Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5520 del 22/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5520 Anno 2014
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FOSSATI CARLO N. IL 20/02/1971
avverso la sentenza n. 2507/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
01/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. TLA.tu ,’0 -à02-eg4
che ha concluso per i
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Data Udienza: 22/10/2013

,

1

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe,
ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Monza in
composizione monocratica, che, in data 26 settembre 2007, all’esito
del giudizio abbreviato, aveva dichiarato l’odierno ricorrente colpevole
della ricettazione continuata di timbri e sigilli rinvenuti in casa sua in

e della seminfermità – lo aveva condannato alla pena ritenuta di
giustizia, condizionalmente sospesa.

2.

Contro tale provvedimento, l’imputato (con l’ausilio di un

difensore iscritto all’apposito albo speciale) ha proposto ricorso per
cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma 1, disp. att. c.p.p.:
I – nullità della notifica del decreto di citazione in appello,
asseritamente notificato ex art. 157, comma 8-bis, c.p.p. al difensore
nonostante l’imputato avesse eletto domicilio presso il luogo di
residenza, in Vimercate, via Galbusera n. 12/A (dove peraltro risultano
eseguite tutte le notificazioni precedenti);
H – nullità del decreto di citazione a giudizio del 16 novembre
2006, perché, a seguito della declaratoria di nullità del precedente
decreto di citazione a giudizio del 24 marzo 2005, non preceduto da
nuovo avviso di chiusura delle indagini preliminari;
III – vizio di motivazione quanto alle ragioni del rigetto del predetto
motivo di appello, rigettato con motivazione generica;
IV – vizio di motivazione quanto all’elemento soggettivo del reato
(lamentando l’insussistenza del ritenuto fine di profitto, sussistendo un
mero fine ludico).

3.

All’odierna udienza pubblica, dopo il controllo della regolarità

degli avvisi di rito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e
questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato
mediante lettura in udienza.

data 10 ottobre 2003, e – ritenute le circostanze attenuanti generiche

2

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel suo complesso, inammissibile per genericità e per
manifesta infondatezza.

I LIMITI DEL SINDACATO DI LEGITTIMITA’ SULLA
MOTIVAZIONE
1. E’ necessario premettere, con riguardo ai limiti del sindacato di

cassazione, delineati dall’art. 606, comma 1, lettera e), c.p.p., come
vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 46 del 2006,
che, a parere di questo collegio, la predetta novella non ha comportato
la possibilità, per il giudice della legittimità, di effettuare un’indagine
sul discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la
propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito,
dovendo il giudice della legittimità limitarsi a verificare l’adeguatezza
delle considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per
giustificare il suo convincimento.

1.1. La mancata rispondenza di queste ultime alle acquisizioni
processuali può, soltanto ora, essere dedotta quale motivo di ricorso
qualora comporti il c.d. «travisamento della prova» (consistente
nell’utilizzazione di un’informazione inesistente o nell’omissione della
valutazione di una prova, accomunate dalla necessità che il dato
probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisività
nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica), purché
siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si
pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate
alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la
loro lettura senza alcuna necessità di ricerca da parte della Corte, e
non ne sia effettuata una monca individuazione od un esame
parcellizzato.

1.1.1. Il ricorso che, in applicazione della nuova formulazione
dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. intenda far valere il vizio di
«travisamento della prova» deve, a pena di inammissibilità (Cas .

7

legittimità sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per

3
pen., Sez. I, sentenza n. 20344 del 18 maggio 2006, CED Cass. n.
234115; Sez. VI, sentenza n. 45036 del 2 dicembre 2010, CED Cass.
n. 249035):
(a) identificare specificamente l’atto processuale sul quale fonda la
doglianza;
(b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale

ricostruzione svolta nella sentenza impugnata;
(c)

dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato

probatorio

invocato,

nonché

dell’effettiva

esistenza

dell’atto

processuale su cui tale prova si fonda tra i materiali probatori
ritualmente acquisiti nel fascicolo del dibattimento;
(d) indicare le ragioni per cui l’atto invocato asseritamente inficia e
compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza
della motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilità”
all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato.

1.1.2. In

proposito, può ritenersi ormai consolidato, nella

giurisprudenza di legittimità, il principio della c.d. “autosufficienza del
ricorso”, inizialmente elaborato dalle Sezioni civili di questa Corte
Suprema.
Valorizzando dapprima la formulazione dell’art. 360, comma 1, n.
5, c.p.c. (a norma del quale le sentenze pronunziate in grado d’appello
o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per
Cassazione: «(…)

5) per omessa, insufficiente o contraddittoria

motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato
dalle parti o rilevabile di ufficio»;

la disposizione stabilisce

attualmente, all’esito delle modifiche apportate dall’art. 54 d.l. n. 83
del 2012, convertito in I. n. 134 del 2012, che le sentenze pronunciate
in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate con
ricorso per cassazione «(…) 5) per omesso esame circa un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le

3

atto emerge e che risulta asseritamente incompatibile con la

4
parti»), ed attualmente la formulazione (introdotta dal D. Lgs. n. 40
del 2006) dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. (a norma del quale il
ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità:
<<(...) 6) la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda»), si è osservato che il ricorso per cassazione deve ritenersi ammissibile in generale, in relazione al principio dell'autosufficienza che lo connota, che era stato proposto contro la decisione del giudice di primo grado, non risulti impedito di avere adeguata contezza, senza necessità di utilizzare atti diversi dal ricorso, della materia che era stata devoluta al giudice di appello e delle ragioni che i ricorrenti avevano inteso far valere in quella sede, essendo esse univocamente desumibili sia da quanto nel ricorso stesso viene riferito circa il contenuto della sentenza impugnata, sia dalle critiche che ad essa vengono rivolte (Cass. civ. Sez. II, sentenza 2 dicembre 2005, n. 26234, CED Cass. n. 585217; Sez. lav., sentenza 17 agosto 2012, n. 14561, CED Cass. n. 623618). Tenuto conto dei principi e delle finalità complessivamente sottesi al giudizio di legittimità, questa Corte Suprema ha già ritenuto che <> (Sez. VI, sentenza n. 8700 del 21 gennaio – 21 febbraio
2013, CED Cass. n. 254584).

2.1.3. Risulta, pertanto, evidente che, «se il motivo di ricorso si
limita a riprodurre il motivo d’appello, per ciò solo si destina
all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la
quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento),
posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora
formalmente ‘attaccato’, lungi dall’essere destinatario di specifica
critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato. Nè tale forma di4
redazione del motivo di ricorso (la riproduzione grafica del motivo

10

sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di

11
d’appello) potrebbe essere invocata come implicita denuncia del vizio
di omessa motivazione da parte del giudice d’appello in ordine a
quanto devolutogli nell’atto di impugnazione. Infatti, quand’anche
effettivamente il giudice d’appello abbia omesso una risposta,
comunque la mera riproduzione grafica del motivo d’appello condanna
il motivo di ricorso all’inammissibilità. E ciò per almeno due ragioni. È
censura di merito. Ma soprattutto (il che vale anche per l’ipotesi delle

necessaria specifica e argomentata denuncia del vizio di omessa
motivazione (e tanto più nel caso della motivazione cosiddetta
apparente che, a differenza della mancanza “grafica”, pretende la
dimostrazione della sua mera “apparenza” rispetto ai temi
tempestivamente e specificamente dedotti); denuncia che, come
detto, è pure onerata dell’obbligo di argomentare la decisività del vizio,
tale da imporre diversa conclusione del caso».

2.1.4. Può, pertanto, concludersi che «la riproduzione, totale o

parziale, del motivo d’appello ben può essere presente nel motivo di
ricorso (ed in alcune circostanze costituisce incombente essenziale
dell’adempimento dell’onere di autosufficienza del ricorso), ma solo
quando ciò serva a “documentare” il vizio enunciato e dedotto con
autonoma specifica ed esaustiva argomentazione, che, ancora
indefettibilmente, si riferisce al provvedimento impugnato con il ricorso
e con la sua integrale motivazione si confronta. A ben vedere, si tratta
dei principi consolidati in materia di “motivazione per relazione” nei
provvedimenti giurisdizionali e che, con la mera sostituzione dei
parametri della prima sentenza con i motivi d’appello e della seconda
sentenza con i motivi di ricorso per cassazione, trovano piena
applicazione anche in ordine agli atti di impugnazione»

(Sez. VI,

sentenza n. 8700 del 21 gennaio – 21 febbraio 2013, CED Cass. n.
254584).

LA MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA D’APPELLO

3. Anche il giudice d’appello non è tenuto a rispondere a tutte le
argomentazioni svolte nell’impugnazione, giacché le stesse possono

11

censure in diritto contenute nei motivi d’appello) non è mediata dalla

12
essere disattese per implicito o per aver seguito un differente iter
motivazionale o per evidente incompatibilità con la ricostruzione
effettuata (per tutte, Cass. pen., Sez. VI, sentenza n. 1307 del 26
settembre 2002 – 14 gennaio 2003, CED Cass. n. 223061).

3.1.

In presenza di una doppia conforma affermazione di

della sentenza d’appello

per relationem

a quella della decisione

impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di
primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli
già esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello,
nell’effettuazione del controllo della fondatezza degli elementi su cui si
regge la sentenza impugnata, non è tenuto a riesaminare questioni
sommariamente riferite dall’appellante nei motivi di gravame, sulle
quali si sia soffermato il primo giudice, con argomentazioni ritenute
esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente
censurate.
In tal caso, infatti, le motivazioni della sentenza di primo grado e di
appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato
organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento
per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici
dell’appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli
usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle
determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione,
sicché le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito
costituiscano una sola entità (Cass. pen., Sez. II, sentenza n. 1309 del
22 novembre 1993 – 4 febbraio 1994, CED Cass. n. 197250; Sez. III,
sentenza n. 13926 del 1° dicembre 2011 – 12 aprile 2012, CED Cass.
n. 252615).

L’AFFERMAZIONE DI RESPONSABILITA’ <>.
4. Per quel che concerne il significato da attribuire alla locuzione
<>.

13

una funzione meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in

14

IL RICORSO
5. Alla luce di queste necessarie premesse va esaminato l’odierno
ricorso, in toto inammissibile, in parte per genericità e manifesta
infondatezza, in parte perché formulato per motivi non consentiti.

5.1. Il primo motivo è generico e manifestamente infondato.
Il ricorrente ha reiterato più o meno pedissequamente doglianze già

di appello, senza adeguatamente confrontarsi con il percorso
argomentativo condivisibilmente posto a fondamento del rigetto,
indicato nell’ordinanza che ha rigettato la relativa eccezione (cfr.
verbale udienza 1° ottobre 2013), richiamata – pur sinteticamente – in
sentenza (f. 2).

5.2. Il secondo motivo è generico e manifestamente infondato.
Anche in questo caso il ricorrente ha reiterato più o meno
pedissequamente le doglianze già costituenti oggetto di appello e già
disattese dalla Corte di appello, senza adeguatamente confrontarsi con
il percorso argomentativo condivisibilmente seguito dalla sentenza
impugnata, che ha evidenziato come, in fatto, il nucleo centrale delle
imputazioni fosse rimasto, pur all’esito della declaratoria di nullità
dell’originario decreto di citazione a giudizio, inalterato, avendo la
declaratoria di nullità comportato (f. 2) «l’eliminazione di alcuni
riferimenti generici e superflui che in nulla di sostanziale hanno
modificato l’originaria contestazione che già evidenziava in dettaglio
alcuni beni ricettati e la relativa condotta»: e, sul punto, il ricorri/10
non muove contestazioni .
Ciò assorbe anche il rilievo giuridico che le modifiche apportate, nel
corso del procedimento, all’imputazione provvisoria indicata nell’avviso
di chiusura delle indagini preliminari non impongono sistematicamente
la regressione del procedimento per consentire la notificazione di
nuovo avviso di chiusura delle indagini preliminari (per una
applicazione in tal senso, pur relativa a fattispecie formalmente
diversa, Cass. pen., Sez. V, sentenza n. 21703 dell’8 aprile 2003, C E D
Cass. n. 226282).

14

formulate nel corso del giudizio di appello, e già disattese dalla Corte

15

5.3. Il terzo motivo deve ritenersi non consentito (nella parte in cui
intenda sollecitare una non dovuta motivazione in diritto, poiché la
soluzione prescelta dalla Corte di appello è corretta: cfr. §§ 1.4. s. di
queste Considerazioni in diritto), e comunque generico e
manifestamente infondato (per le considerazioni di cui al § 5.2. di

5.4. Il quarto motivo è, ancora una volta, generico e
manifestamente infondato.
La Corte di appello, con rilievi esaurienti, logici, non contraddittori,
e pertanto incensurabili in questa sede, richiamando anche la sentenza
di primo grado, come è fisiologico in presenza di una doppia conforme
affermazione di responsabilità, ha compiutamente indicato (f. 3) le
ragioni poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità, anche
sotto il profilo soggettivo, precisando che

«la motivazione della

detenzione a fini di “gioco” non è stata nemmeno esplicitata davanti al
Giudice in alcun modo, ma soltanto riferita al perito in fase di giudizio
abbreviato, ed è francamente poco coerente con la messe del
materiale rinvenuta nella disponibilità dell’imputato, che attesta al
contrario l’impiego degli stessi per creare falsi e contraffatti documenti.
Quanto al dolo specifico, è evidente che FOSSATI, proprio in ragione
dell’ampiezza del materiale a sua disposizione ben agevolmente
avrebbe potuto trarne profitto mettendolo a disposizione di soggetti
terzi adusi alla contraffazione di documenti di circolazione e fiscali
(anche copie di documenti di tale natura sono state sequestrate)>>.
A tali rilievi il ricorrente non ha opposto alcunché di decisivo, se non
generiche ed improponibili congetture di carattere assertivo, non
corroborate da alcun elemento concreto, e senza documentare, nei
modi che si è visto essere di rito (§ 1.1. ss. di queste Considerazioni in
diritto) eventuali travisamenti.

5.4.1. Ciò assorbe anche il rilievo giuridico che.41t profitto, il cui
conseguimento integra il dolo specifico del reato di ricettazione, può
avere anche natura non patrimoniale (Cass. pen., Sez. II, sentenza n.

15

queste Considerazioni in diritto).

16
44378 del 25 novembre 2010, CED Cass. n. 248945, in fattispecie
relativa alla detenzione di una camicia militare, recante scritte in
caratteri ebraici, dell’esercito israeliano, considerata rappresentativa di
Israele, e costituente provento di rapina perpetrata da giovani intenti a
distribuire volantini di propaganda politica anti-israeliana).

LE STATUIZIONI ACCESSORIE.

sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali nonché – apparendo evidente che egli ha
proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità per colpa
(Corte cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto
dell’entità di dette,colpk- della somma di Euro mille in favore della
Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza pubblica 22 ottobre 2013.

6. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai

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