Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5499 del 09/10/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 5499 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

Data Udienza: 09/10/2013

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Carnevale Baraglia Mario, nato a Gambolò il 10.6.1961
avverso la sentenza n.6408 della Corte d’appello di Milano,sezione 2° penale
,datata 8.10.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del

1

Sostituto

Procuratore generale, Vito D’Ambrosio , che ha concluso

chiedendo la

dichiarazione di prescrizione del reato e la conferma delle statuizioni civili;
udito per l’imputato, l’avv. Roberto Veneroni, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

1.Con sentenza indicata in epigrafe , la Corte di appello di Milano , in
parziale riforma della sentenza del Tribunale di Monza , in data 29.5.2007
, che aveva condannato Carnevale Baraglia Mario alla pena di mesi nove di
reclusione ed euro 600,00 di multa per l’imputazione che segue:”
Dei reati p. e p. dagli arti 81 cpv., 380 e 646 cp, perchè in qualità di legale di
fiducia di TRIPODI Fortunato e TRIPODI Domenica Angela in merito a tre cause
civili, rendendosi infedele ai suoi doveri professionali, ometteva di inoltrare alla
competente Autorità giudiziaria diversi atti che dovevano essere da lui da lui
realizzati, arrecando, così, ai due querelanti un danno economico pari a circa euro
77 mila e perchè, al fine di conseguire un ingiusto profitto, si appropriava dapprima
della somma di euro 680,00 a lui consegnata da TRIPODI Domenica Angela per il
pagamento del contributo unificato con riferimento all’intimazione di sfratto relativa
all’inquilino Vergata, successivamente della somma di euro 1.500,00 richiesti ed
ottenuti da TRIPODI Fortunato quale compenso da corrispondere al perito
incaricato della valutazione dell’immobile relativamente alla causa con il Lorenzini,
nonché al legale domiciliatario su Pavia.
In Monza il 14 dicembre 2004.

assolveva l’imputato dall’accusa di patrocinio infedele e confermava la
condanna per appropriazione indebita , rideterminando di conseguenza la
pena. La Corte territoriale, in particolare, respingeva le censure mosse con
l’atto d’appello, sulla sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del
reato appropriativo, avendo il professionista dolosamente trattenuto il
denaro datogli per pagare il contributo unificato, non avendo iniziato
alcuna azione e ,pertanto, non essendoci mai stato alcun perito da
ricompensare. Valutava ,inoltre, pienamente attendibili le
dichiarazioni rese dalle

parti civili, che si erano dimostrate

perfettamente credibili nella ricostruzione dell’intera vicenda.

2

RITENUTO IN FATTO

1.1 Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo
difensore di fiducia, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo
un unico motivo di gravame con il quale lamenta il vizio di motivazione in
relazione alla configurazione degli elementi oggettivi del reato di
appropriazione indebita ed in ordine alla ritenuta responsabilità penale
dell’imputato. Il ricorrente si duole che la Corte abbia dato credito alle
affermazioni dei querelanti senza effettuare i doverosi approfondimenti

assegni. In particolare la Corte non ha considerato che l’avvocato aveva
comunque svolto per i Tripodi attività professionale e che tale attività è
stata pagata solo in minima parte e comunque il denaro conferito al
professionista per l’attività professionale da svolgere non è più nella
disponibilità dei clienti , essendo competenza del professionista imputare le
somme alle specifiche attività professionali.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso è inammissibile.
2.1 n ricorrente,infatti, pur deducendo asseritamente il vizio di illogicità
della motivazione si limita a prospettare una diversa versione dei fatti , più
aderente ai propri interessi difensivi e procedendo da tale alternativa
ricostruzione sviluppa critiche che rimangono estranee alle
argomentazioni sviluppate nella motivazione del provvedimento
impugnato; quest’ultimo,peraltro, è motivato in modo coerente ed
adeguato, con una motivazione in linea con i principi già enunciati da
questa Corte.
2.2 E’, infatti, noto il principio già affermato da questa Corte secondo cui
si configura il reato di appropriazione indebita (art.646 cod.pen.) nella
condotta dell’esercente la professione forense , che trattenga somme
riscosse a nome e per conto del cliente , anche se egli sia, a sua volta,
creditore di quest’ultimo per spese e competenze relative ad incarichi
professionali espletati, a meno che non si dimostri non solo l’esistenza del
credito, ma anche la sua esigibilità ed il suo preciso ammontare.( n. 1410
del 19/11/1998 Rv. 212637; n. 41663 del 2009).
2.3 Poiché il caso oggi all’esame è del tutto analogo a quello che ha
3

circa le ragioni per cui erano state date all’avvocato le somme portate dagli

determinato il principio di diritto ,questo Collegio ritiene che quest’ultimo
debba essere riaffermato , non evidenziandosi ragioni per una diversa
decisione.
2.4 Il Procuratore Generale ,all’odierna udienza, ha chiesto la dichiarazione
di prescrizione del reato, essendo decorso essendo ormai decorso il termine
massimo per tale dichiarazione; tuttavia è principio consolidato nella
giurisprudenza di questa Corte che l’ inammissibilità del ricorso per

un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di
dichiarare le cause di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen., ivi
compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di
legittimità.( N. 32 del 2000 Rv. 217266,N. 18641 del 2004 Rv. 228349; n.
28848 del 2013 Rv. 256463)
3. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al versamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro
1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla
Cassa delle ammende.
Così deso 1 in F.or1a , il 9 ottobre 2013
Il ConsilieFe etnsore

Il Presidente
( A.

7Tts
,

i

to)

cassazione per manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA