Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 553 del 05/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 553 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Reinard Alex, nato il 22.1.1992 a Pistoia avverso la sentenza
pronunciata il 22.11.2012 dal giudice per le indagini preliminari presso il
tribunale di Pistoia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano.
criT.P. LP, 926..WSI-010P’

p

– 0L. va QALULu, .

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 22.11.2012 il giudice per le indagini
preliminari presso il tribunale di Pistoia applicava, ai sensi degli artt. 444
e ss., c.p.p., a Reinard Alex, imputato del reato di cui agli artt. 624, 625,
n. 7, 61, n. 5, c.p., la pena di mesi sei di reclusione ed euro 120,00 di
multa, disponendo, al contempo, la sospensione condizionale della pena
inflitta, subordinata allo svolgimento di attività non retribuita in favore
della collettività.

Data Udienza: 05/07/2013

e

2. Avverso tale sentenza, di cui chiede l’annullamento, ha proposto
ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, il Reinard,
lamentando violazione di legge in ordine alla ritenuta circostanza
aggravante di cui all’art. 625, n. 7, c.p., ad avviso del ricorrente non
configurabile nel caso in esame, non potendosi affermare che la borsetta
oggetto del furto contestato a quest’ultimo fosse esposta per necessità
alla pubblica fede, avendola, la persona offesa, detenuta sul sedile
anteriore della propria autovettura, mentre completava l’operazione di
carico della spesa nel bagagliaio.
3. Con requisitoria scritta depositata il 4.3.2013 il sostituto procuratore
generale presso la Corte di Cassazione, nella persona del dott. Antonio
Gialanella, chiedeva che il ricorso venisse dichiarato inammissibile.
4. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
5. Ed invero, essendo l’applicazione della pena su richiesta delle parti un
meccanismo processuale in virtù del quale, da un lato, l’imputato e il
pubblico ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della
condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla
comparazione delle stesse e sull’entità della pena, e, dall’altro, il giudice
ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver
accertato che non emerge in modo evidente una delle cause di non
punibilità previste dall’art. 129 c.p.p., ne consegue che l’imputato non
può poi, con il ricorso per cassazione, dedurre doglianze che mirano a
ricostruire i fatti in modo diverso da quanto concordato (cfr. Cass., sez.
fer., 12/08/2010, n. 32078, A.).
Pertanto, come affermato dalla costante giurisprudenza di legittimità,
condivisa dal Collegio, una volta che l’accordo tra le parti sia stato
ratificato dal giudice con la sentenza di applicazione della pena, non è
consentito, fuori dai casi di palese incongruenza, censurare il
provvedimento in punto di qualificazione giuridica del fatto e di
ricorrenza delle circostanze, neppure sotto il profilo della mancanza di
motivazione, ricorrendo in proposito un dovere di specifica
argomentazione solo per il caso che l’accordo abbia presupposto una

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,

modifica dell’imputazione originaria (cfr. Cass., sez. VI, 10.4.2003, n.
32004, p.g. in proc. V., rv. 228405; Cass., sez. IV, 09/07/1999, n.
2500, Varvaro).
5.1 Nel caso in esame, da un lato l’accordo tra le parti si è formato sul
fatto che la borsa oggetto di furto era situata sul sedile anteriore

pubblica fede, come indicato nel capo d’imputazione, per cui, su tale
punto, l’accordo è da considerarsi irretrattabile; dall’altro nella
valutazione del giudice che ha consacrato l’accordo tra le parti, non è
dato ravvisare una palese o manifesta incongruenza, in quanto,
premesso che, ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante di cui
all’art. 625, n. 7, cod. pen., sia la necessità, sia la consuetudine relative
all’esposizione della cosa alla pubblica fede devono valutarsi in rapporto
alle particolari circostanze concrete che inducono il derubato a lasciare le
proprie cose fuori della propria assidua vigilanza e custodia, così
comprendendo ogni esigenza di condotta imposta – quanto alla necessità
– da particolari situazioni, intesa in contrapposizione agli opposti concetti
di comodità e di trascuratezza nella vigilanza (cfr. Cass., sez. V,
29.9.1993, n. 10298, V., rv. 195554), non risulta peregrino considerare
esposti alla pubblica fede per necessità quegli oggetti, come una borsa,
lasciati all’interno di un’autovettura in sosta, mentre si procede ad
operazioni di carico della spesa nel bagagliaio, che non potrebbero
essere svolte facilmente ove si volesse assicurare,
contemporaneamente, una penetrante vigilanza sugli oggetti in
questione.
6. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso proposto nell’interesse
di Reinard Alex va, dunque, dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del
procedimento, nonché in favore della cassa delle ammende di una
somma a titolo di sanzione pecuniaria, che appare equo fissare in euro
1500,00, tenuto conto della evidente inammissibilità del ricorso,
facilmente evitabile, attraverso la conoscenza di orientamenti consolidati
da tempo nella giurisprudenza di legittimità, dal difensore del ricorrente,

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dell’autovettura della persona offesa, in modo da essere esposta alla

che, quindi, non può ritenersi immune da colpa nella determinazione
delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n.
186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento

cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 5.7.2013

delle spese processuali e della somma di euro 1500,00 a favore della

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