Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5518 del 22/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5518 Anno 2014
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Leto Russo Antonella, nata a Cirò Marina il 14.6.1977
avverso la sentenza n.4495/12 della Corte d’appello di Milano, Va sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Fulvio Baldi , che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe , la Corte di appello di Milano ,
confermava la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio , in data 4.7.2011 ,
che aveva condannato Leto Russo Antonella alla pena di anni due e mesi
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Data Udienza: 22/10/2013

otto di reclusione ed €. 3000,00 di multa per il reato di riciclaggio

AVALLONE Carlo – LETO RUSSO ANTONELLA – VIZZA Rita
reato di cui agli artt. 81 cpv. , 110 – 648 bis, co. 1° e 2′ – 648 ter
40)
co. 1° e 2° C. P. – ad. 7 D. L. 152/91, per avere, in concorso tra loro, con
più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, sostituito o
trasferito denaro, titoli, beni o altre utilità provenienti dai delitti di
usura e estorsione, ivi compresi i proventi illeciti di cui ai capi precedenti
e/o eseguito in relazione ad essi altre operazioni in modo da ostacolare
l’identificazione della provenienza delittuosa ai fini del successivi
reimpiego in attività economiche o finanziarie del denaro, dei titoli e dei beni
suddetti.In particolare, quanto ad AVALLONE Carlo:
1)si prestava a camuffare i reali termini della cessione della mansarda di
cui al capo 25) cheprecede, da parte di MONOLO Giovanni a Filippelli
Nicodemo, operando al fine di simulare che tale cessione non direttamente ma
per il tramite della società MOSE’ immobiliare Srl ,di D’APOTE Daniele,
amministrata di fatto da AVALLONE.
2 si prestava a camuffare i reali termini della cessione, di cui al capo 45) che
segue, della totalità delle quote della società EBE IMMOBILIARE dalla
società DOMUS 8s MEDIA Srl, amministrata da AUGUSTO Agostino, alla
società KRIMISA di FILIPPELLI Nicodemo e ZOCCHI Fabio, operando al fine di
simulare che tale cessione avveniva, non direttamente, ma per il tramite di
ALIVERTI Paolo, prestanome di AVALLONE,forniva l’apparente giustificazione
dell’incasso da parte del FILIPPELLI della somma di 250.000 euro, da
quest’ultimo estorta a AUGUSTO Agostino per le vicende calabresi di D’APOTE
Daniele, dì cui al capo 46) che segue, simulando la cessione alla ditta
EDILCAP di cui era titolare CAPPONI Mario (nei cui confronti si procede
separatamente), ma amministrata di fatto da FILIPPELLI Nicodemo e
ZOCCHI Fabio, del credito fittizio della società BASTIAN 86 BASTIAN Sri, di
cui l’AVALLONE era amministratore di fatto, nei confronti della società
MAKEALL, amministrata di fatto da AUGUSTO Agostino, documentato da
false fatture per operazioni inesistenti,
LETO RUSSO Antonella e VIZZA Rita.
1) disponibilità di assegni bancari/postali e cambiali ai fini della loro
monetizzazione per conto di FILIPPELLI Nicodemo, a firma di TAVERNESE
Luigi Gaetano, BONASERA Giuseppe, COPPINI Emanuele, LONATI Fabio e
ESPOSITO Margherita, – di cui ai capi 33, 34, 35, 36 e 37 che precedono,
sequestrati dai Carabinieri di Trecate il 21.03. 2007
2) monetizzazioni di titoli e movimentazioni di denaro per la somma totale
di 42. 800 euro, versata su conti correnti e libretti al portatore nella
disponibilità della stessa LETO RUSSO Antonella e di FILIPPELLI Nicodemo,
3) ripetute monetizzazioni di titoli e movimentazioni di denaro, anche
nell’ordine di circa 20,000 euro per volta, facendo da tramite tra FILIPPELLI
Nicodemo. per conto del quale monetizzava i titoli che questi le consegnava.
VIZZA Rita (suocera del FILIPPELLI), depositaria dei denaro provento della
monetizzazione dei titoli e i destinatari dei versamenti in contanti del
denaro, tra i quali lo stesso FILIPPELLI Nicodemo e MANCUSO Luigi.
Quest’ultimo almeno in una circostanza era destinatario dell’importo di
20.000 euro a mezzo due assegni circolari di 10.000 euro ciascuno emessi con
denaro prelevato da libretti al portatore inizialmente intestati a TRIFINO
Gaetano e quindi alla stessa LETO RUSSO Antonella;

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aggravato dal fine di agevolazione mafiosa, come di seguito precisato:

In Lonate Pozzolo dall’ottobre 2006 al 2009
1.1 Avverso tale sentenza ricorre il difensore di fiducia dell’imputata, avvocato
Corrado Viazzo, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo a motivo:
a) il vizio di motivazione circa la sussistenza del reato di cui all’art.648 bis
cod.pen. Lamenta innanzitutto che il Tribunale, dopo aver assolto la Leto dai capi
34,35 ,36 e 37 contraddittoriamente ha,poi, ritenuto le predette condotte
assorbite nel capo relativo al riciclaggio;osserva,inoltre, la difesa osserva che
finanziamenti concessi da Filippelli alle vittime e si fosse prestata a
contattare le persone per i rinnovi delle cambiali e per le false
dichiarazioni al P.M., il suo comportamento sarebbe stato di concorso nel
delitto di cui all’art. 644 c.p. e non quello residuale di riciclaggio e che sul punto
la motivazione è illogica e deve essere annullata.
1.2 Con il secondo motivo lamenta che la pena, così come determinata dalla
Corte è erroneamente calcolata perché la Corte ha individuato il reato più grave
senza fornire motivazione sul punto, applicando un unico aumento per
continuazione ed aggravante speciale di cui all’art.7 L.n.203/1991 ,senza alcuna
distinzione, e senza indicare i singoli aumenti per i reati satelliti.
1.3 Con il terzo motivo lamenta che la sentenza è contraddittoria nel punto in cui
ritiene sussistente l’aggravante dell’agevolazione mafiosa per poi escluderla dal
calcolo della pena e comunque che è contraddittoria l’affermazione di sussistenza
della predetta aggravante in assenza di prove specifiche che ne attestino la
sussistenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso non è fondato e non può essere accolto.
2.1 Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché ricalca integralmente
l’analogo motivo prospettato in appello senza alcuna valutazione ed argomentata
critica della decisione della Corte di merito . Sul Punto la Corte, anche facendo
legittimo rinvio alla sentenza di primo grado, ha già affermato che :” I caratteri

salienti della condotta posta in essere da Leto Russo sono stati
chiaramente delineati nella sentenza impugnata, nell’ambito di un quadro
probatorio nitido ed analitico, ricostruito con riferimento alle specifiche attività
poste in essere dall’imputatal giudici sono pervenuti alla pronuncia di
condanna sulla base dei consistente e significativo materiale istruttorio
acquisito, costituito da numerose conversazioni dal contenuto univoco.
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se veramente l’appellante avesse avuto coscienza della illiceità dei

corroborate dalla documentazione sequestrata,

che integrano

pacificamente la prova di tutti gli elementi del reato di riciclaggio.
Emerge, infatti, pacificamente che l’imputata ben conosceva la
provenienza delle somme che gestiva con le modalità puntualmente
descritte nella sentenza ( v. pag..714 e seg.), pur non avendo fornito un
contributo attivo e determinante alla consumazione dei reati presupposti.
Tanto è vero che la stessa difesa appellante si limita ad opporre
e quello di riciclaggio, assumendo che se la propria assistita avesse
avuto coscienza della illiceità dei prestiti o si fosse prestata a contattare le
persone per il rinnovo delle cambiali, avrebbe dovuto essere considerata
responsabile del reato di usura, ma non esamina alcun episodio concreto,
né critica alcun passaggio della motivazione. In ogni caso, come
chiaramente spiegato nella sentenza di primo grado,la Leto Russo,pur
avendo spesso conoscenza diretta e a volte indiretta delle condotte illecite
poste in essere dal Filipelli,non ha fornito contributi apprezzabili alla
realizzazione delle fattispecie criminose. Va dunque ribadito che la
partecipazione dell’imputata anche a fasi attuative del reato di usura è
sempre stata legata alla funzione di copertura svolta dall’attività
commerciale da lei gestita “La moda di Leto Russo Antonella”, nonché al
legame affettivo con lo stesso Filippelli. Proprio con riferimento all’unico
caso menzionato dalla difesa, relativo ad Esposito Margherita, emergono
tali profili. Non è affatto vero che la Leto Russo abbia rinegoziato il debito, La
sua partecipazione ai contatti telefonici tra la parte lesa ed il Filippelli deriva dal
fatto che alla vittima era stato chiesto di emettere gli assegni, comprensivi della
somma finanziata e dell’interesse usurario, a favore della ditta di cui Leto Russo
era titolare. Ma la differenza tra il debito e la somma che doveva essere

astrattamente l’incompatibilità tra il reato dì cui all’ art. 644 cod.pen.

restituita”, come si è già spiegato nel corso dell’esame dei motivi di appello
proposti da Nicodemo Filippelli, era stato stabilito esclusivamente da
quest’ultimo, destinatario del provento, in accordo con la Esposito.Ne deriva che
poiché gli assegni erano stati emessi a favore di Loto Russo, che doveva
conseguentemente curare la relativa ” contabilità”, Filippelli le chiede sono
duemila che ti deve dare?” (p.6,36 sentenza Tribunale), ma le espressioni della
parte lesa sono univoche nei evidenziare che il destinatario reale è soltanto
Filppelli.Leto Russo, prende nota, di volta in volta, di tutti gli importi oggetto degli

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)t

assegni e dei vaglia postali trasmessi a Filippelli. Significativa e la conversazione
relativa alla verifica dei conti trascritta integralmente a p. 718 e seg. della
sentenza ed nelle successive ivi espressamente citate.Le condotte che
integrano i reati di riciclaggio, poste in continuazione sono state
correttamente individuate dal Collegio che ha espressamente escluso alcune
fattispecie oggetto di contestazione da parte dell ‘accusa. Contrariamente a guarito
sostiene la difesa il Collegio ha anche dato atto del contrasto logico tra l’accusa
della insussistenza del reato presupposto discende l’assoluzione dai reato di
riciclaggio. Alla luce delle analitiche spiegazioni rese dal Collegio di prime
cure in ordine alla configurazione del reato di riciclaggio in relazione ai reati
Presupposto ( v. in particolare p. 683 e seguenti della sentenza gravata),
debbono ritenersi prive di rilevanza le osservazioni della difesa relative
all’assorbimento nei reati contestati ai capi 36 e 37 di cui al dispositivo, nonché la
mancanza di ogni interesse all’ impugnazione .Si desume in modo
inequivocabile dal chiaro ed univoco tenore delle motivazioni che i primi
giudici hanno escluso il concorso della Leto Russo nella perpetrazione dei
reati presupposto e che il riferimento all’assorbimento di questi nel reato
di riciclaggio, si riferisce evidentemente alla consapevolezza
dell’esistenza di tali fatti illeciti, condizione per la sussistenza
dell’elemento soggettivo del reato di riciclaggio. E’ chiaro ad ogni modo
che tale precisazione ,sia pure effettuata in termini impropri, non abbia
inciso in alcun modo nella determinazione della pena, compiuta con
esclusivo riferimento ai fatti accertati….”
2.2 La motivazione della Corte è congrua ed esaustiva : essa pone in
rilievo, con una argomentare convincente ed esaustivo, in punto di fatto e
con specifico richiamo alle acquisizioni probatorie sul punto, perché non

di riciclaggio e quella dei reati presuPposti, precisando altresì che dall’accertamento

sia possibile configurare il concorso della Leto nell’attività di usura che
viene gestita, per gli aspetti determinanti, dal solo Filippelli essendo a lei
riservato solo l’incarico di contabile, ragion per cui il Tribunale, con un
termine forse poco tecnico , ha ritenuto assorbito nella condotta di
riciclaggio, quella già autonomamente individuata sotto altre specifiche
imputazioni, dalle quale correttamente ha assolto con formula piena la
donna.
2.3 Si è peraltro già detto che il motivo del ricorso, generico ed
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v

esplorativo,è infondato, anche perchè meramente reiterativo di doglianze
pedissequamente prospettate con l’appello, senza farsi carico di
contrastare, se possibile, in termini critici e specifici, come prescrive
l’art.581 cod.proc.pen., le argomentazioni reiettive della Corte di merito.
2.4 Anche la censura relativa al calcolo della pena ed alla sussistenza
dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, non è fondata. In ordine
all’aggravante la Corte ha fatto rinvio alla puntuale motivazione del

consapevolezza della Leto sia della reale natura dell’attività del Filippelli
sia di operare in favore degli affiliati ad una consorteria. In ordine alla
pena ,va osservato che la Corte non solo ha individuato con puntualità
l’episodio più grave, perché,all’evidenza, più pieno di episodi criminosi di
rilevante entità, sicchè l’assenza di motivazione sul punto non può
considerarsi come una carenza strutturale della motivazione ma
semplicemente la mancata enunciazione di una affermazione pleonastica,
ma ha anche chiarito che la pena di anni due e mesi otto di reclusione e
lire 3000,00 di multa deve intendersi già comprensiva dell’aggravante
,calcolata sulla pena base, e che ritenuto l’effetto della concessione delle
attenuanti generiche ,la pena del Tribunale non denotava i vizi , peraltro
neanche puntualmente indicati, dal ricorrente che ha omesso di
esprimere una specifica censura sull’ammontare della pena.
Il ricorso, per i suddetti motivi deve essere rigettato: al rigetto consegue
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Tribunale che ha indicato le evidenze probatorie dalle quali desumere la

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