorto a

Data Udienza: 09/01/2014

seguito di mandato di arresto europeo emesso nei suoi confronti dall’a.g. tedesca
in data 19 settembre 2011.
Rilevava la Corte di appello che il MAE era riferito alla esecuzione di una
pena definitiva a seguito di una sentenza irrevocabile di condanna, ipotesi che a
norma dell’art. 18, comma 1, lett. o) della legge n. 69 del 2005, rendeva
irrilevante che per lo stesso fatto fosse configurabile la giurisdizione italiana.

2. Ricorre per cassazione l’Ahmetovic, a mezzo del difensore avv. Mario

e p) della legge n. 69 del 2005, osservando che la prima ipotesi ha a
presupposto il fatto che penda in Italia un procedimento per lo stesso fatto,
situazione non ricorrente nel caso in esame, mentre la seconda ipotesi, che è
quella applicabile nel caso in esame, vieta la consegna ove per il fatto-reato
oggetto della richiesta di consegna sussista la giurisdizione italiana, e ciò anche
qualora per il fatto nel Paese di emissione si sia già formato un giudicato.

3.

Il ricorso è inammissibile per assoluta carenza di indicazione degli

elementi, risultanti dagli atti, su cui si fonderebbe la dedotta causa di rifiuto della
consegna di cui alla lett. p) dell’art. 18, comma 1, legge 22 aprile 2005. n. 69.
In realtà il ricorrente ha anticipato alla sede cautelare un profilo che più
propriamente avrebbe dovuto essere dedotto avverso il provvedimento di
consegna emesso dalla Corte di appello.
Non vi è dubbio che, ove la ragione di rifiuto risultasse dalla documentazione
a corredo degli atti e fosse incontrovertibile, essa ben potrebbe essere addotta
per conseguire, sia pure in via meramente incidentale, la liberazione del
consegnando. Ma, da un lato, come si è detto, vi è nel ricorso una radicale
carenza di dati informativi a sostegno delle ragioni addotte, dall’altro il
provvedimento impugnato, basato com’è sul mero profilo in jure, non consente,
nella assoluta carenza di elementi documentali, di apprezzare la fondatezza del
presupposto di fatto su cui fondano le ragioni del ricorrente.

4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si ritiene equo determinare in
euro mille.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. cod. proc. pen.

Fortunato, che con un unico motivo denuncia la violazione dell’art. 18, lettere o)

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle
ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 09/01/2014

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