Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 554 del 18/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 554 Anno 2014
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da

D’ALESSANDRO Luigi, nato a Cerignola il 25.3.1871

avverso l’ordinanza del 05/11/2012 della Corte d’appello di Bari;
letti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione del consigliere Paolo Antonio BRUNO;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale dr. Carmine Stabile, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordine di esecuzione del 03/09/2009 il Procuratore Generale presso la
Corte d’appello di Bari – rilevato che, il 26/06/2000, era divenuta esecutiva nei
confronti di Luigi D’Alessandro la sentenza della Corte d’appello di Bari del
28/09/1999, peraltro già inclusa nel provvedimento di cumulo di pene concorrenti
emesso dal suo ufficio nei confronti del predetto il 21/11/2001, con il quale la pena
complessiva da espiare era stata determinata in anni sei, mesi due e giorni undici di

Data Udienza: 18/10/2013

reclusione e C 1.601,02 di multa, tenuto, altresì, conto che, a seguito
dell’applicazione dell’indulto di cui alla legge n. 241/2006, la pena residua da
espiare si era ridotta ad anni uno, mesi sette e giorni ventisei di reclusione e che il
Tribunale di Sorveglianza di Potenza, con ordinanza del 24/01/2002, aveva
dichiarato inammissibile l’istanza di applicazione di misure alternative presentata
dal condannato – aveva disposto la carcerazione dello stesso D’Alessandro per
l’espiazione di detta pena, precisando di non poter sospendere l’ordine di

sospensione.

2. Avverso l’anzidetto provvedimento il difensore del condannato proponeva
incidente di esecuzione, deducendone la nullità ed evidenziando a tal fine: a) che la
pena di mesi otto di cui alla sentenza della Corte d’appello di Bari del 28 settembre
1999 era stata già interamente espiata, così come riconosciuto nel decreto del
Presidente del Tribunale di sorveglianza di Potenza del 24 gennaio 2002, che aveva
dichiarato inammissibile l’istanza di affidamento in prova proposta dal condannato;
b) che, in mancanza d’impugnazione del PM, il decreto anzidetto era da ritenere
ormai definitivo, sicché il Procuratore Generale non avrebbe potuto emettere un
ordine di esecuzione relativo ad una pena già interamente espiata.
Investita dell’incidente di esecuzione, la Corte d’appello di Bari, con ordinanza
del 14/01/2011, lo rigettava sostenendo che il passaggio motivazionale del decreto
del Presidente del Tribunale di sorveglianza di Potenza del 24/01/2002, in cui si
affermava che il D’Alessandro “in data 04/01/2002 aveva terminato di espiare la
pena di cui all’esecuzione sopra richiamata (ovvero quella inflittagli dalla Corte
d’appello di Bari il 28/09/1999)”, non aveva alcuna rilevanza in ordine alla
cessazione della pena per intervenuta espiazione, e ciò sia perché l’art. 236,
comma 1 disp.att. cod. proc. pen. attribuisce al Tribunale di sorveglianza una
competenza a dichiarare l’estinzione della pena solo allorquando ciò sia
conseguenza della liberazione condizionata o dell’affidamento in prova, sia perché,
avendo tale affermazione carattere meramente incidentale rispetto ad una
declaratoria di inammissibilità dell’istanza del condannato, la stessa non poteva
assumere un carattere vincolante nei confronti del pubblico ministero quale organo
preposto all’esecuzione delle pene.

3. Avverso tale provvedimento il difensore del condannato ha proposto ricorso
per cassazione, chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizio di
motivazione, rilevando: a) che il decreto del Presidente del Tribunale di
sorveglianza di Potenza del 24 gennaio 2002, dando atto dell’avvenuta espiazione
della pena ed avendo carattere di definitività, contrariamente a quanto ritenuto dal
giudice dell’esecuzione, assumeva assoluta rilevanza ai fini del decidere
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esecuzione in quanto il condannato aveva già beneficiato altre due volte della detta

comportando l’illegittimità dell’ordine di esecuzione, in quanto relativo a pena già
espiata; b) che risultava, altresì, infondata anche la tesi espressa nel
provvedimento di cumulo secondo cui non poteva essere disposta la sospensione
dell’esecuzione in quanto già concessa due volte, posto che si trattava di
provvedimenti di sospensione dell’esecuzione adottati con riferimento a singole
sentenze di condanna, poi confluite in un provvedimento di cumulo; c) che il
riferimento all’art. 236, comma 1, cod. proc. pen. doveva ritenersi incongruo,

3. Con sentenza del 24/10/2011, questa Corte Suprema, Prima Sezione,
annullava l’ordinanza impugnata, rinviando per nuovo esame alla Corte d’appello di
Bari. Rilevava la Corte:

il provvedimento impugnato non si riferiva esclusivamente all’esecuzione

della pena inflitta al D’Alessandro con sentenza della Corte d’appello di Bari del 28
settembre 1999, come il ricorrente mostrava di ritenere. Tale ordine, infatti – come
reso evidente anche dalla misura della pena da eseguire, pari ad anni uno, mesi
sette e giorni ventisei di reclusione, e dunque eccedente la pena inflitta con la
predetta sentenza, pari ad otto mesi – si riferiva, in realtà, all’esecuzione di pene
concorrenti inflitte al ricorrente nel tempo (art. 663 cod. proc. pen.) ricomprese nel
provvedimento di cumulo emesso dal PG di Bari il 21 novembre 2001, che risultava,
del resto espressamente richiamato nell’ordine di esecuzione opposto dal
condannato.

Alla luce di tale considerazione preliminare, del tutto infondato si rivelava il

principale argomento difensivo, riproposto in sede di legittimità, secondo cui il PG di
Bari non avrebbe dovuto emettere un ordine di esecuzione relativo a pena – quella
inflitta al ricorrente con sentenza della Corte d’appello di Bari del 28 settembre
1999 – oramai già espiata, così come riconosciuto nel decreto del Presidente del
Tribunale di sorveglianza di Potenza del 24 gennaio 2002, ormai definitivo.

Ed infatti, riferendosi l’ordine di esecuzione ad un provvedimento di pene

concorrenti, occorreva considerare che, secondo indiscusso insegnamento
giurisprudenziale di legittimità, “ai fini dell’esecuzione di pene concorrenti vanno
inserite nel cumulo non solo tutto le pene che non risultano ancora espiate alla data
di commissione dell’ultima reato, ma anche quelle già espiate che possono
comunque avere un riflesso sul criterio moderatore previsto dall’art. 78 cod. pen. e
sul cumulo materiale, in vista della maturazione dei requisiti temporali per
l’ammissione ad eventuali benefici penitenziari”.
– Tanto premesso, escluso che l’ordine di esecuzione impugnato potesse
ritenersi illegittimo per il solo fatto che si riferisse anche ad una pena che si
assumeva già espiata, appariva fondato, invece, il secondo argomento difensivo con
il quale il condannato contestava la mancata adozione da parte del pubblico
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riferendosi detta norma a fattispecie totalmente diversa da quella in esame.

ministero, ex art. 656 cod. proc. pen., di un provvedimento di sospensione
dell’esecuzione malgrado la pena residua, ancora da espiare, non fosse superiore a
tre anni. Ed invero, premesso che la decisione del PG di Bari di non sospendere
(provvisoriamente) l’esecuzione della pena inflitta al D’Alessandro era giustificata in
ragione del divieto di reiterazione della sospensione dell’esecuzione di pena
detentiva per la stessa condanna, previsto dall’art. 656, comma 7, cod. proc. pen.,
nel testo riformato ex art. 1 legge 27 maggio 1998 n. 165, e sul presupposto in

decisione, confermata dal giudice dell’esecuzione, era in effetti incongrua, così
come denunciato dal ricorrente.
– Infatti, con riferimento alla prima sospensione concessa al D’Alessanddro in
relazione alla sentenza del Pretore di Ravenna in data 24 novembre 1990, andava
rilevato come tale sentenza non risultasse inserita nel cumulo; quanto poi alla
declaratoria d’inammissibilità pronunciata dal Presidente del Tribunale di
sorveglianza di Potenza con decreto del 24 gennaio 2002, andava evidenziato come
tale provvedimento non potesse costituire ostacolo alla sospensione dell’esecuzione
della pena, trattandosi di provvedimento emesso allo stato degli atti e sul
presupposto che la pena fosse stata già espiata.

4. Pronunciando in sede di rinvio la Corte d’appello di Bari, con l’ordinanza

indicata in epigrafe, rigettava, ancora una volta, l’opposizione proposta da Luigi
D’Alessandro avverso l’ordine di esecuzione della carcerazione emessa dal PG di
Bari il 03/09/2009.
Rilevava la Corte che dallo scrutinio degli atti a disposizione e, più in
particolare, dal certificato penale del condannato, si evinceva, conformemente a
quanto attestato dal PG di Bari nell’ordine di esecuzione del 3.9.2009 ex art. 656
comma 1, cod. proc. pen., oggetto di incidente di esecuzione, che il D’Alessandro
aveva già beneficiato della sospensione della pena irrogata con sentenza emessa il
24.11.1990 dal Pretore di Ravenna, ricompresa nel cumulo emesso dalla Procura
della Repubblica presso il Tribunale di Milano, parte integrante del cumulo emesso il
21.11.2001 dalla stessa Procura Generale, da cui risultava la pena all’epoca in
esecuzione. Ed infatti, nel richiamato certificato penale alla p. 10) era annotato il
provvedimento di cumulo emesso dal Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Milano il 24.2.1998, in cui era espressamente citata, tra le altre, anche
la sentenza del 24 settembre 1993 della Corte d’appello di Bologna, riportata al n. 4
dello stesso certificato penale, irrevocabile iI.6.1994 e confermativa della sentenza
emessa il 24.11.1990 dalla Pretura di Ravenna. A sua volta, il citato provvedimento
di cumulo veniva richiamato ed integrato con successivo provvedimento di cumulo
emesso il 21.11.2001 dal PG di Bari, che, tra le altre sentenze, richiamava anche
quella della Corte d’appello di Bologna, determinando la pena da scontare nella
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fatto che la sospensione sarebbe stata concessa già due volte al condannato, tale

misura di anni sei, mesi due e giorni undici e C 3.100,00 di multa. Da quanto sopra
risultava che, avendo il condannato fruito già una prima volta della sospensione
dell’esecuzione della pena non avrebbe potuto nuovamente beneficiarne, ai sensi
dell’art. 656, comma 7, cod. proc. pen. Non meritava accoglimento neppure
l’ulteriore rilievo difensivo, secondo cui pure in caso di pene detentive brevi ciascuna delle quali, singolarmente considerata, abbia dato luogo a sospensione del

conseguenza che, unificata la pena, ove questa non risultasse superiore ai limiti di
legge cui era subordinata la concessione di misure alternative, la sospensione
dell’esecuzione prevista dall’art. 656 del codice di rito non poteva essere disposta.
Al riguardo, rilevava la Corte che, per costante insegnamento di legittimità, quando
si è in presenza di reati commessi in tempi diversi e di periodi di carcerazione
parimenti sofferti in tempi diversi, non era possibile includere tutte le pene in un
cumulo indiscriminato globale, dal quale venisse unitariamente detratta la
carcerazione sofferta, in quanto verrebbero altrimenti ad essere imputati periodi di
carcerazione presofferti a reati commessi successivamente, in violazione del
disposto di cui all’art. 657, comma 4, del codice di rito, il quale consentiva la
fungibilità alla sola condizione che il reato giudicato separatamente fosse stato
commesso anteriormente alla detenzione eventualmente sofferta ingiustamente.
Infine, ostava all’accoglimento della proposta istanza di sospensione anche
l’ordinanza della stessa Corte d’appello di Bari con cui veniva disposta, ai sensi
dell’art. 656 cod. proc. pen., una seconda volta la sospensione dell’esecuzione della
pena di cui al provvedimento di determinazione di pene concorrenti emesso dalla
Procura Generale il 21.11.2001, nei confronti del condannato, in attesa della
decisione del Tribunale di sorveglianza di Potenza sull’istanza di affidamento
avanzata ai sensi dell’art. 94 dpr n. 309/90 il 7.12.2001. Ad ogni modo, pur
volendo ritenere che la richiamata pronunzia del Presidente del Tribunale di
sorveglianza di Potenza non potesse costituire ostacolo alla sospensione
dell’esecuzione della pena, trattandosi di provvedimento emesso allo stato degli atti
e sul presupposto della pena fosse stata espiata, vi era pur sempre la prima
sospensione disposta in riferimento alla sentenza della Pretura di Ravenna del
24.11.1990, come tale ostativa l’accoglimento della stessa istanza.

5. Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore del condannato avv. Francesco
Santangelo ha proposto un nuovo ricorso per cassazione affidato alle ragioni di
censura indicate in parte motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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provvedimento di carcerazione in vista della possibile applicazione dei benefici
..
penitenziare – non veniva meno l’obbligo di provvedere al cumulo, con l’ulteriore

1. Con il primo motivo di ricorso si eccepisce violazione degli artt. 656, 666
cod. proc. pen., 236 disp.att. e 125 del codice di rito. Si duole, in particolare, che
non sia stata resa alcuna motivazione sulle plurime deduzioni difensive, con
particolare riferimento al rilievo secondo cui il decreto del Presidente del Tribunale
di sorveglianza di Potenza – con il quale si rilevava l’avvenuta espiazione della pena
di cui all’ordine di esecuzione n. 430/2000 (la stessa per la quale la Procura di Bari
chiedeva ancor oggi la carcerazione del condannato) – non era stato gravato di

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 172 cod. pen., ai sensi
dell’art. 606, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. Si lamenta, in particolare, che
nessuna motivazione sia stata resa in ordine alla richiesta di applicazione della
norma dettata dal menzionato art. 172, secondo cui la pena della reclusione si
estingue con il decorso del tempo pari al doppio della pena inflitta e, in ogni caso,
non superiore a trenta e non inferiore a dieci anni. Con riferimento a ciascuna delle
sentenze ricomprese nel cumulo era maturato il termine decennale di estinzione
della pena, decorrente dalla data d’irrevocabilità di ciascun provvedimento di
condanna.
Con il terzo motivo si eccepisce violazione dell’art. 656, comma 7, cod. proc.
pen., ai sensi dell’art. 606 lett. b), c) ed e) del codice di rito. Si lamenta, in
particolare, l’erroneità dell’assunto del giudice del rinvio secondo il quale il
condannato avesse già ottenuto una prima volta un provvedimento di sospensione,
in contrasto con l’interpretazione giurisprudenziale di legittimità.

2. Il primo motivo si pone alle soglie dell’inammissibilità, lamentando la
mancata considerazione delle deduzioni difensive, con particolare riferimento al
contenuto del provvedimento presidenziale di sorveglianza. Ed infatti, la verifica di
legittimità dell’ordinanza impugnata, quale provvedimento emesso dal giudice del
rinvio, va, ovviamente parametrata non tanto in rapporto alle prospettazioni
difensive, quanto piuttosto all’effettiva corrispondenza al

dictum della sentenza

rescindente di questa Corte regolatrice.
Ai fini del necessario controllo, si rende, allora, necessaria una breve
puntualizzazione del contenuto di quest’ultima pronuncia.
Orbene, nell’occasione, la Corte aveva osservato: in ordine alla prima
sospensione, quella concessa con sentenza del Pretore di Ravenna del 24
novembre 1990, tale sentenza non risultava inserita nel cumulo; quanto alla
declaratoria di inammissibilità pronunciata dal Presidente del Tribunale di
sorveglianza di Potenza con decreto del 24 gennaio 2002, tale provvedimento non
poteva costituire ostacolo alla sospensione dell’esecuzione della pena, trattandosi di
pronuncia allo stato degli attij sul presupposto che la pena fosse già stata espiata; e
su tali punti aveva sollecitato il riesame del giudice del rinvio.
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ricorso ed era, pertanto, divenuto definitivo.

Con l’impugnato provvedimento, la Corte territoriale, in esito a compiuta
rilettura della documentazione in atti, ha potuto rilevare che, invece, la sentenza
rispetto alla quale era stata già concessa una volta la sospensione risultava inserita
nel cumulo. Ha definitivamente chiarito ogni equivoco al riguardo, notando che nel
cumulo emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano era
menzionata non già la sentenza del Pretore di Ravenna del 24/11/1990, bensì la
sentenza del 24 settembre 1993, divenuta irrevocabile il 9 giugno 1994, con la

A sua volta, il provvedimento di cumulo era richiamato ed integrato con successivo
provvedimento di cumulo emesso il 24 novembre 2001 dalla Procura Generale di
Bari che tra le altre sentenze, richiamava anche l’anzidetta pronuncia della Corte
d’appello di Bologna, determinando la pena complessiva da scontare nella misura di
anni sei, mesi due e giorni undici nonché

AiihIlf-9

3.100.000 di multa. Ha inoltre

osservato che, ostativa all’accoglimento della richiesta di sospensione, era pure
l’ordinanza della stessa Corte d’appello di Bari con cui, ancora un’altra volta, era
stata disposta, ai sensi dell’art. 656 cod. proc. pen., la sospensione dell’esecuzione
della pena di cui al provvedimento di determinazione di pene concorrenti emesso
dalla Procura Generale il 21.11.2001, nei confronti del condannato, in attesa della
decisione del Tribunale di sorveglianza di Potenza sull’istanza di affidamento
avanzata ai sensi dell’art. 94 dpr n. 309/90 il 7.12.2001. E, ad ogni buon conto,
anche a ritenere che il successivo provvedimento del Presidente del Tribunale di
sorveglianza di Potenza non potesse, di per sé, costituire ostacolo alla sospensione
dell’esecuzione della pena, trattandosi di provvedimento emesso allo stato degli atti
e sul presupposto che la pena fosse stata espiata, restava comunque impregiudicato
l’impedimento al reclamato beneficio rappresentato dalla prima sospensione
concessa in riferimento alla sentenza pretorile indicata in premessa.
Se così è, non v’è dubbio che il provvedimento impugnato si sia,
puntualmente, uniformato a quanto prescritto nella pronuncia rescindente,
procedendo – con le necessarie, doverose, precisazioni – al richiesto riesame sui
punti controversi ed indicando le ragioni per le quali l’opposizione del richiedente
non avrebbe potuto, comunque, trovare accoglimento.
Ogni altra censura di parte deve essere disattesa per evidente inammissibilità.
Così deve dirsi in ordine al motivo riguardante la mancata dichiarazione di
estinzione delle pene, in quanto il relativo tema era stato introdotto, irritualmente
(in sede di giudizio di rinvio), soltanto con la memoria difensiva depositata il
3.5.2012, sicché il relativo esame era stato comprensibilmente pretermesso dal
giudice del rinvio.

3. Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato, con le consequenziali
statuizioni dettate in dispositivo.
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quale la Corte d’appello di Bologna aveva confermato la stessa pronuncia pretorile.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delel spese processuali.

Così deciso il 18/10/2013

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