Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5497 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 5497 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sui ricorsi proposti da D’Angelo Claudia,

nata il 29 agosto1983,

Giordano Massimo, nato il 15 novembre 1974, Giliberti Michele, nato 24
febbraio 1981,

Giliberti Sebastiano, nato il giorno 3 aprile 1983, Troisi

Franco nato il 23 gennaio 1979 e D’Angelo Antonio, nato il 16 maggio 1980,
avverso la sentenza 14 maggio 2012 della Corte di appello di Napoli che ha per
loro confermato la sentenza 20 giugno 2008 del G.U.P. del Tribunale di Avellino.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale
Massimo Galli che ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi, nonché l’avv. brio,
difensore dei ricorrenti D’Angelo Claudia e Antonio, e Troisi, e per delega

Data Udienza: 19/12/2013

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dell’avv. Villani, dei ricorrenti Giliberti Michele e Sebastiano, il quale ha chiesto
raccoglimento delle rispettive impugnazioni.
RITENUTO IN FATI-0
D’Angelo Claudia, Giordano Massimo, Giliberti Michele, Giliberti Sebastiano, Troisi
Franco e D’Angelo Antonio, ricorrono, a mezzo dei loro difensori avverso la

confermato la sentenza 20 giugno 2008 del G.U.P. del Tribunale di Avellino, di
condanna per reati in tema di stupefacenti .
CONSIDERATO IN DIRITTO
Tutti i condannati hanno proposto rituale impugnazione nei termini che
verranno ora esposti e valutati.
1. D’Angelo Claudia.
Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed
erronea applicazione della legge processuale per essere stato impedito al
difensore l’ascolto delle bobine contenenti le captazioni: si sostiene in proposito
che, nel corso del giudizio di I grado (abbreviato), il difensore aveva ricevuto una
risposta negativa alla richiesta di poter procedere all’ascolto materiale delle
bobine contenenti le intercettazioni (costituenti la quasi assoluta totalità degli
elementi a carico), attesa l’indisponibilità di attrezzature idonee.
Circostanza questa che avrebbe sostanzialmente impedito l’esercizio del
diritto di difesa.
Il motivo non è accoglibile, in quanto si tratta di nullità di ordine generale a
regime intermedio, sanata perché non coltivata in sede di gravame.
1.1. Con un secondo motivo si lamenta violazione di legge in ordine ai
decreti esecutivi del P.M. che si riferiscono come relativi ad intercettazioni,
effettuate fuori sede, con l’ulteriore precisazione che il decreto del P.M. 16
gennaio 2006 non sarebbe né l’unico, né il primo del presente procedimento e,
comunque, le proroghe avrebbero riguardato indagati diversi da quelli iniziali.
1.2. Il motivo, per come proposto, è per più profili inammissibile: non solo
perché oggetto di doppia corretta motivazione dei giudici di mento con la quale il
ricorso non si confronta, ma anche per il mancato compiuto rispetto dell’onere di
allegazione e per la mancata deduzione e precisazione di decisività della dedotta

sentenza 14 maggio 2012 della Corte di appello di Napoli che ha per loro

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invalidità, tenuto conto che, come ammesso dallo stesso difensore, il materiale
probatorio, determinante il giudizio di colpevolezza, non è costituito dalle sole
intercettazioni.
E’ invero noto che il principio di autosufficienza del ricorso richiede che, per
le questioni dedotte in riferimento agli atti del processo, siano riportati i punti di
termini: Sez.1, Sentenza n.47499/07, Rv.238333, imputato Chialli,

Massime

precedenti Vedi: N. 11706 del 1993 Rv. 196076, N. 6529 del 1998 Rv. 210712,
N. 31964 del 2001 Rv. 219325, N. 4803 del 2002 Rv. 225512, N. 34379 del 2004
Rv. 229279, N. 16223 del 2006 Rv. 233781, N. 20344 del 2006 Rv. 234115, N.
20370 del 2006 Rv. 233778, N. 37368 del 2007 Rv. 237302).
1.3. Con un terzo motivo si prospetta errata valutazione delle risultanze
probatorie atteso il margine di opinabilità del contenuti intercettivi.
Il motivo non merita accoglimento: l’esame della decisione impugnata -che
si completa e si salda con la conforme decisione di primo grado- al di là delle
contestazioni, al limite dell’inammissibilità svolte nel ricorso, evidenzia un lineare
ed unitario filo argomentativo che dà esaustiva contezza dell’iter logico giuridico
che ha sotteso e giustificato la pronuncia di responsabilità, ed ha portato
ragionevolmente ad escludere l’ipotesi alternativa, inefficacemente delineata nei
due giudizi di merito.
Considerato

infine

che

in

materia

di intercettazioni telefoniche,

l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce
questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al
sindacato di legittimità se motivata, come nella specie, in conformità ai criteri
della logica e delle massime di esperienza (cass. pen. sez.

6, 11794 /2013

Rv. 254439).
La doglianza va quindi rigettata.
1.4. Con un quarto motivo si evidenzia, agli effetti dell’applicazione
dell’indulto che la condotta più grave non è quella riconducibile alla conversazione
27 maggio 2006 (accordo con minorenne per l’acquisto di stupefacente) ma
quella del 25 marzo 2006 (30 stecche da cui ricavare 900 €. ).
La critica è priva di fondamento.

tali atti investiti dal gravame e sia indicata la rilevanza della questione. (cfr. in

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La maggior gravità del fatto è stata correttamente apprezzata dalla gravata
sentenza, la quale ha sul punto fornito un esaustivo e convincente giudizio di
merito, che ha soppesato l’intera globalità delle due vicende e la decisiva
circostanza che, per la decisione sulla maggior gravità del fatto, un ruolo
determinante ha assunto il coinvolgimento di persona minore di età nella

1.5. Con un quinto motivo si sostiene l’applicabilità del comma 5 dell’art.
73 d.p.r. 309/90 negata irragionevolmente e senza congrua motivazione.
La censura, inammissibile, è la mera iterazione delle doglianze prospettate
in appello e non si misura con la precisa e adeguata risposta negativa,
diffusamente spiegata dal primo giudice (pag.20) e dalla Corte di appello
(pag.13) avuto riguardo:
a) alla notevole diffusività della condotta di spaccio;
b) alla frequenza e ripetitività dei contatti;
c) al comprovato riferimento a quantitativi rilevanti di stupefacenti;
d) alla polimorfa diversità della droga negoziata: cocaina, exstasy, hashish,
eroina .
2 . Giordano Massimo.
la difesa del Giordano, con un primo motivo di impugnazione deduce
inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonché vizio di motivazione
sotto il profilo della sussistenza dell’art. 73 comma

1 d.p.r. 309/90 affermata

senza alcuna prova della destinazione a terzi e senza valutazione della quantità di
stupefacente attribuibile al soddisfacimento delle personali esigenze
tossicomaniche.
Il motivo -al limite dell’ammissibilità- è privo di fondamento.
Nella doppia decisione di responsabilità, la destinazione a terzi dello
stupefacente -al di là delle riferite ma non provate ‘forti” esigenze tossicomaniche
personali del Giordano- è stata oggetto di diffuse argomentazioni di entrambi i
giudici di merito i quali, con decisione corretta e priva di invalidità censurabili in
questa sede, hanno dato persuasivo conto della estensione, qualità e finalità
illecita delle relazione con il Picariello.
Il motivo va quindi rigettato.

condotta della donna.

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2.1. Con un secondo motivo si lamenta contraddittorietà ed illogicità della
motivazione nonché erronea valutazione dei dati causa non essendosi considerate
le diverse argomentazioni del ricorrente anche sulle sue condizioni economiche e
sulla applicabilità del comma 5 dell’art. 73 d.p.r. 309/90.
Il motivo segue la sorte di inammissibilità della identica censura della

3 Giliberti Michele e Giliberti Sebastiano.
3.1. I ricorsi sono sovrapponibili, prospettando sostanzialmente le
medesime identiche censure comunque già proposte in appello
Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed
erronea applicazione della legge, nonché vizio di motivazione sotto il profilo della
illegittimità delle captazioni fuori dalla Procura e della sussistenza di ragioni
d’urgenza.
Le censure, in parte identiche alla doglianza della D’Angelo (cfr. dianzi:
§.1.1), non hanno fondamento, considerato che sia il primo giudice che la Corte
di appello hanno dato piena contezza della regolarità delle operazioni di
intercettazione e del requisito dell’urgenza: a tali spiegazioni la difesa oppone una
sua diversa infondata lettura attesa la palese sussistenza dei requisiti di legge.
3.2. Con un secondo motivo si lamenta difetto di logica nella motivazione
non aderente alle risultanze processuali e priva di confronto con la qualità di
tossicodipendente dei Giliberti, circostanza questa che deporrebbe per un uso
esclusivamente personale.
La destinazione a terzi dello stupefacente negoziato emerge infatti non solo
dalle intercettazioni ma è confortata dalle conforme indagini ed accertamenti di
Polizia giudiziaria come puntualmente evidenziati (pag. 16 e 17) già dal primo
giudice.
Il motivo va pertanto respinto.
3.3. Con un terzo motivo si prospetta vizio di motivazione nella negazione
dell’attenuante ex art.73 comma 5 d.p.r. 309/90.
La doglianza segue la sorte di inammissibilità della identica censura della
D’Angelo e del Giordano, qui richiamate le argomentazioni del precedente §.1.5.
4. Troisi Franco.

D’Angelo, qui richiamate le argomentazioni del precedente §.1.5.

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4.1. Con un

primo motivo di impugnazione viene dedotto vizio di

motivazione su un punto decisivo della controversia, sotto il profilo, dell’assenza
di riferimenti alla droga nelle telefonate intercorse tra il ricorrente e Picariello
Anna Maria.
4.2. Con un secondo motivo si lamenta illogicità della motivazione per la
ruoli, gerarchie e mezzi funzionali alla sua sopravvivenza.
4.3 Con un terzo motivo si prospetta, genericamente, la nullità della
sentenza per mancanza di motivazione con un giudizio di responsabilità smentito
dalle emergenze processuali.
4.4. I primi tre motivi non superano il vaglio dell’ammissibilità.
Nella specie, infatti, ci si trova di fronte a due decisioni, di primo e secondo
grado, che concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova,
posti a fondamento delle rispettive statuizioni, con una struttura motivazionale
della sentenza di appello che si salda perfettamente con quella precedente, sì da
costituire un unico complessivo corpo argomentativo, privo di lacune, considerato
che la sentenza impugnata, ha dato comunque congrua e ragionevole
giustificazione degli elementi oggettivi e dei profili psicologici del ritenuto delitto.
I giudici di merito hanno quindi affermato la certa attribuibilità dell’illecito
alla condotta consapevole del ricorrente attraverso una motivazione rispondente
ai canoni stabiliti dall’art. 192 c.p.p., ed il procedimento probatorio, che ha
fondato l’affermazione di colpevolezza, resiste alle censure di merito, formulate
nel ricorso il quale tende a proporre una non consentita lettura alternativa degli
eventi.
4.5. Con ultimo motivo si rileva l’inutilizzabilità delle captazioni di brani si
conversazioni tra presenti intervenute occasionalmente nel corso di registrazioni a
“cornetta sollevata”.
Il motivo non ha fondamento e va rigettato.
Questa Corte ha già avuto modo di ribadire che nel caso di intercettazione
telefonica “a cornetta sollevata”, la registrazione dei colloqui fra presenti,
casualmente ascoltati nel corso di un’intercettazione telefonica ritualmente

ritenuta sussistenza di una organizzazione criminale di cui non sono specificati

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autorizzata, è utilizzabile (cfr.:cass. pen. sez. 2, 4442/2009 Rv. 244044), e tale
utilizzabilità non va limitata alle sole finalità cautelari.
5. D’Angelo Antonio.
Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed
erronea applicazione della legge, nonché vizio di motivazione sotto il profilo del

insufficienza della giustificazione, fondata su di una lettura senza efficacia
dimostrativa della realtà illecita che si pretende dimostrata, tenuto che il D’Angelo
non è l’interlocutore dei colloqui in questione.
In appello, il difensore del D’Angelo, fratello di Claudia, ha fondato la sua
difesa sostenendo l’insufficienza probatoria dell’equivoco contenuto delle quattro
telefonate, valorizzate dal G.U.P. per la decisione di colpevolezza.
La corte distrettuale ha invece sul punto fornito una sua ragionevole e
diversa valutazione, con la premessa di metodo che il tenore delle comunicazioni
registrate va analizzato nel suo complesso e non singolarmente, ma, soprattutto,
che il relativo contenuto va apprezzato “unitamente alle conversazioni intercettate
sulla utenza della sorella (pag.10)”.
E quindi evidente che il tentativo difensivo, di esigere in questa sede una
diversa e frammentata lettura del materiale, nel quale il ricorrente non aveva
veste di «interlocutore», materiale che è stato invece analizzato e pesato, dal
giudice di merito in una unitaria e non isolata disamina, non può sortire effetti di
invalidazione della decisione impugnata che può essere fondato solo su una non
consentita rivalutazione in questa sede del compendio probatorio.
Con un secondo motivo si lamenta l’omesso riconoscimento dell’attenuante
ex art. 73 comma 5 d.p.r. 309/90
La doglianza segue la sorte di inammissibilità della identica censura della
D’Angelo Claudia, del Giordano e dei Giliberti, qui richiamate le argomentazioni
del precedente §.1.5.
In conclusione ricorsi, nella verificata tenuta logica e coerenza strutturale
del provvedimento impugnato, risultano infondati e le parti proponenti vanno
condannate ex art.616 C.P.P. al pagamento delle spese del procedimento.

mancato rispetto delle regole di valutazione del materiale probatorio nonché

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P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, ciascuno, al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il giorno 20 dicembre 2013

Il co gliere estensore

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