Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5488 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5488 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CACCIAPUOTI FRANCESCO N. IL 23/03/1975
avverso la sentenza n. 11282/2012 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di SANTA MARIA CAPUA VETERE, del
09/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
gt» lifttgiseirfite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 19/12/2013

Rilevato in fatto
Cacciapuoti Francesco censura la sentenza di applicazione della pena su
richiesta delle parti emessa in data 9.1.2013 dal GUP presso il Tribunale di Santa Maria
Capua Vetere all’esito di un procedimento penale per concorso in detenzione di
stupefacenti (artt. 110 cp e 73 comma 1 e 1 bis DPR n. 309/1990).
Il giudice di merito, ritenendo corretta la qualificazione giuridica dei fatti
contestati, l’applicazione delle circostanze prospettate dalle parti e la pena così come
determinata, aveva recepito l’accordo applicando all’imputato, la pena di anni quattro

di reclusione e C. 18.000 di multa.
Il ricorrente lamenta la violazione di legge e l’assenza di motivazione in
relazione all’art. 606 lett. b, c, e d e cpp, lamentando in particolare che il giudice di
merito non ha esplicitato di avere svolto un accertamento negativo dell’operatività
dell’art. 129 cpp. Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità.
Considerato in diritto
Il ricorso è manifestamente infondato e pertanto va dichiarato inammissibile.
Da tempo questa Corte, anche a sezioni unite, ha precisato come, nell’ipotesi di
impugnazione di una decisione assunta in conformità alla richiesta formulata dalla
parte secondo lo schema procedimentale previsto dall’art. 444 c.p.p., l’esigenza di
specificità delle censure deve ritenersi addirittura “rafforzata” rispetto ad ipotesi di
diversa conclusione del giudizio, dato che la critica al provvedimento che abbia accolto
la domanda dell’imputato deve impegnarsi a demolire, prima di tutto, proprio quanto
dalla stessa parte richiesto (Cass. Sez. U, Sentenza n. 35738 del 27/05/2010 Cc. dep.
05/10/2010 Rv. 247839; Sez. un., 24.6.1998, Verga, rv 211468).
Sempre secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, (cfr. da ultimo
cass. 17.4.2011 n. 6455), in caso di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 c.p.p.,
l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la
sentenza che lo recepisce sia da considerare sufficientemente motivata con una
succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione
della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 c.p.p.
per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della
congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost. (Cass. 27
settembre 1994, n. 3980; più di recente, Cass. 13 luglio 2006, n. 34494).
Con particolare riferimento all’onere di verifica dell’insussistenza delle cause di
proscioglimento immediato, questa Corte ha altresì precisato che la sentenza del
giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra
una delle ipotesi proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., può essere oggetto di
controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo
della sentenza impugnata appaia invece evidente la sussistenza di una causa di non
punibilità (Cass. 10 gennaio 2007, n. 4688).

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In sostanza, l’esigenza minima di motivazione della sentenza a seguito di
“patteggiamento” della pena può ritenersi adempiuta, in relazione all’assenza di cause
di proscioglimento di cui all’art. 129 c.p.p., dal semplice testuale rinvio al medesimo
articolo, il cui contenuto entra in tal modo a far parte per relationem del ragionamento
decisorio ed esprime l’avvenuta verifica, da parte del giudice, dell’inesistenza di motivi
di non punibilità, senza che occorra una ulteriore e più analitica disanima, purché dal
testo della sentenza medesima non emergano in modo positivo elementi di segno

Nel caso in esame, la sentenza del giudice di merito, previa una succinta
descrizione dei fatti (deducibile dal capo d’imputazione contenente anche la descrizione
e la quantità di sosotanza), e previa l’affermazione della correttezza della
qualificazione giuridica di essi nonché la verifica della congruità della pena patteggiata,
ha recepito integralmente le statuizioni concordate applicando la pena stabilita e
rilevando che, alla luce degli atti contenuti nel fascicolo del PM, non vi è spazio per una
possibile assoluzione dell’imputato ai sensi dell’art. 129 cpp.
Come si vede, secondo i principi di diritto sopra richiamati, il giudice di merito
con motivazione del tutto esauriente ha dato conto in maniera più che sufficiente della
insussistenza delle cause di non punibilità ex art. 129 cpp e quindi la sentenza
impugnata si sottrae certamente alla censura mossa, non emergendo da essa in modo
positivo alcun elemento di segno contrario, ma anzi precisi elementi di responsabilità:
il giudice di merito ha considerato, infatti, le risultanze del verbale di arresto e della
perquisizione presso l’abitazione che aveva dato esito positivo essendo state rinvenute
le sostanze stupefacenti ivi specificate. Ha poi ritenuto che* destinazione a finalità
diverse dall’uso personale emergeva dalle ammissioni dello stesso imputato in sede di
convalida, assimilabili ad una vera e propria confessione.
In definitiva, col ricorso si tende solo a rimettere in discussione i termini
dell’accordo finalizzato all’applicazione della pena oggetto del patteggiamento.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna della parte
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento
della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C. 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 19.12.2013.

contrario.

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