Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5505 del 22/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5505 Anno 2014
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LUMICISI MAURIZIO N. IL 21/05/1963
avverso la sentenza n. 9934/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
19/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 22/10/2013

LUMICISI Maurizio, imputato per la violazione degli artt. 648 bis e 99 IV
comma cp, ricorre per Cassazione avverso la sentenza 19.3.2012 con la quale la Corte d’Appello di Roma lo ha condannato alla pena di anni 3 di reclusione ed € 3.000,00 di multa
La difesa chiede l’annullamento della sentenza deducendo:
§1.) ex art. 606 I^ comma lett. C) cpp, la violazione dell’art. 125, 177, 605
cp, 24 comma 2, 101 commi 1 e 2, 111 Cost., perchè la sentenza è stata motivata per relationem; richiamate le decisioni 14814/2008, 2196/2003, la difesa sostiene che le deduzioni contenute nell’atto di appello hanno ricevuto
una risposta inadeguata, lamentando in particolare che la Corte territoriale
non ha svolto considerazioni sulle tesi della difesa in relazione block notes
sequestrato e al modello di OPEL (corsa) rinvenuto nel corso della perquisizione.
§2.) ex art. 606 P comma lett. B) cpp, perché il fatto ascritto all’imputato
integrerebbe la violazione dell’art. 648 cp e non già quella dell’art. 648 bis
cp, poiché la condotta dell’imputato non sarebbe stata idonea ad ostacolare
l’identificazione della provenienza del bene. La difesa sostiene che sulle varie parti del veicolo il costruttore appone sigle e numeri identificativi, con la
conseguenze che essi sarebbero sempre rintracciabili
§3.) ex art. 606 P comma lett e) cpp, vizio di motivazione, perché la Corte
d’Appello ricorrendo a vuote formule giuridiche, non ha indicato in modo
specifico le ragioni poste a base della determinazione della sanzione, della
l’aggravante ex art. 648 bis II comma cp e del negato riconoscimento delle
attenuanti generiche, essendo comunque la pena eccessiva
RITENUTO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato.
La sentenza impugnata richiama, per relationem quella di primo grado, condividendola per le argomentazioni in essa contenute. E’ principio costante
che il giudice di appello può motivare la propria decisione richiamando le
parti corrispondenti della motivazione della sentenza di primo grado solo
quando l’appellante si sia limitato alla mera riproposizione delle questioni di
fatto o di diritto già espressamente ed adeguatamente esaminate e correttamente risolte dal primo giudice, ovvero abbia formulato deduzioni generiche, apodittiche, superflue o palesemente inconsistenti [Cass. Sez. VI
7.3.2013 n. 17912 in Ced Cass. Rv 2553921 e si deve ribadire che la sentenza di appello confermativa della decisione di primo grado è viziata per
carenza di motivazione se si limita a riprodurre la decisione confermata dichiarando in termini apodittici e stereotipati di aderirvi, senza dare conto
degli specifici motivi di impugnazione che censurino in modo puntuale le
soluzioni adottate dal giudice di primo grado e senza argomentare sull’inconsistenza o sulla non pertinenza degli stessi, non potendosi in tal caso
evocare lo schema della motivazione “per relationem”[Cass. Sez. VI
21.11.2012 n. 49754 in Ced Cass. Rv 254102].

MOTIVI DELLA DECISIONE

La decisione impugnata risponde in modo evidente ai principi suindicati con
la conseguenza che la prima doglianza formulata dalla difesa è manifestamente infondata sotto tutti i profili.
La Corte territoriale dopo la premessa con la quale richiama la motivazione
della decisione di primo grado ha elencato gli elementi di prova a carico dell’imputato, ha affrontato la questione sollevata dalla difesa in ordine alla
valenza penale del gesto compiuto dall’imputato e ha indicato gli elementi
della condotta in base ai quali ha ritenuto integrato il delitto di riciclaggio e
non già quello di estorsione (nella forma consumata e non tentata). Parimenti è adeguata la motivazione relativa alla circostanza aggravante.
Contrariamente a quanto apoditticamente asserito dalla difesa, la sentenza è
corredata di motivazione tale che è da escludersi la violazione dell’art. 125
cpp, con conseguente insussistenza della fattispecie di cui all’art. 606 I^
comma lett. c) cpp.
La doglianza della difesa, in astratto è riconducibile alla diversa ipotesi di
cui all’art. 606 P comma lett. e) cpp, senza che se ne ravvisino comunque
gli estremi; la difesa lamenta sotto questo profilo due distinti aspetti; la Corte territoriale non avrebbe speso parola in relazione al block notes sequestrato nè in ordine al modello di autovettura rinvenuto nella officina e diverso
da quello annotato nel block notes.
Contrariamente a quanto asserito dalla difesa, [pag. 2 della sentenza] la
Corte territoriale fa espresso riferimento sia agli “appunti contenenti ordinativi di parti e componenti di autoveicoli rinvenuti nella esclusiva disponibilità dell’imputato”, sia all’autovettura OPEL Corsa oggetto di sequestro;
nella sentenza inoltre non si sostiene che gli appunti sequestrati si riferissero
proprio alla OPEL CORSA che, rubata è stata trovata nella disponibilità dell’imputato priva delle targhe e degli sportelli posteriori, con l’impianto di
accensione forzato, la batteria manomessa, la plancia copri piantone staccata, con la conseguenza che l’argomentazione difensiva sul punto appare del
tutto generica e priva di rilievo concreto.
In diritto va osservato ancora che la doglianza della difesa in ordine alla denunciata carenza di motivazione circa la correlazione tra gli “appunti” e il
veicolo OPEL rubato e trovato nella disponibilità dell’imputato, è inammissibile perchè del tutto generica; la difesa sul punto non ha neppure dimostrato che il giudicante abbia tratto elementi di prova decisivi a carico dell’imputato proprio dalla suddetta correlazione.
Il secondo motivo di ricorso va rigettato.
L’ontologica differenza tra delitto di ricettazione e quello di riciclaggio,
consiste nel fatto che con il reato di cui all’art. 648 cp viene punita la sola
acquisizione di un bene di provenienza da delitto, mentre con il reato previsto dall’art. 648 bis cp, l’autore è punito per avere compiuto operazioni atte
ad ostacolare la provenienza illecita di un bene.
L’imputato, nella specie, è stato sorpreso dalla polizia giudiziaria nell’atto
di disassemblare un’autovettura Opel rubata tre giorni prima.
L’azione di smontare le singole componenti meccaniche di un veicolo rubato, cannibalizzandolo, integra la violazione dell’art. 648 bis cp. Infatti
l’atomizzazione di un veicolo rubato, nelle sue singole componenti meccaniche elementari, fa sì che di esse, una volta installate su altri veicoli di esse

se ne perda la traccia, così ostacolando l’identificazione della provenienza
delittuosa dei singoli pezzi o rendendo comunque più difficile il suddetto
accertamento [Cass. Sez. 11 14.12.2012 n. 1422 in Ced Cass. Rv 254050;
Cass. Sez 11 12.1.2006 n. 2818 in Ced Cass. Rv 232869; Cass. Sez. VI
18.12.2007 n. 16980 in Ced Cass. Rv 239844; Cass. Sez. H 11.6.1997 n.
9026 in Ced Cass. Rv 208747].
Nel caso in esame va osservato che al momento dell’intervento della polizia
giudiziaria, l’ imputato aveva già manomesso varie parti del veicolo rubato
e le relative targhe, condotta quest’ultima che, unitamente all’alterazione dei
numeri di serie del telaio costituisce atto tipico di “riciclaggio” [Cass. Sez II
11.7.1997 n. 9026 cit.], perché volto ad impedire che si possa risalire all’origine del mezzo sottratto.
Va aggiunto che l’azione dell’imputato non è qualificabile in termini di
semplice tentativo perchè l’art. 648 bis cp è reato a consumazione anticipata
che si consuma per il solo fatto del compimento di attività di riciclaggio,
senza che sia necessario l’attuarsi di un evento; infatti la espressione
“….operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa…” non indica un evento eziologicamente connesso alla condotta, ma descrive la caratteristica dell’atto punibile.
Nel caso in esame, pertanto, è corretta la qualificazione giuridica del fatto e
l’applicazione dell’art. 648 bis cp.
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Contrariamente a
quanto affermato dalla difesa, la Corte territoriale ha indicato le ragioni per
le quali è stata ritenuta la circostanza aggravante di cui al II^ comma dell’art. 648 bis cp. Dalla motivazione della sentenza impugnata si evince che
l’imputato svolge l’attività di meccanico e che dispone di una autofficina, al
cui interno è stata trovata l’autovettura rubata e le parti smontate di essa.
Appare di tutta evidenza che l’attività svolta dall’imputato (disassemblaggio delle parti di un veicolo) sia riconducibile ad esperienze collegate all’attività professionale; nella specie la circostanza aggravante è giustificata dal
fatto che l’imputato, è agevolato dalla sua esperienza professionale nello
smontare le singole parti del veicolo, nel conoscere gli eventuali punti ove
sono stati collocati matrici identificative anche di singole parti, e nel “piazzare” le singole parti.
La motivazione della Corte d’Appello, che richiama proprio la natura specifica dell’attività professionale dell’imputato, appare idonea e sufficiente a
giustificare la riconosciuta circostanza aggravante.
Parimenti è adeguata la giustificazione delle ragioni per le quali non sono
state riconosciute le attenuanti generiche. Sul punto la Corte d’Appello ha
messo in evidenza che l’imputato ha plurimi precedenti specifici; sulla
base di ciò il giudice dell’appello ha escluso di poter riconoscere l’attenuante di cui all’art. 62 bis cp. La motivazione è adeguata perchè la Corte territoriale ha richiamato uno dei parametri previsti dall’art. 133 cpp, considerandolo preminente rispetto ad ogni altro.
La motivazione è specifica e sufficiente perchè ai fini dell’applicabilità delle
circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod.pen., il giudice
deve riferirsi ai parametri di cui all’art.133 cod.pen., e non è necessario, a
tale fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 22.10.2013

esso ha inteso fare riferimento. Ne consegue che il riferimento, da parte del
giudice di appello, ai precedenti penali dell’imputato, indice concreto della
sua personalità – in mancanza di specifiche censure o richieste della parte
interessata, in sede di impugnazione, in ordine all’esame di altre circostanze
di fatto inerenti ai suddetti parametri – adempie all’obbligo di motivare sul
punto [Cass. Sez. 113.11.1997 n. 707 in Ced Cass. Rv 209443; Cass. Sez. I
6.12.2000 n. 8677 in Ced Cass. Rv. 218140; Cass. Sez. I 7.7.2010 n. 33506
in Ced Cass. Rv 247959].
Per le suddette ragioni il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

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