Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5526 del 18/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5526 Anno 2014
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da:
Cattaneo Piergiovanni, nato a Bergamo in data 26.8.1968;
Clerici Marco, nato a Varese in data 2.10.1962;
Del Fatti Alessandro, nato a Como in data 20.1.1979;
Pierro Marcello, nato a Milano in data 1.2.1970;
Pollini Isabella, nata a Gavardo in data 28.3.1968;
avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia, sezione 2^ penale, in data
9.1.2003.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott. Giuseppe Volpe, il
quale ha concluso chiedendo che i ricorsi di Delli Fatti, Pollini e Pierro siano
dichiarati inammissibili, che il ricorso di Clerici sia rigettato e che la sentenza
impugnata sia annullata senza rinvio nei confronti di Cattaneo limitatamente al

Data Udienza: 18/12/2013

reato di cui al capo a perché estinto per prescrizione con eliminazione della
relativa pena e che il ricorso di Cattaneo sia rigettato nel resto.
Udito il difensore della parte civile C.O.N.I., Avv. Susanna Stranieri, in
sostituzione dell’Avv. Guido Valori, il quale ha concluso chiedendo il rigetto dei
ricorsi con la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese di giudizio.
Uditi i difensori:
Avv. Sergio Vitale per Cattaneo Pier Giovanni e – in sostituzione dell’Avv. Pier
Paolo Caso per Clerici Mario;

Avv. Alfio Paglieri, in sostituzione Avv. Giuseppe Nico, per Pierro Marcello;
Avv. Fauso Cadeo per Pollini Isabella;
i quali hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi,

ritenuto in fatto

Con sentenza del 9.1.2013, la Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma
di quella 17.6.2010, del G.U.P. del Tribunale di Bergamo, fra l’altro:
dichiarò la nullità della predetta sentenza anche nei confronti di Pierro Marcello e
Cattaneo Piergiovannni limitatamente ai capi relativi al delitto di cui all’art. 9
comma 1 legge n. 376/2000, disponendo la trasmissione degli atti al P.M.;
assolse Clerici Marco dai reati di cui ai capi b (artt. 443, 445 cod. pen., 8 e 23 D.
Lgs. 178/1991) d (art. 348 cod. pen.) perché il fatto non sussiste;
assolse Pollini Daniela dall’imputazione di cui al capo a (qualificato ai sensi
dell’art. 9 legge n. 376/2000), in essa assorbiti i capi b, d e dal capo c (art. 648
cod. pen.) per i fatti successivi al 24.9.2005 perché il fatto non sussiste;
assolse Del Fatti Alessandro dall’imputazione di cui al capo m limitatamente al
reato di cui all’art. 9 legge n. 376/2000 e lo dichiarò responsabile del reato di cui
all’art. 348 cod. pen., ascrittogli allo stesso capo e ritenuto assorbito nel citato
reato di cui all’art. 9 legge 376/2000 dal primo giudice:
conseguentemente rideterminò le pene per:
Cattaneo in mesi 10 giorni 20 di reclusione ed C 1.156,00 di multa, per i reati di
cui ai capi a (in esso assorbiti i capi b, d) e c;
Clerici in mesi 10 giorni 20 di reclusione ed C 2.334,00 di multa, per i reati di cui
ai capi a (in esso assorbiti i capi b, d) e c;
Del Fatti in mesi 11 giorni 10 di reclusione ed C 1.000,00 di multa;
Pierro in mesi 11 giorni 20 di reclusione ed C 2.384,00 di multa, per i reati di cui
ai capi a (in esso assorbiti i capi b, d) e c;

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Pollini in mesi 10 giorni 20 di reclusione ed € 2.334,00 di multa per il reato di cui
al capo c limitatamente alle residue condotte.
Confermò nel resto la sentenza di primo grado, comprese le statuizioni
civili a favore della parte civile C.O.N.I. e condannò Cattaneo, Clerici, Del Fatti,
Pierro e Pollini in solido con altri imputati al rifusione delle spese a favore della
parte civile.

Ricorrono per cassazione gli imputati sopra indicati.

Cattaneo Piergiovanni, tramite il difensore, deduce:
1. violazione della legge processuale e vizio di motivazione in relazione alla
nullità della richiesta di rinvio a giudizio per genericità dell’imputazione e
della sentenza impugnata per difetto di correlazione tra fatto contestato e
ritenuto; l’imputazione era basata sul concorso di Cattaneo con gli altri
imputati nell’essersi approvvigionato di sostanze dopanti allo scopo di
commercializzarle a sua volta; a fronte di tale genericità la difesa ha
basato la propria linea sulla inesistenza di tali condotte; solo con la
sentenza di primo grado era stato affermato che Cattaneo aveva ceduto
sostanze dopanti alla propria moglie, di cui non era indicato in atti né il
nome né che svolgesse attività agonistica; la Corte d’appello ha dichiarato
la nullità sentenza di primo grado perché il fatto era diverso, ma non ha
considerato che l’omessa contestazione era una nullità; non avrebbe
dovuto quindi considerare assorbita la censura in quella rilevata dalla
Corte stessa;
2. vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della ricettazione
sulla base della condotta di aver procurato ad altri anabolizzanti, non
essendo stata tale condotta mai contestata;
3. violazione di legge in relazione al reato di ricettazione erroneamente
applicato in quanto la condotta di tale delitto è assorbita nella cessione a
terzi perché solo in tale fase si realizza l’ingiusto profitto; difetta peraltro
la prova dell’introduzione illecita di sostanze dopanti che Cattaneo
potrebbe aver acquistato le sostanze senza autorizzazioni sanitarie;
4. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’incompetenza per
territorio in quanto i reati sarebbero stati consumati in Milano; la Corte
territoriale ha ritenuto che ciò potesse emergere solo dopo la sentenza;
5. vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del danno in
capo alla parte civile in mancanza della prova della destinazione ad un
atleta impegnato in una gara; non vi sarebbe alcuna motivazione sul
punto.

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Clerici Marco, tramite il difensore, deduce:
1. violazione della legge processuale e vizio di motivazione in relazione alla
incompetenza territoriale, eccepita all’udienza preliminare insieme a
quelle di genericità ed indeterminatezza del capo di imputazione; tali
eccezioni sono state riproposte in appello e rigettate sull’assunto della
connessione fra reati ai sensi dell’art. 12 lett. a) e b); mancherebbe
qualunque connessione oggettiva e soggettiva tra le condotte ascritte a

sarebbero avvenuti fra Milano e Gallarate; la Corte d’appello ha ritenuto
che la decisione fosse stata presa allo stato degli atti, trascurando che,
trattandosi di rito abbreviato, il giudizio era su tali atti;
2. violazione di legge in relazione all’ammissione della parte civile C.O.N.I.
nei confronti di Clerici in quanto il culturismo non rientra fra le discipline
sportive accettate; la vicenda non riguardava prestazioni agonistiche; in
ogni caso la vigilanza anti doping spetta alla Commissione di cui all’art. 3
legge n. 376/2000 e non al C.O.N.I.;
3. violazione di legge in relazione alla insussistenza di danni al C.O.N.I.,
poiché Clerici è stato assolto dall’accusa di commercio di sostanze dopanti
e l’assunzione delle stesse non era finalizzata all’alterazione di prestazioni
sportive, ma solo ad ottenere un risultato estetico.

Del Fatti Alessandro, tramite il difensore, deduce:
1. violazione di legge in relazione al reato di ricettazione in quanto, in base
alla contestazione, i fatti ascritti a Paolini Luca valevano anche per Del
Fatti; peraltro la provenienza illecita è stata riferita al reato di cui all’art.
6 D.Lgs n. 178/1991, attesa la provenienza estera delle specialità
medicinali immesse nel territorio nazionale senza autorizzazione; peraltro
tale reato è contravvenzione e non delitto;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di
responsabilità di Del Fatti solo sulla base delle dichiarazioni di Facchinetti
Vittorio, non sottoposte a verifiche sulla attendibilità;
3. violazione di legge in relazione alla mancata assoluzione di Del Fatti
quantomeno ai sensi dell’art. 530 comma 2 cod. proc. pen. non essendo
stato superato il dubbio ragionevole.

Pierro Marcello, tramite il difensore, deduce:
1. vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità solo
sulla base di un’intercettazione di Corbetta, trascurando gli elementi

Clerici e quelle contestate ad altri imputati; tutti i fatti attribuiti a Clerici

dedotti dalla difesa ed il fatto che Pierro è rimasto estraneo a qualunque
competizione agonistica;
2. vizio di motivazione in relazione all’aver la Corte territoriale eluso un
orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. Sent. n. 843 del
19.12.2012) che ha escluso ogni responsabilità in un caso analogo.

Pollini Isabella, tramite il difensore deduce:
1. violazione della legge processuale per aver la Corte d’appello ritenuto un

fatto diverso da quello contestato e ritenuto dal primo giudice; infatti la
Corte di merito ha ritenuto l’acquisto di cose di cui Corbetta faceva illecito
commercio, che sarebbe condotta diversa dall’acquisto in concorso con
Corbetta ;
2. vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi di
cui all’art. 648 cpv cod. pen. pur avendo limitato la responsabilità ad un
solo acquisito avvenuto il 24.9.2005 per uso personale; la Corte
territoriale ha richiamato la posizione Clerici che era di ben diversa
gravità ed il diniego dell’attenuante si fonda su valutazioni che non
riguardano l’imputata.

Considerato in diritto

1. li quarto motivo di ricorso proposto nell’interesse di Cattaneo
Piergiovanni ed il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Clerici Marco
sono infondati.
Nel caso in esame la Corte territoriale ha richiamato la motivazione del
primo giudice, il quale, dopo aver ritenuto che non fosse proponibile l’eccezione
di incompetenza territoriale nel giudizio abbreviato, aveva rigettato tale
eccezione anche nel merito.
La Corte d’appello ha invece ritenuto che l’eccezione di incompetenza
territoriale possa essere proposta anche nel giudizio abbreviato (p. 31 sentenza
impugnata) richiamando una pronunzia delle Sezioni Unite di questa Corte,
secondo la quale l’eccezione di incompetenza territoriale è proponibile “in limine”
al giudizio abbreviato non preceduto dall’udienza preliminare, mentre, qualora il
rito alternativo venga instaurato nella stessa udienza, l’incidente di competenza
può essere sollevato, sempre “in limine” a tale giudizio, solo se già proposto e
rigettato in sede di udienza preliminare. (Cass. Sez. U, Sentenza n. 27996 del
29/03/2012 Ud. (dep. 13/07/2012 ) Rv. 252612. In motivazione la Corte ha
precisato che, pur in assenza nel giudizio speciale di una fase dedicata alla

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soluzione delle questioni preliminari, l’eccezione può essere proposta in quella
dedicata alla verifica della costituzione delle parti).
La Corte di merito ha peraltro rilevato che correttamente il G.U.P. aveva
ritenuto la propria competenza (peraltro in ragione della prima iscrizione da
parte del P.M. di Bergamo) in quanto non poteva tenersi conto delle successive
vicende processuali (p. 32 sentenza impugnata per Clerici e p. 51 e 52 per
Cattaneo).
È irrilevante che il processo sia stato celebrato con il rito abbreviato,

giacché nell’esaminare l’eccezione di incompetenza il giudice deve attenersi agli
atti a sua disposizione in quel momento, a prescindere dalle decisioni (nella
specie esclusione nella sentenza di primo grado di alcune ipotesi di concorso)
intervenute successivamente, all’esito della discussione.
Infatti, in tema di competenza per territorio, le vicende processuali
successive ai limiti temporali di rilevazione della questione, anche con
riferimento ai provvedimenti conclusivi adottati sul merito dal giudice, non
incidono sulla competenza già affermata, la quale, in base al principio della
“perpetuato iurisdictionis”, va determinata con criterio “ex ante”, sulla scorta
degli elementi disponibili al momento della formulazione dell’imputazione. (Cass.
Sez. 4, Sentenza n. 14699 del 12/12/2012 dep. 28/03/2013 Rv. 255498).
Sotto questo profilo la decisione della Corte di merito appare pertanto
corretta.

2. Il primo ed il secondo motivo di ricorso proposti nell’interesse di
Cattaneo Piergiovanni, nonché il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse
di Pollini Isabella sono infondati.
Una volta instaurato il giudizio abbreviato condizionato, senza che vi sia
stata alcuna modifica o integrazione dell’accusa da parte del pubblico ministero e
senza che il giudice abbia rilevato vizi nella formulazione dell’imputazione, non è
consentito all’imputato eccepire la nullità della richiesta di rinvio a giudizio per
genericità ed indeterminatezza del capo di imputazione. (Cass. Sez. 6, Sentenza
n. 21265 del 15/12/2011 dep. 01/06/2012 Rv. 252854).
Le eccezioni relative all’immutazione del fatto contestato ed alla mancata
contestazione della ricettazione sono infondate
Quanto a Cattaneo è irrilevante, rispetto alla contestazione del reato di
ricettazione, la indicazione della successiva destinazione delle cose ricettate
(nella specie alla moglie), mentre nel capo c la ricettazione era contestata in
relazione all’aver trafficato (e quindi di necessità acquistato o ricevuto) sostanze
di provenienza illecita.

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Tale argomento vale anche per Pollini Isabella, giacché non è immutazione
del fatto che possa pregiudicare il diritto di difesa l’aver ritenuto che avesse
acquistato cose di provenienza illecita da Corbetta, anziché in concorso con
costui.
Non sussiste infatti violazione del principio di necessaria correlazione tra
accusa e sentenza, allorché, contestato a taluno un reato a titolo di concorso
personale, se ne affermi la responsabilità “uti singulus” (Cass. Sez. 5, Sentenza

n. 16548 del 03/04/2006 dep. 16/05/2006 Rv. 234447).

3. Il terzo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Cattaneo Piergiovanni
ed il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Del Fatti Alessandro sono
infondati
Il reato di commercio di sostanze dopanti attraverso canali diversi da
farmacie e dispensari autorizzati può concorrere con il reato di ricettazione, in
considerazione della diversità strutturale delle due fattispecie – potendo essere il
reato previsto dalla legge speciale commesso anche con condotte acquisitive non
ricollegabili a un delitto – e della non omogeneità del bene giuridico protetto,
poiché la ricettazione è posta a tutela di un interesse di natura patrimoniale,
mentre il reato di commercio abusivo di sostanze dopanti è finalizzato alla
protezione della salute di coloro che partecipano alle manifestazioni sportive
(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12744 del 11/03/2010 dep. 01/04/2010 Rv. 246672).
La Corte territoriale ha ritenuto che le sostanze fossero compendio del
delitto di cui all’art. 9 comma 7 legge n. 367/2000 (punito con la reclusione e la
multa) e non del reato di cui all’art. 6 D. Lgs. n. 178/1991 (p. 53 sentenza
impugnata per Cattaneo, p. 59 e 60 per Delli Fatti).

4. La infondatezza dei motivi di ricorso di Catteneo Piergiovanni non
consente peraltro (contrariamente a quanto richiesto dal Procuratore generale
della Repubblica) di rilevare in questa sede l’intervenuta prescrizione del reato di
cui al capo a) nei confronti dello stesso, dal momento che per tale reato (in esso
assorbiti quelli di cui ai capi c d) è stata dichiarata la nullità. La pena è stata
infatti rideterminata solo con riferimento al reato di ricettazione.

5. Il secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Pollini Isabella è
manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha escluso l’ipotesi di lieve entità della ricettazione
richiamando la posizione di Clerici e nell’ambito della stessa vi è riferimento
all’essersi rivolti a circuiti criminali ed alla pericolosità delle sostanze (p. 36
sentenza impugnata), riferibili anche a Pollini.
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6. Il secondo e terzo motivo di ricorso proposti nell’interesse di Del Fatti
Alessandro, il primo ed il secondo motivo di ricorso proposti nell’interesse di
Pierro Marcello sono manifestamente infondati ed in parte non correlati con la
sentenza impugnata.
La Corte territoriale ha posto a base dell’affermazione di responsabilità le
intercettazioni relative a Facchinetti e Del Fatti (p. 57 e 58 sentenza impugnata),
mentre il giudizio di attendibilità di Facchinetti è stato dato richiamando la

pronunzia di primo grado (p. 59 sentenza impugnata).
Non vi è in tale valutazione né violazione di legge né manifesta illogicità
che possa indurre a ritenere violata la regola di giudizio del superamento del
dubbio ragionevole.
Quanto a Pierro il primo ed il secondo motivo di ricorso sono in parte
generici per difetto di correlazione con la sentenza impugnata e comunque
infondati dal momento che non considerano che il gravame in punto di
responsabilità è stato ritenuto inammissibile per genericità e non svolgono
censure su tale punto.

7.

Il quinto motivo di ricorso proposto nell’interesse di Cattaneo

Piergiovanni, il secondo ed il terzo motivo di ricorso proposti nell’interesse di
Clerici Marco sono manifestamente infondati.
In tema di tutela sanitaria delle attività sportive, il C.O.N.I. (Comitato
Olimpico Nazionale Italiano) è legittimato a costituirsi parte civile nei processi
per ricettazione di farmaci dopanti, in quanto organo istituzionalmente portatore
di un interesse pubblico al corretto e leale svolgimento delle gare sportive. (Sez.
2, Sentenza n. 12750 del 08/03/2011 dep. 29/03/2011 Rv. 250048).
Inoltre il C.O.N.I è l’Organizzazione Antidoping Nazionale (NADO), tra i cui
compiti vi è il contrasto alla diffusione delle sostanze dopanti, anche per la
ricaduta di immagine sull’attività sportiva.
Come ha rilevato la Corte d’appello il C.O.N.I. è anche soggetto che
collabora con la Commissione prevista dall’art. 3 legge n. 376/2000 (di cui tra
l’altro indica uno dei componenti) e comunque, secondo il suo statuto, detta i
principi fondamentali per la disciplina delle attività sportive e la salute degli
atleti.
Correttamente la Corte d’appello ha ritenuto che tale ruolo travalichi quello
meramente organizzativo delle gare, ma attenga a principi generali relativi alla
promozione di ideali sportivi (p. 66 – 67 sentenza impugnata).

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8. I ricorsi proposti nell’interesse di Detti Fatti Alessandro, Pierro Marcello e
Pollini Isabella devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere
condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al
pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così

equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

9. I ricorsi di Cattaneo Piergiovanni Clerici Marco deve essere rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il
ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.

10. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi di Delli Fatti Alessandro,
Pierro Marcello e Pollini Isabella, al rigetto dei ricorsi di Clerici Marco e di
Cattaneo Piergiovanni consegue la condanna di tutti i ricorrenti in solido alla
rifusione delle spese sostenute per questo grado di giudizio dalla parte civile
C.O.N.I. che si liquidano in C 2.960,00, oltre C.P.A. e I.V.A.
Quanto alla richiesta di rimborso delle spese forfettarie questa Corte ha
chiarito che le spese processuali sostenute dalla parte civile devono essere
liquidate secondo i nuovi parametri introdotti dal d.m. 20 luglio 2012, n. 140,
ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo
alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso
spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato
la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio
e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate.
Inoltre, preso atto che l’art. 13, comma 10, della I. 31 dicembre 2012, n.
247 ha reintrodotto il diritto alla corresponsione di “(…) una somma per il
rimborso delle spese forfettarie”, la cui misura massima sarà determinata da un
emanando decreto del Ministro della Giustizia, ha ritenuto che, fino a quando non
sia emanato tale decreto, la predetta disposizione deve ritenersi in concreto non
operante.
Le spese sostenute dalla parte civile costituita vanno, pertanto, allo stato
liquidate con riguardo ai soli compensi, esborsi documentati rimborsabili ed
accessori di legge (IVA e CPA), mentre non è dovuto il rimborso delle “spese
forfettarie”. (Cass. Sez. 2^ Sentenza n. 43143 17/07/2013 dep. 22/10/2013).

9

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi di

DeIV

Fatti Alessandro, Pierro Marcello e Pollini

Isabella e condanna i predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuno al versamento della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Rigetta il ricorso di Cattaneo Piergiovanni e Clerici Marco e condanna i ricorrenti
al pagamento delle spese processuali.
Condanna tutti i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese sostenute per

e I.V.A.

Così deliberato in data 18.12.2013.
Il Consigliere estensore
Piercamillo Daviao

questo grado di giudizio dalla parte civile C.O.N.I. liquidate in C 2.960,00, C.P.A.

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