Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5513 del 22/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5513 Anno 2014
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Castellone Salvatore, nato a Napoli il 22.4.1984
avverso la sentenza n.2349/2012 della Corte d’appello di Napoli, Via
sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
generale, Fulvio Baldi , che ha concluso chiedendo il rigetto del
ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Napoli,
1

Data Udienza: 22/10/2013

in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale della stessa
città , in data 5.12.2011 , ritenute attenuanti generiche prevalenti
sulla contestata aggravante e sulla recidiva, rideterminava la pena
per Castellone Salvatore in quella di anni uno e mesi otto di

a) Del reato p.ep. dagli artt.110,628 c.p. commi 1 e 3 perché in concorso ed unione
tra loro al fine di trarne profitto, con violenza consistita nel colpire al volto Liscio
Gennaro con un pugno e cagionandogli le lesioni di cui al capo B, si
impossessavano del danaro che la persona offesa aveva nella tasca dei pantaloni
con l’aggravante di aver commesso il fatto in più persone riunite
b) del reato p.ep. dagli artt. 110,582,585 c.p.e 61 n.2 c.p. perché al fine
di commettere il reato di cui al capo a) con la condotta di cui al capo a)
cagionavano a Liscio Gennaro lesioni consistite in trauma contusivo
emivolto sinistro, giudicate guaribili in giorni tre .In Napoli il 28.5.2011 . Con la
recidiva specifica ed infraquinquennale

1.1Avverso tale sentenza propone ricorso il difensore di fiducia
dell’imputato, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo
la violazione dell’art.606 co 1 lett. b) ed e) essendo viziata la
motivazione della sentenza per illogicità e contraddittorietà nel punto
in cui qualifica i fatti come rapina e non come furto aggravato perché
non vi fu violenza contro la persona e la parte offesa si provocò da
sola le lesioni riscontratele,urtando contro un distributore nel punto
in cui nega la sussistenza dell’attenuante di cui all’art.62 n.6
cod.pen. ,non essendo stata ritenuta congrua l’offerta reale messa a
disposizione della vittima, pur essendo state,poi, riconosciuto le
attenuanti generiche proprio in virtù di quella offerta di risarcimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.11 ricorso è manifestamente infondato.
2.1 11 primo motivo di ricorso è meramente assertivo e generico
perché il ricorrente si limita ad affermare che non sussistono gli
elementi della rapina , essendosi svolti i fatti in modo affatto diverso
da come ricostruiti dalla Corte di merito ma non fornisce alcun
elemento probatorio al quale riconnettere tale ricostruzione. In tema
2

reclusione ed euro 500,00 di multa per i reati di seguito indicati:

di impugnazioni,tuttavia, il requisito della specificità dei motivi,
richiesto espressamente dall’art. 581 c.p.p. a pena di inammissibilità,
implica a carico della parte impugnante non solo l’onere di dedurre le
censure ad uno o più punti determinanti della decisione, ma anche
quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi e le ragioni
che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al
decidente della impugnazione di individuare i rilievi mossi ed
/1999 Rv. 214249; n. 31462 /2013 Rv. 256303; n. 1237/2012 Rv.
254150
2.2 Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.
2.3 La Corte di merito ,infatti, ha negato l’attenuante del risarcimento
del danno avendo ritenuto assolutamente incongrua l’offerta. Questa
Corte ha già affermato il principio secondo cui un risarcimento dei
danni non integrale se per un verso non consente il riconoscimento
dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6 cod. pen.,per l’altro può essere,
coerentemente, valutato dal giudice in funzione della concessione
delle attenuanti generiche. E’ pertanto del tutto infondata la censura
di contraddittorietà della motivazione, sul punto.
3.Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve
essere condannato al pagamento delle spese del procedimento,
nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle
ammende di una somma che, alla luce del

dictum della Corte

costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di
colpa, si stima equo determinare in curo 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

3

esercitare il proprio sindacato (n. 5020/2009 Rv. 245907; n. 8803

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla
Cassa delle ammende.

Così deciso iri• oma il 22 ottobre 2013
)

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