Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5510 del 22/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5510 Anno 2014
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE FILIPPIS ALESSANDRA N. IL 24/10/1967
ORESTE MICHELE N. IL 24/05/1972
QUARTO FRANCESCO N. IL 20/02/1976
avverso la sentenza n. 1655/2011 CORTE APPELLO di BARI, del
20/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (t:-ea a g o
che ha concluso per
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-; ,–e-e< 5-; n e-te, -.etc . /;/-é- Udito, per la parte civile, l'Avv Uditi difensor Avv. Y,' ce-v i51 7, co 9, D C- e c- - Data Udienza: 22/10/2013 MOTIVI DELLA DECISIONE ORESTE Michele. §1.) ex art. 606 I^ comma lett. B) cpp, violazione ed erronea applicazione dell'art. 8 I. 203/91, perché pur avendo l'imputato prestato piena collaborazione con l'Autorità giudiziaria, la Corte d'Appello di Bari ha negato la relativa attenuante. §2.) ex art. 606 I^ comma lett. E) cpp, vizio di motivazione, perché la Corte d'Appello ha negato l'applicazione del beneficio dell'indulto ex 1. 241/2006. QUARTO Francesco §1.) ex art. 606 P comma lett. B) cpp violazione dell'art. 29 cp. La difesa rileva che l'imputato è stato condannato alla pena complessivamente determinata, di anni 3 e mesi otto di reclusione con l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque. La difesa sostiene l'illegittimità della pena accessoria da correlarsi esclusivamente alla sanzione stabilita per il reato base ritenuto più grave ai fini delle statuizioni previste dall'art. 81 cpv. cp. Nel caso in esame, tenuto conto della degli effetti derivanti dal giudizio di bilanciamento delle circostanze, l'imputato sarebbe stato condannato per il reato ritenuto più grave ad una pena non superiore ai tre anni di reclusione con conseguente illegittimità dell'applicazione della sanzione accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici. DE FILIPPIS Alessandra §1.) ex art. 606 I^ comma lett. C) cpp, l'omessa notificazione dell'avviso dell'udienza del giudizio di appello al secondo difensore dell'imputata con conseguente nullità della decisione ex art. 178 I^ comma lett. C) cpp. §2.) ex art. 606 I^ comma lett. E) cpp, vizio di omessa motivazione in riferimento alla indicazione delle ragioni poste a sostegno dell'applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di un anno. §3.) ex art. 606 I^ comma lett. B) ed e) cpp, vizio di motivazione ed erronea applicazione dell'art. 81 cov. Cp, perchè la Corte d'Appello non ha formulato alcuna considerazione o valutazione in merito alla richiesta dell'applicazione dell'art. 81 cpv. Cp, dichiarando la continuazione fra i fatti di cui alla presente decisione e quelli giudicati con la sentenza 12.2.1997 Con atto depositato in cancelleria in data 1.10.2013 la difesa della DE FILIPPIS Alessandra ha allegato una "integrazione dell'atto di ricorso" denunciando "la violazione dell'art. 606 lett. b) e d) in relazione alla conlèrma della condanna per il capo c) di imputazione dell'odierno DE FILIPPIS Alessandra, ORESTE Michele, QUARTO Francesco ricorrono per Cassazione avverso la sentenza 20.4.2012 con la quale la Corte d'Appello di Bari, ex art. 627 cpp ha condannato il primo alla pena di anni tre, mesi tre di reclusione, gli altri alla pena di anni tre mesi due di reclusione e 400,00 E di multa per la violazione dell'art. 629 cp. Gli imputati richiedono l'annullamento della sentenza impugnata rispettivamente deducendo: PREMESSA IN FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Dalla lettura degli atti si evince che gli imputati sono stati sottoposti a procedimento penale e giudicati dal Tribunale di Bari che con sentenza 1.4.2008 dichiarava: DE FILIPPIS Alessandra colpevole delle imputazioni a lei ascritte e, unificate sotto il vincolo della continuazione, ritenuta quella contestata sub capo A 33) la più grave, con l'aumento ex art. 7 1. 203/91, riconosciute le attenuanti generiche prevalenti rispetto alle altre aggravanti contestate, con l'aumento ex art. 81 cpv. cp e con la diminuente per il rito, la condannava alla pena di anni quattro, mesi quattro di reclusione e 400,00 € di multa; applicava la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni uno QUARTO FRANCESCO colpevole di tutte le imputazioni a lui ascritte e, unificate le condotte sotto il vincolo della continuazione, ritenuta quella contestata sub caopo C) la più grave con aumento ex art. 7 1. 203/91, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle altre contestate aggravanti, nonché alla recidiva, con l'aumento per la continuazione ex art. 81 cpv. cp e con la diminuente per il rito, lo condannava alla pena di anni sette, mesi quattro di reclusionena; dichiarava l'imputato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici, e in stato di interdizione legale per la durata della pene nonché la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni due una volta espiata la pena principale ORESTE MICHELE, colpevole delle imputazioni a lui ascritte e, unificate le condotte sotto il vincolo della continuazione, i tenuta quella contestata web capo A 33) la più grave, con l'aumento ex art. 7 1. 203/91, riconosciute le attenuanti generiche prevalenti rispetto alle altre aggravanti contestate e alla recidiva, con l'aumento ex art. 81 cpv. cp e con la diminuente per il rito, lo condannava alla pena di anni quattro, mesi quattro di reclusione e 400,00 € di multa; dichiarava l'imputato interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque La Corte d'Appello di Bari, adita dagli imputati, con sentenza 7.5.2009, riduceva la pena irrogata al QUARTO Francesco, rideterminandola in anni cinque e mesi quattro di reclusione, confermando nel resto. Ricorrenti il Procuratore Generale e gli imputati, la Corte di Cassazione, con sentenza 28.4.2011 procedimento (estorsione delle autovetture) - richiesta di revisione ai sensi e per gli eljètti della sentenza della Corte Costituzionale 113/2011". La ricorrente richiede in particolare che questa Corte verifichi se in tutti i gradi di giudizio essa sia stata messa nelle condizioni di esercitare il diritto di difesa e se siano stati presi in considerazione tutti gli elementi deponenti in termini favorevoli, sollecitando in tal senso una rilettura degli atti processuali [pag. 3 della memoria] ed allegando lo stralcio della memoria presentata innanzi alla Corte d'Appello di Milano. RITENUTO IN DIRITTO Il ricorso di ORESTE Michele è inammissibile. La Corte d'Appello [vv. Pp. 15 e 16] con motivazione non sindacabile nel merito, ha escluso la circostanza aggravante di cui all'art. 7 1. 203/91, correlata al capo A 33) e ha modificato, in termini più favorevoli il trattamento sanzionatorio. La Corte d'Appello ha deciso entro gli stretti limiti devoluti dalla Corte di legittimità con la decisione del 28.4.2011. Pertanto nessuna altra questione poteva essere oggetto di decisione, dovendo qui trovare applicazione il principio del c.d. "giudicato progressivo - formatosi ex art. 624 cpp. Il contenuto del ricorso è eccentrico rispetto a quanto devoluto nel giudizio di rinvio, posto che alla Corte territoriale non era stata demandata la questione dell'applicabilità dell'attenuante oggi qui invocata. Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, poichè investe questioni che hanno ormai acquisito autorità di cosa giudicata ex art. 624 cpp. Il secondo motivo di ricorso dell'ORESTE è manifestamente infondato: la mancata applicazione, in sede di appello della disciplina della disciplina dell'indulto introdotto dalla legge 241/2006, non costituisce legittimo motivo di impugnazione in sede di legittimità, potendo la questione essere devoluta al giudice della esecuzione. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 così equitativamente stabilita la sanzione prevista dall'art. 616 cpp, - annullava senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti del QUARTO limitatamente alle pene accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici che determinava nella durata di anni cinque e d'interdizione legale durante la pena che eliminava annullava la sentenza impugnata (con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Bari) nei confronti del QUARTO limitatamente al computo delle già concesse attenuanti generiche e alla misura della confisca della quatto della "San Nicola Piccola società Cooperativa" - annullava la sentenza impugnata (con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Bari) nei confronti di QUARTO, ORESTE e DE FILIPPIS limitatamente all'aggravante di cui all'art. 7 DL 203/91 attinente al reato di cui al capo A 33. La Corte d'Appello di Bari, quale giudice del rinvio ex art. 627 cpp così disponeva, con sentenza 20.4.2012: "....DE FILIPPIS Alessandra: esclusa per il reato al capo A 33 l'aggravante di cui all'art. 7 dl 152/91, riduce la pena ad anni tre mesi due di reclusione ed é' 400,00 di multa ....ORESTE Michele: esclusa per il reato di cui al capo A 33) l'aggravante di cui all'art. 7 DL 152/91, riduce la pena ad anni tre e mesi due di reclusione ed e 400,00 di multa; revoca la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici QUARTO Francesco, esclusa per il reato di cui al cappa A 33) l'aggravante di cui all'art. 7 DL n. 152/91, riduce la pena ad anni tre, mesi otto di reclusione; revoca la confisca delle quote societarie in sequestro.... Il ricorso del QUARTO è infondato. L'imputato è stato condannato ad anni 3, mesi otto di reclusione così determinata: pena base per il reato ritenuto più grave (capo C) anni cinque di reclusione, aumentata per effetto della circostanza aggravante ad anni sei e mesi otto di reclusione e diminuita per effetto delle riconosciute circostanze attenuanti generiche ad anni 4 mesi sei di reclusione. La suddetta pena è stata quindi aumentata, per effetto dell'applicazione dell'art. 81 cpv. Cp ad anni cinque e mesi sei, successivamente ridotta ex art. 442 cpp nella misura di anni 3, mesi otto di reclusione. Per giurisprudenza costante di questa Corte di legittimità si è affermato che in caso di condanna per reato continuato, la pena principale alla quale si deve fare riferimento per stabilire la durata della conseguente pena accessoria è quella inflitta per la violazione ritenuta più grave, come determinata per effetto del giudizio di bilanciamento tra le circostanze attenuanti ed aggravanti e non già a quella complessivamente individuata a seguito degli aumenti derivanti dalla ritenuta "continuazione" [Cass. Sez. I 30.1.2013 n. 7346 in Ced Cass. Rv. 254551]. Questa Corte ha affermato altresì il condiviso principio per il quale ai fini dell'applicazione della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, il giudice deve tenere conto dell'entità della pena principale irrogata dalla sentenza di condanna anche all'esito dell'eventuali diminuzioni processuali [Cass sez. V 26.11.2008 n. 46340 in Ced Cass. Rv 242322, conforme a Cass. SU 27.5.1998 n. 8411 in Ced Cass. Rv. 210980], prevista dall'art. 442 cpp. Nel caso in esame la pena base per il reato più grave è stata determinata in anni 4 e mesi sei di reclusione e per effetto della diminuente dell'art. 442 cpp è pari ad anni tre di reclusione. Trattasi di condanna che ex art. 29 cp impone l'applicazione della sanzione accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata di anni cinque. Infatti si tratta di sanzione a pena detentiva "non inferiore" a tre anni così come stabilito dal II^ comma dell'art. 29 cp. La decisione della Corte d'Appello è pertanto corretta e il ricorso va rigettato con la conseguente condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali. Il ricorso della DE FILIPPIS è infondato. L'omissione dell'avviso ad uno dei due difensori dell'imputato della data fissata per l'udienza (nel caso di specie, per il giudizio di appello) dà luogo ad una nullità "a regime intermedio", la quale resta sanata, ai sensi dell'art. ravvisandosi nella condotta processuale del medesimo, estremi di responsabilità. Per completezza va qui ancora osservato che il ricorrente ha allegato al proprio atto di impugnazione una copia di un ricorso straordinario formulato ex art. 625 bis cpp che sarebbe stato inoltrato alla Cancelleria della Corte d'Appello di Bari per un successivo inoltro alla Corte di Cassazione. Tale atto risulta privo di qualsiasi attestazione che ne certifichi l'inoltro presso questo ufficio e non viene pertanto preso in considerazione trattandosi di mera allegazione documentale al ricorso principale. 182 comma secondo dello stesso codice, se un difensore presenzia all'udienza e nulla eccepisce [v. Cass SU 16.7.2009 n. 39060 in Ced Cass. Rv 244187] con riferimento a vizi della notificazione dell'avviso al codifensore. La difesa sostiene che nella specie la questione attinente alla nullità può essere eccepita al di là del termine previsto dall'art. 181 cpp, perchè il richiamo in esso fatto agli "atti preliminari" al dibattimento non può che essere riferibile al giudizio di primo grado e non già a quello dell'appello. L'argomento della difesa è infondato. Il giudizio di appello segue necessariamente una scansione sovrapponibile a quella del giudizio di primo grado costituita da una fase preliminare nella quale viene accertata la regolare costituzione del rapporto processuale ed ove le parti possono sollevare le eccezioni non rilevabili di ufficio, che devono essere decise dal Giudice dell'appello immediatamente dopo il compimento delle formalità di apertura del dibattimento stesso. Detta attività deve ritenersi disciplinata, anche per il giudizio di appello dall'art. 491 cpp in virtù del principio affermato dall'art. 598 cpp per il quale in grado di appello si osservano in quanto applicabili le disposizioni relative al giudizio di primo grado e fatto salvo quanto disposto nelle particolari disposizioni che attengono al giudizio di impugnazione in esame. Nel caso in esame non si ravvisano ragioni giuridiche (nè la difesa le indica) per le quali si debba escludere la regola stabilita dall'art. 491 cpp, con la conseguenza che la disposizione dell'art. 181 cpp attinente al momento entro il quale debbono essere enunciate le nullità a regime intermedio, mantiene la sua completa validità e applicazione. Dal tenore del ricorso e dall'esame del verbale dell'udienza si evince che la imputata è stata assistita da difensore di fiducia il quale non ha eccepito, nei termini di cui all'art. 491 cpp, il difetto della notificazione dell'avviso della udienza al codifensore, con conseguente sanatoria della nullità. Il motivo di ricorso va quindi rigettato. Con il secondo motivo la ricorrente la difesa lamenta il vizio di mancanza di motivazione con riferimento all'applicazione e alla determinazione della misura di sicurezza della libertà vigilata. La censura è manifestamente infondata. La difesa pone in discussione una questione non devoluta alla Corte di Appello con la sentenza di rinvio del 28.4.2010. La rivalutazione dell'entità della pena con riferimento all'esclusione della circostanza aggravante ex art. 7 1. 203/91 non risulta che abbia modificato il presupposto per l'applicazione della misura di sicurezza ex art. 229 cp (nè la difesa lo comprova), che rimane correlata all'entità della sanzione penale ed ad una valutazione della pericolosità dell'imputata ancorata su un giudizio prognostico legato ai parametri previsti dall'art. 133 cp (richiamato dalla Corte territoriale) in un complessivo quadro che la stessa Corte d'Appello, non ha giudicato modificato rispetto alla precedente decisione che, sul punto, non è stato oggetto di censura da parte della Corte di legittimità; infatti la Corte territoriale ha richiamato e preso in considerazione, in un complessivo giudizio, anche gli altri capi e punti della sentenza relativi alla posizione dell'imputata che è stata oggetto di valutazione in relazione al ruolo svolto nella commissione del reato e alla P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso di ORESTE Michele e condanna il predetto ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 1.000,00 alla Cassa delle Ammende. Rigetta i ricorsi di DE FILIPPIS Alessandra e Quarto Francesco che condanna al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 22.10.2013 sua personalità [v. pag. 6 della sentenza impugnata]. La censura è quindi inammissibile. E' altrettanto inammissibile la censura di cui al terzo motivo di ricorso. Nella specie si tratta di doglianza con la quale non viene messa in evidenza la ragione della erroneità della decisione della Corte d'Appello. Va inoltre rilevato che anche in questo caso la difesa sottopone in questa sede una questione che non risulta essere stata oggetto di devoluzione alla Corte d'Appello in sede di rinvio con la decisione 28.4.2011 essendo quest'ultima chiamata a decidere limitatamente alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 7 1. 203/91 esclusivamente in riferimento al capo A 33). pertanto la Corte d'Appello di Bari non poteva formulare alcun ulteriore giudizio in tema di "continuazione ex art. 81 cpv. cp" siccome esulante dagli ambiti della devoluzione. Parimenti deve ritenersi inammissibile la doglianza contenuta nei motivi aggiunti sotto due diversi profili. In primo luogo il contenuto della memoria depositata in data 1.10.2013 esula dai motivi illustrati nel ricorso principale, sì da essere conseguentemente inammissibili. In secondo luogo le doglianze proposte dalla ricorrente con i "motivi nuovi -, sono generiche perchè richiedono una rivalutazione di atti processuali non meglio specificatamente individuati e senza la formulazione di precise censure; in terzo luogo va ancora osservato che quanto è oggetto di richiesta con i motivi aggiunti esula comunque dal contenuto della decisione di rinvio qui impugnata. Il ricorso dell'imputata deve quindi essere rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali.

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