Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 552 del 05/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 552 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

Data Udienza: 05/07/2013

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Petruzzella Diego, nato a Racalmuto il 5.11.1947 e da Marchese Stefana,
nata a Racalmuto il 14.4.1958, avverso il decreto emesso il 12.10.2012
dalla corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
v.2G..u ■. 3
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9-ck.

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1
FATTO E DIRITTO

Con decreto pronunciato il 12.10.2012 la corte di appello di Palermo
confermava il decreto di confisca emesso dal Tribunale di Agrigento,

sezione misure di prevenzione in data 11/18 maggio 2011,con cui, da un
lato veniva applicata a Petruzzella Diego la misura di sicurezza della
sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel
comune di residenza per la durata di tre anni; dall’altro veniva disposta
la confisca di una serie di rapporti bancari e di conti correnti riconducibili

incompatibili con le risorse ufficialmente disponibili da parte del suddetto
nucleo familiare.
2. Avverso tale decreto, di cui chiedono l’annullamento, hanno proposto
ricorso per Cassazione con un unico atto, a mezzo del loro difensore di
fiducia, il Petruzzella e la Marchese, articolando tre motivi di ricorso.
3 Con il primo i ricorrenti deducono violazione di legge, in relazione agli
artt. 2 bis e 2 ter, I. n. 575 del 1965, in quanto i giudici di appello, nel
confermare il provvedimento di confisca, si sono limitati a confutare le
prospettazioni offerte e le allegazioni prodotte dalla difesa, senza
tuttavia verificare, a loro volta, l’esistenza della prova che i beni oggetto
del vincolo reale risultino sproporzionati al reddito dichiarato o all’attività
economica ovvero siano il frutto di attività illecita.
4. Con il secondo motivo di impugnazione il Petruzzella lamenta
violazione di legge, in relazione agli artt. 1 e 3, I. n. 1423/1956 e 1 e 2,
I. n. 575 del 1965, in quanto la corte territoriale non ha adeguatamente
motivato in ordine all’indispensabile requisito della attualità della
pericolosità sociale del proposto, desumendola dalla sua ritenuta
appartenenza alla “famiglia mafiosa di Racalmuto e dalla sua
partecipazione, in data 11.8.1991, al tentato omicidio di Cipolla Luigi,
sancite dalla sentenza emessa dalla corte di assise di Agrigento il
16.1.2009, non ancora passata in giudicato, senza considerare che, sulla
base delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Di Gati Maurizio e Di
Gati Beniamino, i cui verbali di interrogatorio la difesa ha prodotto nel
corso dei giudizi di merito, la presunta appartenenza del Petruzzella al
sodalizio in parola risulta circoscritta temporalmente sino ai primi
anni’90, come riconosciuto dallo stesso provvedimento oggetto di
ricorso, in cui, peraltro, viene erroneamente considerato irrilevante, ai

2

al suddetto Petruzzella ed alla moglie Marchese Stefana, ritenuti

fini di dimostrare l’allontanamento del ricorrente dall’ambiente di
mafioso di riferimento, la lunga detenzione da quest’ultimo patita a far
data dal luglio del 2007, sul presupposto della attuale operatività della
cosca sul territorio agrigentino.
5. Con il terzo motivo di ricorso, il Petruzzella lamenta violazione di

della misura applicata al proposto ed all’ulteriore prescrizione
dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza, non avendo la corte
territoriale fornita alcuna risposta al riguardo, se non attraverso una
clausola di stile.
6. Con requisitoria scritta depositata il 27.2.2013 il pubblico ministero,
nella persona del sostituto procuratore generale dott. Gioacchino Izzo,
ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
7. Con memoria depositata del 19.6.2013 il difensore dei ricorrenti
reiterava le proprie doglianze, evidenziando come il pubblico ministero,
nella requisitoria scritta, avesse omesso di pronunciarsi sulla misura di
prevenzione patrimoniale e come il provvedimento di ricorso fosse stato
legittimamente impugnato, mancando di effettiva motivazione sulla
attualità della pericolosità sociale.
8. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
9. In materia di misure di prevenzione, infatti, il ricorso per Cassazione
è circoscritto entro confini rigorosi, che sono stati definiti dalla
elaborazione della giurisprudenza di legittimità sviluppatasi in sede di
interpretazione dell’art. 4, co. 11, I. 27 dicembre 1956, n. 1423,
(attualmente sostituito dall’art. 10, co. 3, d. Ivo. 6 settembre 2011, n.
159) che, in virtù del richiamo ad esso operato dall’art. 3 ter, co. 2, I. 31
maggio 1965, n. 575, (attualmente sostituito dall’art. 27, co. 2, d. Ivo. 6
settembre 2011, n. 159) disciplina le impugnazioni avverso le misure di
prevenzione personali e patrimoniali, prevedendo che contro il
provvedimento con cui la corte di appello decide sull’impugnazione
proposta, è ammesso ricorso in Cassazione solo “per violazione di
legge”.

3

legge in ordine alla mancanza di reale motivazione in ordine alla durata

Proprio alla luce del chiaro dettato normativo, secondo quello che appare
come un orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza del
Supremo Collegio, si è affermato che in materia di misure di prevenzione
il ricorso per Cassazione può essere proposto soltanto per violazione di
legge, in cui sono compresi i vizi di mancanza della motivazione e di

motivazione apparente, sicché è inammissibile il ricorso con cui vengano
denunciati i vizi di contraddittorietà o di illogicità manifesta della
motivazione ovvero diretto a far valere vizi che non rendano la
motivazione del tutto carente e priva dei requisiti minimi di coerenza e
di logicità tale da risultare meramente apparente (cfr., Cass., sez. I,
17.1/2011, n. 5838, P.; Cass., sez. I, 12.1.2011, n. 5117, M.; Cass.,
sez. I, 10.12.2010, n. 580, V.).
Ne consegue che le censure prospettate dal Petruzzella e dalla Marchese
nei motivi di ricorso, risolvendosi, ictu ocu/i, da un lato in una mera
prospettazione alternativa delle risultanze processuali rispetto a quanto
già valutato nel merito dai giudici di primo e di secondo grado, dall’altro
in una generica doglianza sulla mancanza di motivazione effettiva del
provvedimento della corte territoriale, risultano inammissibili.
9.1 La corte territoriale, peraltro, lungi dall’adottare una motivazione
inesistente o apparente, ha puntualmente disatteso, anche riportandosi
al contenuto della motivazione del tribunale, le singole doglianze
difensive riportate nei motivi di ricorso, sottolineando, con approfondita
ed

articolata

motivazione,

corredata

da

pertinenti

richiami

giurisprudenziali, la sussistenza, nel caso in esame, di tutti i presupposti
di legge per l’applicazione delle due misure di sicurezza, personale e
patrimoniale, con particolare riferimento sia al requisito della attualità
della pericolosità sociale (cfr. pp. 7-9), sia alla sproporzione dei beni
oggetto di confisca del proposto e della moglie rispetto alla loro capacità
reddituale (cfr. pp. 9-13), soffermandosi anche sui profili della durata
complessiva della misura di prevenzione personale e dell’obbligo di
dimora nel comune di residenza dei Petruzzeila, evidenziando come tale
misura aggiuntiva sia necessaria ”al fine di assicurare un più pregnante
controllo sugli spostamenti e le frequentazioni del proposto” (cfr. p. 9),

4

……._

in relazione ai quali le censure del ricorrente non appaiono dotate di
sufficiente specificità.
10. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso proposto
nell’interesse di Petruzzella Diego e Marchese Stefana va, dunque,
dichiarato inammissibile, con condanna di questi ultimi, ai sensi dell’art.

favore della cassa delle ammende di una somma a titolo di sanzione
pecuniaria, che appare equo fissare in euro 1000,00, tenuto conto delle
questioni di diritto prospettate, che, come si è detto, da tempo avevano
trovato adeguata risposta ad opera della giurisprudenza di legittimità,
circostanza facilmente verificabile dal difensore del ricorrente, che,
quindi, non può ritenersi immune da colpa nella determinazione delle
evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186
del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 a favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 5.7.2013

616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento, nonché in

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