Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 55 del 10/09/2013


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Penale Sent. Sez. F Num. 55 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
STRAZZULLI GERARDO N. IL 11/12/1970
avverso l’ordinanza n. 2690/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
12/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;
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Data Udienza: 10/09/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Napoli – sezione riesame -, con ordinanza del 9
luglio 2012, aveva – per quello che in questa sede assume rilievo confermato l’ordinanza con la quale il G.I.P. del Tribunale della stessa
città aveva applicato a GERARDO STRAZZULLI, indagato in ordine al
reato partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso (art.
416-bis c.p.: in Qualiano e zone limitrofe fino al 14 settembre 2006), la

1.1. La I sezione penale di questa Corte Suprema, con sentenza n.
14363 depositata il 21 febbraio 2013, ha annullato la predetta ordinanza
limitatamente al profilo delle esigenze cautelari, rinviando gli atti per
nuovo esame sul punto al Tribunale di Napoli.
1.2. Il Tribunale di Napoli – sezione riesame -, con l’ordinanza
indicata in epigrafe ha nuovamente confermato, anche in relazione al
predetto profilo, l’ordinanza originariamente emessa dal G.I.P.

2. Avverso tale provvedimento, l’indagato ha proposto (con l’ausilio
dell’avv. G. ESPOSITO FARIELLO, iscritto nell’apposito albo speciale)
ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma 1, disp. att. c.p.p.:
I – inosservanza ed erronea applicazione della legge processuale
penale [art. 274, comma 1, lett. c), c.p.p.] in relazione alla sussistenza
delle esigenze cautelari in capo allo STRAZZULLO;
H – mancanza e manifesta illogicità della motivazione.
Ha

chiesto,

conclusivamente,

l’annullamento

dell’impugnata

ordinanza con tutte le conseguenze di legge.

3. All’odierna udienza camerale, le parti presenti hanno concluso
come da epigrafe, ed il collegio ha deciso come da dispositivo in atti.

misura cautelare della custodia in carcere.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è in toto infondato, e va rigettato.

1.

Il ricorrente lamenta, nel complesso, che l’ordinanza impugnata

non avrebbe recepito le indicazioni della sentenza rescindente, perché:
– risulterebbe contraddittoria ed illogica la motivazione inerente al
ritenuto pericolo di recidiva, inficiata dall’errata individuazione della data

precisa della dissociazione (arbitrariamente fatta coincidere con la morte
del capo clan NICOLA PIANESE, avvenuta nel 2006, ma in realtà
risalente al 2003), e dall’ammessa mancata acquisizione di certezza
sulle ragioni della conclusiva dissociazione dell’indagato;
– sarebbero illegittimamente state valorizzate, in riferimento al
comportamento successivo dell’indagato, ed in particolare alla affermata
commissione di reati fino al 2008, dichiarazioni di un collaboratore di
giustizia prive dei necessari riscontri;
– sarebbe conclusivamente stato immotivatamente trascurato il lungo
lasso di tempo intercorso dalla cessazione dell’appartenenza
dell’indagato ai quadri del clan camorristico de quo.

2.

Deve convenirsi con la difesa sull’impossibilità di valorizzare –

anche quanto alla valutazione inerente alla sussistenza di esigenze
cautelari – dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia prive dei
necessari riscontri individualizzanti, essendo del tutto arbitrario limitare
la valenza del combinato disposto degli artt. 273, comma 1-bis, e 192,
commi 3 e 4, c.p.p. (come interpretato, quanto alla necessità di riscontri
estrinseci individualizzanti, dalla giurisprudenza di questa Corte
Suprema: cfr. Sez. un., sentenza n. 36267 del 30 maggio – 31 ottobre
2006, CED Cass. n. 234598) all’integrazione del solo quadro indiziario
(assunto che, peraltro, neanche il Tribunale del riesame sostiene,
avendo semplicemente trascurato di considerare il problema).

2.1.

E’ altresì certamente “neutra”, ovvero non sintomatica di

alcunché, l’incertezza – ammessa dallo stesso Tribunale del riesame (f.

2

,..

t,

2 s.) – sulle reali cause della dissociazione dell’indagato dal clan
camorristico de quo.

3. Ciò premesso, deve, peraltro, ribadirsi che, in tema di esigenze
cautelari, ai fini della valutazione del pericolo di recidiva, il giudice deve
valorizzare elementi concreti sulla base dei quali ritenga possibile

stessa specie di quello per cui si procede, od anche le stesse modalità
del fatto da cui abbia dedotto anche la sua sintomatica gravità (Cass.
pen., sez. V, sentenza n. 35265 del 12 marzo – 21 agosto 2013, CED
Cass. n. 255763).

3.1. A tale principio il Tribunale del riesame si è, nel complesso,
attenuto, valorizzando – a prescindere dal riferimento alle in parte qua
non riscontrate dichiarazioni del collaboratore di giustizia GIOVANNI
CHIANESE, in questa sede emendabile, ed alla accertata dissociazione
dal clan camorristico di riferimento – la
fatto», ma anche e soprattutto la

«innegabile gravità del

«allarmante personalità dello

STRAZZULLI, a cui carico sussistono precedenti per detenzione di armi,
ricettazione ed estorsione»,

e ritenendo, in virtù di tali rilievi,

«sicuramente possibile formulare una prognosi sfavorevole circa la
commissione in futuro di altri gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi
di violenza personale da parte dello stesso»

(f. 3), in tal modo

superando la presunta rilevanza ostativa della risalenza dei fatti oggetto
di cautela.
Trattasi di rilievi di merito certamente esaurienti, logici e non
contraddittori, e pertanto non sindacabili in sede di legittimità, in difetto
di travisamenti, peraltro neanche invocati e/o documentati dalla difesa.

3.2. La scelta della misura – le cui ragioni sono state argomentate
dal Tribunale del riesame (f. 3) – risulta in realtà necessitata ex lege,
3

affermare che l’imputato possa commettere gravi delitti, anche della

una volta ritenuta la sussistenza di esigenze cautelari, in considerazione
del titolo del reato oggetto di cautela.

4. La totale infondatezza del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
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42:

comma 1-ter, disp. att. c.p.p.
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P.Q.M.

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Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
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processuali. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del

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provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94,
o

co. 1-ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, udienza camerale 10 settembre 2013

4.1. La cancelleria provvederà agli adempimenti previsti dall’art. 94,

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