Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5500 del 09/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5500 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Cinel Paolo , nato Bassano del Grappa il 12.7.1968
avverso la sentenza n.1301 della Corte d’appello di Venezia ,IV
sezione penale,datata 31.10.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sostituto
Procuratore generale, Vito D’Ambrosio , che ha concluso chiedendo

1

Data Udienza: 09/10/2013

i.

il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato, l’avv. *, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso;

1.Con la sentenza indicata in epigrafe , la Corte di appello di Venezia , in
parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bassano del Grappa , in
data 28.9.2005 , che aveva condannato Cinel Paolo per entrambi i reati di
seguito indicati, dichiarava prescritto il reato ascritto al capo b) della
rubrica, rideterminando la pena e confermando la condanna dell’imputato
per il reato di tentata rapina in danno di Trentin Silvano.

a) del reato previsto dagli articoli 56 e 628 comma 2 del Codice penale perché dapprima
compiva atti idonei e diretti in modo non equivoco ad impossessarsi, per procurarsi un
ingiusto profitto, di un veicolo parcheggiato sotto il portico dell’abitazione di Trentin Silvano
(o comunque ad impossessarsi di cose esistenti all’interno di tale veicolo o presso
l’abitazione del Trentin) e immediatamente dopo il tentativo di sottrazione adoperava
minaccia nei confronti del Trentin, che cercava di impedirgli la fuga, per procurarsi
l’impunità; in particolare il Cinel si introduceva nel cortile dell’abitazione del Trentin e
armeggiava intorno alla portiera del veicolo, ma non riusciva a compiere l’azione per
l’intervento del proprietario; successivamente, inseguito e raggiunto dal Trentin, gli diceva
ripetutamente: “Varda che te copemo”;
in Rossano Veneto il 16 febbraio 2004
b) del reato previsto dall’articolo

614

del

Codice

penale

perché

s”introduceva clandestinamente, durante la notte, nelle appartenenze (cortile _e
portico) dell’abitazione di Trentin Silvano; in Rossano Veneto il 16 febbraio
2004:inRossano Veneto il 16 febbraio 2004:

1.1 La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,
in punto di ricostruzione dei fatti e di mancata attendibilità della denuncia
delle parti lese e confermava la statuizione di condanna del primo giudice,
ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati
a lui ascritti.

2

RITENUTO IN FATTO

1.2 Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo
difensore di fiducia, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo
a motivo:
a) mancanza e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al
capo d’imputazione Al capo di imputazione riportato nell’intestazione,
infatti, riguarda un’altra vicenda ed un altro procedimento sicchè non vi
é alcuna correlazione tra l’accusa e la motivazione della sentenza.
mancanza, manifesta illogicità e contradditorietà della motivazione.

La Corte

non ha chiarito perchè non ha reputato condivisibili le

considerazioni prospettate dalla difesa e dallo stesso Procuratore
Generale sulle numerose lacune e contraddizioni della sentenza di
primo grado, giustificando la scelta di condannare l’imputato
avvalendosi di un semplicistico rinvio meramente adesivo alla
sentenza del Tribunale. In particolare non ha risposto adeguatamente alla
censura di contraddittorietà del contenuto delle testimonianze di Sivano e
Bruna Trentin riguardo al momento in cui Cinel pronunciò la minaccia .Del
pari contraddizioni emergono tra le dichiarazioni di Bruna Trentin e il
contenuto della querela ; tra le stesse e quelle del teste Bragagnolo.
oltre che dal contenuto della querela.
Si duole anche che la Corte abbia attribuito credibilità alle dichiarazioni
della parte lesa Silvano Trentino senza una adeguata verifica e che, pur
in assenza di una prova della minaccia, sia stata ritenuta la rapina invece
che il tentativo di furto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato.
Quanto al primo motivo , che postula la dichiarazione di nullità della
sentenza essendovi una palese contraddizione tra l’imputazione indicata
nell’ epigrafe della sentenza e il contenuto della motivazione che
,all’evidenza, si riferisce ad un fatto del tutto diverso, rileva che la
giurisprudenza di questa Corte ha colto due aspetti che escludono ogni
nullità se nella sentenza d’appello manchi o sia incompleto il capo di
imputazione.

3

b)

2.1 Per un verso la Corte di legittimità ha affermato che il capo di
imputazione non è previsto tra gli elementi essenziali la cui mancanza o
incompletezza determina la nullità della sentenza a norma dell’art. 546,
terzo comma, cod. proc. pen . perché l’enunciazione dei fatti e delle
circostanze ascritte all’imputato ben possono desumersi dal complessivo
contenuto della decisione.( Rv. 208462 ; Rv. 242828)
2.2 Per altro verso è stato anche affermato che non sia affetta da nullità

e sul quale sia intervenuta decisione, allorché l’indicazione di esso risulti
dall’epigrafe della sentenza di primo grado o dal decreto di citazione per il
giudizio di secondo grado (rv 220630;rv 208178).Entrambe le decisioni si
ricollegano al principio giurisprudenziale di questa Corte secondo il quale,
ai fini della valutazione della congruità della motivazione del
provvedimento impugnato, il giudice di legittimità deve fare riferimento
alle sentenze di primo e secondo grado, che si integrano a vicenda
confluendo in un risultato organico ed inscindibile.
2.3 Orbene proprio dalla lettura delle due sentenza emerge con tutta
evidenza che l’originaria imputazione, riportata nell’intestazione della
sentenza di primo grado, riguarda la tentata rapina in danno dei fratelli
Trentin e che nessuna modifica ha subito tale accusa nel processo di
secondo grado, che , sul punto , ha confermato la sentenza di prime cure.
Nessuna contraddittorietà effettiva può, pertanto, riscontrarsi nella
sentenza impugnata a causa del refuso, perché di ciò si tratta, che ha
provocato l’inserimento nell’intestazione della sentenza di un capo di
imputazione relativo ad altro procedimento.
2.4 Le restanti censure alla motivazione della sentenza sono del tutto
prive di fondamento.
Il giudice di prime cure ha analizzato tutte le pretese incongruenze delle
testimonianze dei fratelli Trentin , alle pagine 3,4,5 ( in particolare sono
riportate puntualmente le censure della difesa , poi riproposte
pedissequamente anche con il ricorso, e le valutazioni rese dal primo
giudice ) e le ha respinte con una motivazione ampia e priva di
sostanziali illogicità o contraddizioni. La Corte di merito ha recepito,
condividendola, tale motivazione e l’ha integrata con proprie

4

la sentenza di appello, nella cui intestazione non figuri il reato addebitato

considerazioni circa le alternative ricostruzioni e valutazioni prospettate
con l’atto di appello.
2.5 Anche a voler prescindere dalla genericità dei motivi di ricorso,
perché meramente reiterativi di doglianze già avanzate nei precedenti
gradi, rileva che in tema di censure prospettate ai sensi dell’art. 606,
comma primo lett. e), la denunzia di minime incongruenze argomentative
o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga

inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, come
quelli proposto con il ricorso qui in esame, non possono dar luogo
all’annullamento della sentenza, perché

.non costituisce vizio della

motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati
estrapolati dal contesto, ma è solo l’esame del complesso probatorio
entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di
verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la
loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto
argomentativo della motivazione.( Rv. 254988 ).
2.6 Questa Corte, infatti, ha ripetutamente affermato che il giudice del
gravame di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di
tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente
tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche
attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e
adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto
presente ogni fatto decisivo. Ne consegue che debbono considerarsi
implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata.( Rv. 254107)
2.7 E’ stato inoltre già deciso che

in tema di integrazione delle

motivazioni tra le conformi sentenze di primo e di secondo grado, se
l’appellante si limita alla riproposizione di questioni di fatto o di diritto già
adeguatamente esaminate e correttamente risolte dal primo giudice,
oppure prospetta critiche generiche, superflue o palesemente infondate, il
giudice dell’impugnazione ben può motivare per relazione; quando invece
sono formulate censure o contestazioni specifiche, introduttive di rilievi

5

tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano

non sviluppati nel giudizio anteriore o contenenti argomenti che pongano
in discussione le valutazioni in esso compiute, è affetta da vizio di
motivazione la decisione di appello che si limita a respingere con formule
di stile o in base ad assunti meramente assertivi o distonici dalle
risultanze istruttorie le deduzioni proposte. ) Rv. 256435 .
3. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere
rigettato :ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento

condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente

pagamento delle spese

processuali .
Così de ‘so ir Roma , il 9 ottobre 2013
Il Consi iires4qsore
( M B. T

Il P
( A,

dente
°sito)

che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere

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