Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5563 del 16/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5563 Anno 2014
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
LAZAR Ioan Florin, nato in Romania il 9.4.1984;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna, in data 20.8.2013;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Massimo Galli, che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza del 22.7.2013, il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Bologna rigettò la richiesta di revoca della misura cautelare
della custodia in carcere e, in subordine, di concessione degli arresti
domiciliari, presentata da Lazar Ioan Florin, indagato per il delitto di
tentata rapina pluriaggravata, per avere tentato nottetempo, mediante
effrazione della porta di ingresso, di entrare nell’abitazione dei coniugi
Golinelli-Fontanelli.

Data Udienza: 16/01/2014

Avverso tale provvedimento l’indagato propose appello, ai sensi
dell’articolo 310 cod. proc. pen., ma il Tribunale di Bologna, con
ordinanza del 20.8.2013, respinse l’impugnazione.
Ricorre per cassazione personalmente l’indagato, deducendo
l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale, nonché la
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della sentenza

e la sostituzione con altra meno afflittiva, senza considerare
adeguatamente l’incensuratezza dell’indagato e il fatto che egli, prima
dell’arresto, svolgeva l’attività di muratore, che gli consentiva di vivere,
così rendendo improbabile la recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Invero, sulla misura cautelare applicata dal G.I.P., a seguito
dell’esaurimento dei rimedi impugnatori, è ormai disceso il c.d. giudicato
cautelare, il cui effetto preclusivo – com’è noto – viene meno soltanto in
presenza di un successivo, apprezzabile, mutamento del fatto. Ne
consegue che, in difetto di nuove acquisizioni probatorie che implichino
un mutamento della situazione di fatto sulla quale la decisione era
fondata, le questioni dedotte a sostegno di una richiesta di revoca
presentata dall’interessato restano precluse (Cass., Sez. 5, 09/01/2009
n. 17986 Rv. 243974; Sez. F, 24/08/2010 n. 35585 Rv. 248287).
Nel caso di specie, nessun nuovo fatto sopravvenuto ha allegato
l’indagato perché il Tribunale, adito con l’appello, potesse superare il
giudicato cautelare ed esaminare la possibilità della revoca o della
sostituzione della misura. Né il semplice decorso del tempo può
costituire, da solo, elemento di valutazione per l’attenuazione delle
esigenze cautelari, in mancanza della indicazione da parte dell’interessato
di diversi e ulteriori elementi valutativi (cfr. Cass., Sez. 6, 03/03/2000 n.
1108 Rv. 215850).
Non rimaneva, pertanto, al Tribunale che confermare l’ordinanza del
G.I.P. che rigettava le istanza di revoca e sostituzione della misura.

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impugnata per avere il Tribunale negato la revoca della misura cautelare

Peraltro, rileva la Corte come le censure mosse nel ricorso
costituiscano vere e proprie censure di merito, inammissibili in sede di
legittimità.
Il ricorrente, infatti, critica – sotto mentite spoglie – la valutazione
delle prove da parte dei giudici di merito e le conclusioni cui essi sono
pervenuti in ordine alle esigenze cautelari poste a base della misura. Va

esclusiva, all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito e non è
sindacabile in cassazione; a meno che ricorra una mancanza o una
manifesta illogicità della motivazione, ciò che – nel caso di specie – deve
però escludersi.
E infatti, i giudici di merito hanno chiarito, con dovizia di argomenti,
le ragioni della loro decisione (richiamando la natura del delitto
commesso e la spiccata capacità a delinquere dimostrata dall’imputato);
non si ritiene, peraltro – per ovvi motivi – di riportare qui integralmente
tutte le suddette argomentazioni, sembrando sufficiente al Collegio far
rilevare che le stesse non sono manifestamente illogiche; e che, anzi,
l’estensore dell’ordinanza ha esposto in modo ordinato e coerente le
ragioni che giustificano la decisione adottata, la quale perciò resiste alle
censure del ricorrente sul punto.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., il ricorrente va condannato
al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili
di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di euro
mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà
del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della
stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato
trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del
citato articolo 94.
P. Q. M.

3

ricordato, tuttavia, che la valutazione delle prove è riservata, in via

La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende. Si provveda a norma dell’articolo 94 disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione

Penale, addì 16 gennaio 2014.

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