Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5514 del 12/12/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5514 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: ROMIS VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) MESSINA SALVATORE N. IL 29/07/1983
avverso l’ordinanza n. 164/2012 TRIB. LIBERTA’ di
CALTANISSETTA, del 21/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dqtt. VINCENZO
letta/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 12/12/2012

OSSERVA
Il GIP presso il Tribunale di Caltanissetta, con ordinanza emessa in data 30 maggio

2012, applicava nei confronti di Messina Salvatore la misura del divieto di dimora in
ipotesi di danneggiamento; secondo la prospettazione accusatoria, il Messina si
sarebbe introdotto la notte tra il 10 e 1’11 febbraio 2012 all’interno dei locali, di
proprietà comunale, concessi in comodato gratuito alla società “M. & G. Network”, che
vi gestiva un’attività di cali center, danneggiandoli mediante parziale sfondamento di
una parete in cartongesso e forzatura di due saracinesche, nonchè danneggiando i
computer presenti all’interno dei locali ed i distributori automatici di caffè e bevande
dai quali avrebbe, altresì, asportato il denaro in essi contenuto.
Proponeva istanza di riesame l’indagato, ed il Tribunale della libertà di Caltanissetta
confermava l’ordinanza impugnata ravvisando l’esistenza di un grave quadro
indiziario a carico del Messina in base ai seguenti elementi: 1) era stato accertato che
l’autore del fatto era entrato nell’immobile utilizzando le chiavi e digitando il codice di
disinnesco dell’allarme, il cui sistema era stato disattivato e riavviato diverse volte la
notte in cui era avvenuto il fatto delittuoso mediante l’inserimento del codice
corrispondente alla data di nascita del Messina; 2) gli unici soggetti in possesso delle
chiavi di accesso e del codice di disattivazione dell’allarme erano Colombrita Grazia,
titolare dell’attività (di fatto gestita dalla madre Pulvirenti Rosaria), la responsabile
Ornella Di Blasi, la dipendente Maria Miccichè, la signora preposta alle pulizie dei locali
– il cui marito la mattina dell’il febbraio, recatosi sul posto per sostituirla nel lavoro,
aveva scoperto quanto accaduto – il Messina e Rosselli Filippo (indagato nel medesimo
procedimento per favoreggiamento del Messina); 3) lo sfondamento della parete in
cartongesso appariva quale espediente per accreditare l’ipotesi di un accesso da parte
di estranei; 4) le impronte di calzature rilevate sul posto erano risultate compatibili
con calzature sequestrate presso l’abitazione del Messina; 5) dal controllo dei tabulati
erano emersi ripetuti contatti tra l’utenza dell’indagato e quella intestata a Cosentino
Filippo, amico del Messina: presso l’abitazione del Cosentino erano state sequestrate
calzature la cui suola presentava caratteristiche simili a quelle delle impronte
rinvenute sul luogo del fatto e non riconducibili alle scarpe sequestrate a

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Pietraperzia per il reato di furto aggravato in luogo di privata dimora unitamente a tre

casa del Messina; il Cosentino aveva dichiarato di aver ricevuto dal Messina la
richiesta di aiuto per essere rimasto con l’auto in panne ma non era stato in grado di
indicare il luogo in cui lo aveva raggiunto, precisando di averlo riportato a casa con la
propria auto; 6) contrariamente all’assunto difensivo, esisteva una situazione
conflittuale tra il Messina e la Pulvirenti; 7) allorquando era stato sentito come
riscontro negli accertamenti espletati dagli investigatori, ed in particolare nulla aveva
detto circa l’episodio riferito dal Cosentino; 7) le cassette raccoglitrici delle monete
inserite nella macchinette per il caffè ed altre bevande, e non raccolte dall’addetto da
circa una settimana, erano risultate svuotate.
Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale riteneva che la misura adottata appariva
adeguata a salvaguardarle, sussistendo un concreto pericolo di reiterazione del reato
alla luce della permanenza delle ragioni di contrasto tra i soggetti coinvolti nella
vicenda e della ripresa, nelle more, dell’attività del call center.
Ricorre per Cessazione il Messina, con atto sottoscritto dal difensore, deducendo vizio
motivazionale in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, sul
rilievo di un’asserita erronea valutazione delle risultanze probatorie, posto che il
Tribunale avrebbe basato il proprio convincimento su meri sospetti e congetture, in
mancanza di qualsiasi elemento certo per ritenere il fatto delittuoso riconducibile al
Messina; il ricorrente denuncia altresì vizio di motivazione in punto di esigenze
cautelari sostenendo che il Tribunale avrebbe evocato laconicamente un pericolo di
reiterazione di reato senza indicare elementi al riguardo.
E’ stata poi depositata memoria difensiva con ulteriori argomentazioni a sostegno del
proposto gravame.
Il ricorso per cassazione, con il quale l’indagato – tramite il difensore – ha censurato la
suddetta ordinanza per il profilo di gravità del quadro indiziario nonché per quel che
concerne le esigenze cautelari (peraltro, relativamente a questo secondo aspetto, con
argomentazioni del tutto generiche) è privo fondamento e deve essere quindi
rigettato: ed invero, il giudice di merito (con le argomentazioni sopra ricordate e da
intendersi qui integralmente richiamate onde evitare superflue ripetizioni) ha dato
conto, con puntuale e adeguato apparato argomentativo, incensurabile in sede di
controllo di legittimità, delle ragioni per le quali il soggetto era attinto da gravi indizi di

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persona informata dei fatti, il Messina aveva riferito circostanze che non trovavano

colpevolezza, enunciando analiticamente gli elementi fattuali rilevanti a tal fine, tutti
significativamente convergenti nel senso della qualificata probabilità di colpevolezza
dell’indagato; ed ha altresì dato conto della ritenuta sussistenza delle esigenze
cautelari indicando, sia pure sinteticamente, le ragioni del ravvisato pericolo di
reiterazione del reato. Il gravame, in definitviva, risulta per lo più sostanzialmente
della vicenda criminosa, nonché basato su censure, per un verso infondate in diritto e,
per altro verso, relative a valutazioni di merito, nonché generiche – ed in quanto tali
inammissibili nel giudizio di legittimità – in ordine alle esigenze cautelari.
Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 12 dicembre 2012
Il Consigliere estensore

Il Presidente
(Pietro Antonio Sirena)

diretto ad una rilettura degli elementi indiziari, e ad una diversa ricostruzione fattuale

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