Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5543 del 22/10/2013

Penale Sent. Sez. 2 Num. 5543 Anno 2014
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

surricors*propost&da:
A.A.

Data Udienza: 22/10/2013

1

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Roma, sezione riesame, con le ordinanze indicate
in epigrafe ha:

A) – rigettato l’appello presentato per conto dell’odierno ricorrente
contro l’ordinanza con la quale il G.I.P. del locale Tribunale, in data 15
gennaio 2013, aveva rigettato una istanza di revoca o sostituzione

plurimi reati dettagliatamente indicati nel provvedimento impugnato.
Con

l’appello,

l’indagato aveva,

in

particolare, dedotto:

a)

insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza; b) decorrenza dei termini
ex art. 297 c.p.p. in presenza di “contestazioni a catena” (in
riferimento a fatti oggetto della OCC 8 febbraio 2008); c) sussistenza
di condizioni di salute incompatibili con il regime carcerario;

B)

– rigettato altro appello presentato per conto dell’odierno

ricorrente contro l’ordinanza con la quale il G.I.P. del locale Tribunale,
4.2k-va._
in data 14 febbraio 2013, aveva rigettato arsp istanza di revoca o
sostituzione della misura della custodia in carcere applicata
all’indagato per i plurimi reati dettagliatamente indicati nel
provvedimento impugnato. Il provvedimento impugnato dava atto che,
nelle more, all’indagato era stata applicata la più tenue misura degli
arresti domiciliari presso una Casa di cura, ed era quindi cessata quanto al diniego di modifica – la materia del contendere, residuando
le doglianze inerenti al diniego di revoca.

2. Contro i predetti provvedimenti, l’indagato (in entrambi i casi
personalmente) ha proposto distinti ricorsi per cassazione, deducendo i
motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la
motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.:

A)
I – violazione di legge e contraddittorietà ed illogicità della
motivazione, lamentando contestualmente 1) l’omessa traduzione per
l’udienza camerale; 2) l’ingiustificata condanna al pagamento delle

della misura della custodia in carcere applicata all’indagato per i

2
spese processuali, avendo nelle more ottenuto la sostituzione della
misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari; 3)
la cessata permanenza delle esigenze cautelari in precedenza ritenute;

B)
I –

violazione di legge e contraddittorietà ed illogicità della

motivazione, lamentando contestualmente 1) l’omesso rinvio

comunicato due giorni prima dell’udienza camerale il proprio
impedimento a presenziare in quanto ricoverato; 2) l’inadeguatezza
della motivazione sul persistere delle esigenze cautelari; 3)
l’ingiustificata condanna al pagamento delle spese processuali, avendo
nelle more ottenuto la sostituzione della misura della custodia in
carcere con quella degli arresti domiciliari; 4) l’omessa declaratoria di
inefficacia della misura per decorrenza dei termini.

3. All’odierna udienza camerale, dopo il controllo della regolarità
degli avvisi di rito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e
questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato
mediante lettura in udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili per genericità e per manifesta
infondatezza.

1. Deve premettersi che si è imposta la trattazione e decisione
congiunta dei ricorsi per evidenti ragioni di connessione soggettiva ed
oggettiva.

2. Le doglianze riguardanti 1) l’omessa traduzione per l’udienza
camerale (primo ricorso), nonché 1) l’omesso rinvio dell’udienza
camerale nonostante il fatto che l’indagato avesse comunicato due
giorni prima dell’udienza camerale il proprio impedimento a
presenziare in quanto ricoverato (secondo ricorso), sono generiche e
manifestamente infondate.

2

dell’udienza camerale nonostante il fatto che l’indagato avesse

3
2.1. Nel procedimento innanzi al Tribunale del riesame, che si
svolge nelle forme della camera di consiglio, l’udienza è rinviata
quando, sussistendo un legittimo impedimento dell’indagato a
comparire, questi abbia manifestato la volontà di voler essere presente
all’udienza in camera di consiglio (come previsto dall’art. 599 c.p.p.,
che disciplina il procedimento di appello delle decisioni in camera di
consiglio), nonché la volontà di essere sentito personalmente (come

applicabile nel caso de quo) (Cass. pen., Sez. IV, sentenza n. 46504
del 22 ottobre 2003, CED Cass. n. 227373).
2.2. Nel caso di specie, l’indagato lamenta di aver comunicato di
non poter comparire in maniera estremamente confusa:
– nel ricorso relativo al proc. n. 132/13 R.G. Libertà incentra le sue
doglianze sulla trattazione dell’udienza camerale 22 aprile 2013;
– nel ricorso relativo al proc. n. 449/13 R.G. Libertà incentra le sue
doglianze sulla trattazione dell’udienza camerale 10 marzo 2013 (non
formalmente indicata, ma desumibile dall’affermazione di aver
comunicato “due giorni prima dell’udienza, ovvero il giorno 27 febbraio
2013 alle ore 9:50” di non poter presenziare in quanto ricoverato)
Peraltro i provvedimenti oggi impugnati sono stati entrambi emessi
all’esito dell’udienza camerale 16 maggio 2013, in relazione alla quale
nessun impedimento risultava dedotto, e nessuna doglianza risulta
formulata.

3. Le doglianze riguardanti 3) la cessata permanenza delle esigenze
cautelari in precedenza ritenute (primo ricorso), nonché 2)
l’inadeguatezza della motivazione sul persistere delle esigenze
cautelari (secondo ricorso), sono generiche e manifestamente
infondate.
Il Tribunale del riesame, infatti, in entrambi i provvedimenti
impugnati ha compiutamente indicato le ragioni per le quali riteneva il
persistere delle esigenze cautelari, valorizzando:

3

espressamente richiesto dalla disposizione di cui all’art. 127 c.p.p.,

4
A) il concreto pericolo di fuga desunto dal lungo periodo di latitanza
e l’elevato pericolo di recidiva desunto dal fatto che l’indagato, <<già
raggiunto da misura custodiale e sottoposto a diversi procedimenti
penali per una lunga serie di delitti, prevalentemente truffaldini e falsi
[rectius, di falso] anche in contesto di associazione per delinquere, ha
continuato a delinquere, indifferente a condanne e ad arresti,
riciclando i proventi dei propri reati per evitare il sequestro,

(provv. su appello contro ord. 15.1.2013),
nonché
B) il concreto pericolo di fuga desunto dal lungo periodo di latitanza
e l’arresto intervenuto mentre si trovava in possesso di documenti
falsi, e l’elevato pericolo di recidiva desunto dal fatto che l’indagato,
<<già raggiunto da misura custodiale e sottoposto a diversi procedimenti penali per una lunga serie di delitti, prevalentemente di truffa e falso anche in contesto di associazione per delinquere, ha continuato a delinquere, indifferente a condanne e ad arresti, riciclando i proventi dei propri reati per evitare il sequestro, acquisendo false identità ed utilizzando documenti e beni ricettati» (provv. su appello contro ord. 14.2.2013). Trattasi di rilievi cui il ricorrente non oppone nessuna specifica argomentazione, se non generiche contestazioni, che richiamano il diverso trattamento riservato ai coindagati, dimenticando di riferire che essi, come osserva il Tribunale del riesame (provv. su appello contro ord. 15.1.2013), «hanno svolto ruoli secondari rispetto al A.A., non si sono dati alla fuga, non sono soliti utilizzare false identità od hanno avuto un comportamento processuale apprezzabile a differenza del ricorrente>>.

4. La doglianza inerente alla 4) omessa declaratoria di inefficacia
della misura per decorrenza dei termini (secondo ricorso) è stata
formulata dal ricorrente nel ricorso relativo al proc. n. 449/13 R.G.
Libertà, ma non aveva costituito oggetto di appello (cfr. riepilogo dei
motivi di appello operato dall’impugnata ordinanza, che il ricorrente

4

acquisendo false identità ed utilizzando documenti e beni ricettati»

5
non contesta), e non potrebbe, quindi essere formulata per la prima
volta in questa sede.

4.1. Appare, peraltro, evidente la confusione nella quale ancora una
volta incorre il ricorrente, poiché la questione aveva costituito oggetto di
appello nel proc. n. 132/13 R.G. Libertà.
Ma, pur volendo superare (a tutela del favor impugnationis, ed, in

ricorsi mira) il dato formale in precedenza evidenziato, le censure del
ricorrente si rivelano anche in questo caso estremamente generiche ed
inconsistenti, a fronte degli ampi rilievi con i quali il Tribunale del
riesame ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione
della disciplina di cui all’art. 297, comma 3, c.p.p. (f. 2), evidenziando
che «il procedimento penale n. 33116/07 risulta essersi concluso con

sentenza 10.12.2008 divenuta irrevocabile il 29.4.2009, dunque in data
anteriore alla commissione di tutti i reati – con la sola eccezione del
reato contestato al capo 15). Ne consegue che nel corso del diverso
procedimento in cui è stata emessa la prima ordinanza i fatto oggetto
del presente procedimento e della ordinanza custodiale del 6.7.2012 non
potevano essere desumibili per la semplice ed ovvia ragione che gli
stessi non erano stati ancora commessi dal A.A.», con *sola
eccezione del reato di cui al capo 15), in relazione al quale, peraltro, il
necessario quadro indiziario era emerso solo da successivi accertamenti
risalenti al 2012.

5. La doglianze, formulate con entrambi i ricorsi, ed inerenti
all’asseritamente inciiustificta condanna al pagamento delle spese
44.
processuali, avendo n’elle more ottenuto la sostituzione della misura
della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari sono
manifestamente infondate, in presenza, in entrambi gli atti di appello, di
doglianze miranti ad ottenere la revoca tout court della misura della
custodia in carcere, sempre ritenute manifestamente infondate.

6. La declaratoria di inammissibilità totale dei ricorsi comporta, ai
sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle

5

definitiva, nell’interesse del ricorrente, cui la trattazione congiunta dei

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spese processuali nonché – apparendo evidente dal contenuto dei motivi
che egli ha proposto i ricorsi determinando le cause di inammissibilità
per colpa (Corte cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto
dell’entità di detta colpa – della somma di Euro mille in favore della
Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 22 ottobre 2013.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento

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