Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5485 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5485 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MILIA GIGINO N. IL 14/04/1947
avverso l’ordinanza n. 195/2013 TRIB. LIBERTA’ di CAGLIARI, del
03/09/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Skfro tb• Arrn.1-ie oft: o ,

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Data Udienza: 12/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 3.9.2013 dep. il 5.8.2013 il Tribunale del Riesame di
Cagliari ha rigettato l’appello proposto da Gigino Milia avverso .9Rdo l’ordinanza del
Giudice per le Indagini Preliminari di Cagliari che aveva respinto la richiesta di
inefficacia dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dallo stesso Gip il
17.5.2013.
Il Milia veniva sottoposto custodia cautelare a Cagliari per il reato di cui
all’articolo 74 co. 1, 2, 3 e 4 Dpr. 309/90 per avere promosso, costituito, organizzato,

un’associazione finalizzata al compimento di una serie indeterminata di delitti previsti
dagli articoli 80 co. H e 73 dello stesso Dpr 309/90 ed in particolare, tra l’altro, ad
acquistare nella piazza di Milano, importare, procurare, detenere, trasportare,
vendere, offrire o mettere in vendita nel circondario di Cagliari, Nuoro e Sassari ingenti
quantità di eroina ed altre droghe; per avere più specificamente, diretto e organizzato
l’attività degli altri associati: tenuto contatti con i fornitori calabresi ed albanesi della
droga creando uno stabile canale di rifornimento di eroina e la possibilità concreta di
attivarne altri anche per altri tipi di stupefacenti; gestito direttamente le trattative per
l’acquisto di trasporto in Sardegna della droga; individuato basi logistiche per la
custodia e la successiva consegna della droga, come l’ovile di Antonio Mascia a
Villafranca; gestito e diretto la successiva fase della cessione spaccio dello
stupefacente nel circondario di Cagliari, Nuoro e Sassari; fatto aggravato dall’avere
partecipato all’associazione un numero di persone superiore a dieci. In
Fluminimaggiore, Villanovafranca ed altri luoghi del circondario di Cagliari da epoca
imprecisata e comunque anteriore al mese di ottobre del 2008 fino alla fine del mese
di maggio del 2010.
Il Milia risulta indagato a Cagliari anche con riferimento a numerosi reati fine ex
articolo 73 Dpr 309/90 commessi in gran parte ritenendo da fornitori calabresi e
albanesi operanti a Milano lo stupefacente che poi veniva commercializzato in
Sardegna.

diretto e finanziato assieme a Graziano Mesina, nel circondario di Cagliari,

2. Il Milia ricorre per la cassazione del provvedimento a mezzo del suo difensore
deducendo l’inossevanza ex art. 606 lett. c) cod. proc. pen. dell’art. 297 comma terzo
in relazione alla corretta applicazione della disciplina delle “contestazioni a catena”.
Con ordinanza del gip di Milano emessa il 20 luglio 2012 nell’ambito del
procedimento 20547/10 della Procura di Milano il Mina, infatti, era stato in precedenza
sottoposto a misura cautelare in carcere in relazione:
7) al delitto previsto e punito dagli articoli 81 cpv, 110 c.p., 73 co. I Dpr 309/90
come modificato dalla legge 49/2006 perché, con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, previo concerto ed in concorso tra loro (in concorso con Slora
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Adrian) agendo congiuntamente o anche disgiuntamente acquistavano da LAFIA
Ahmed e SIMONE Cosimo un imprecisato quantitativo di sostanza stupefacente di
tipologia non potuta accertare, al fine di destinato alla successiva commercializzazione.
In Milano in data 17 aprile 2010.
11) al delitto previsto punito dagli articoli 81 cpv, 110 c.p., 73 co. I Dpr 309.90
come modificato dalla I 49.2006 perché, con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, previo concerto ed in concorso tra loro, agendo congiuntamente e
anche disgiuntamente acquistavano da LAFIA Ahmed e SIMONE Cosimo un imprecisato

destinato alla successiva commercializzazione.

Ad avviso del ricorrente, poiché i fatti per i quali era stata pronunziata la
seconda ordinanza (quella di Cagliari del 17 maggio 2013) erano antecedenti
all’emissione della prima ordinanza (quella di Milano del 20 luglio 2012), sussistendo
tra i fatti-reato di cui alle due ordinanze un rapporto di connessione qualificata ai sensi
dell’articolo 297 del codice di procedura penale con riferimento all’articolo 12 primo
comma lett. b) del codice procedura penale, andava applicata la disciplina delle
contestazioni a catena di cui al terzo comma del medesimo articolo 297, quindi
retrodatato l’inizio della custodia cautelare anche per l’ordinanza del gip di Cagliari,
con la conseguenza per quanto riguarda l’ordinanza emessa da quest’ultimo che era
decorso il termine di fase. Ne derivava pertanto la necessità di una declaratoria di
perdita di efficacia della misura in atto.
E se non attraverso questa via, ad avviso del ricorrente si sarebbe in ogni caso
dovuti pervenire ad identica conclusione in considerazione della consapevolezza da
parte delle rispettive procure dell’esistenza delle due indagini.

Il ricorrente chiedeva pertanto l’annullamento del provvedimento impugnato
con l’assunzione dei provvedimenti consequenziali.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. il ricorso appare inammissibile in quanto manifestamente infondato.

2. Il ricorrente si riferisce ad un’assunta violazione di cui all’articolo 600 lett. c)
cod. proc. pen., ma in realtà contesta in punto di motivazione le conclusioni, peraltro,
speculari, cui sono pervenuti sia il Gip che il tribunale del riesame di Cagliari.
Soprattutto quest’ultimo, con una motivazione ampia, articolata e coerente, ha
ampiamente dato conto del perché non possa trovare nel caso in esame applicazione la
disciplina delle contestazioni a catena.

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quantitativo di sostanza stupefacente di tipologia non potuta accertare al fine di

Com’è noto, tale disciplina – a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite di
questa Corte del 21.6.1997 n. 9, Atene, proseguendo con le pronunce n. 21957 del
22.3.2005, P.M. in Proc. Rahulia ed altri, rv. 231059 e n. 14535 del 19.12.2006,
Librato, rv. 235911- trova applicazione di fronte a procedimenti penali pendenti anche
davanti a diverse autorità giudiziarie, purché tra essi vi sia una connessione
qualificata, ex art. 12 lett. b) o lett. c) cod. proc. pen.
Nel caso all’odierno esame il Milia assume che sussista il vincolo della
continuazione di cui all’art. 12 lett. b) cod. proc. pen. in quanto i fatti reato di Milano

esecuzione del medesimo disegno criminoso.
Nel provvedimento impugnato, e prima ancora in quello del gip si motiva
coerentemente sul come non possa dirsi sussistente l’invocato legame di continuazione
tra i fatti delittuosi contestati nei due provvedimenti.
In particolare si dà conto di come dagli atti non emerga alcun dato che possa
consentire di affermare che gli illeciti commessi dal ricorrente in Milano oggetto
dell’ordinanza del 20 luglio 2012 costituiscano esplicazione del ruolo da costui svolto
nell’ambito dell’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti di cui
all’ordinanza cagliaritana del 17 maggio 2013.
Quella milanese, come correttamente evidenziato nel provvedimento
impugnato, si palesa, al contrario, come un’attività criminale in parte svolta in un
ambito del tutto personale. Ciò si desume -come argomentato del tribunale del
riesame- dalla circostanza che le diverse attività delinquenziali furono realizzate in
concorso con soggetti assolutamente diversi; in particolare il Milia ebbe contatti con
due fornitori di stupefacenti di nazionalità albanese (Man Slora e Ahmed Lafia) a titolo
strettamente personale, mentre vi era poi un altro fornitore, sempre albanese (Kastriot
Lukaj) con cui aveva rapporti per conto del sodalizio criminale di cui faceva parte. E
nè i primi due fornitori sapevano del terzo, né ebbero alcun contatto o rapporto con gli
altri associati.
Come rilevato dal Tribunale del riesame di Cagliari poi, se pure è vero che nella
contestazione relativa all’attività associativa si individua l’esistenza del sodalizio
criminoso sino al maggio del 2010, in ragione del fatto che nei primi mesi del 2010
Milia proprio a Milano stava cercando nuovi canali di rifornimento dello stupefacente
per l’associazione, non possono essere ricompresi in tali attività i comportamenti
delinquenziale da lui posti in essere a Milano che ha costituito oggetto dell’ordinanza di
custodia cautelare emessa nel luglio 2012. Questi ultimi -si argomenta ancora del
tutto logicamente nel provvedimento impugnato- si concretizzarono in una vera e
propria trattativa conclusa con l’acquisto dello stupefacente e con il trasporto del
denaro per il pagamento della droga, E da nessun elemento di indagine è emerso che i
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costituirebbero i reati-fine di quelli di Cagliari e, comunque, sarebbero stati realizzati in

sodali sardi del ricorrente fossero quanto meno informati di tale attività illecita da lui
poste in essere.
Il Milia a Milano, dunque, svolgeva due attività delittuose parallele e ben
distinte.
Da un lato trattata e cercava canali per il rifornimento della droga al sodalizio
criminoso di cui faceva parte. E in tale attività rientra, ad esempio, il viaggio che lo
stesso fece da Milano a Reggio Calabria il 27 aprile 2010, dove ebbe contatti con i
calabresi, abituali fornitori dello stupefacente all’organizzazione. La droga comprata

(l’avvocato Corrado Altea) e lo stupefacente arrivava in Sardegna mediante corrieri
reperiti di volta in volta.
Per contro il ricorrente non disdegnava di operare degli acquisti di stupefacente
anche a titolo personale. Si approvvigionava, come detto, da soggetti diversi e
soprattutto operava da solo in tutte le fasi, dal pagamento della droga al trasporto
della stessa.
Tutto ciò porta a condividere l’impostazione del tribunale del riesame secondo
cui non solo non si può parlare di continuazione tra i fatti reato di cui alle due diverse
ordinanze, perché non solo manca la prova che si sia di fronte ad un’identità di disegno
criminoso, ma addirittura si tratta di fatti reato assolutamente autonomi e distinguibili
tra loro.

3. Infondata appare anche l’argomentazione secondo cui dovrebbe comunque
trovare applicazione la norma di cui all’articolo 297 cod. proc. pen. in quanto c’era una
reciproca conoscenza da parte delle due procure delle indagini contemporaneamente in
corso.
Si tratta del cosiddetto requisito della “desumibilità”, sul quale già il tribunale
cagliaritano ha rilevato l’assoluta genericità in quanto dagli atti d’indagine non risulta
che al tempo dell’adozione della prima ordinanza fossero già desumibili dagli atti gli
elementi che hanno poi legittimato l’adozione del secondo provvedimento de libertate.
In particolare -viene rilevato- non si evince che fossero presenti elementi probatori
dell’esistenza dell’associazione per delinquere organizzata e promossa dal Milia.
E’ corretta sul punto l’affermazione secondo cui la sola conoscenza o
conoscibilità che due Procure e i rispettivi organi di polizia giudiziaria abbiano o
possano avere del fatto che ci siano indagini parallele che riguardano un medesimo
soggetto non può tradursi automaticamente in quella desumibilità processualmente
significativa e finalisticamente orientata a valutazioni ed apprezzamenti propri
dell’attività di indagine preliminare, qual è quella richiesta ai fini dell’operatività del
meccanismo di cui all’art. 297, co. 3, cod. proc. pen.
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per conto dell’organizzazione veniva inoltre pagata attraverso un intermediario

Di recente questa Suprema Corte ha precisato che In tema di retrodatazione
della decorrenza dei termini di custodia cautelare, la nozione di anteriore idesumibilità 1
delle fonti indiziarie, poste a fondamento dell’ordinanza cautelare successiva dagli atti
inerenti la prima ordinanza cautelare, non va confusa con quella di semplice

‘conoscenza’ o ‘conoscibilità’ di determinate evenienze fattuali, ma si individua nella
condizione di conoscenza, da un determinato compendio documentale o dichiarativo,
degli elementi relativi ad un determinato fatto-reato che abbiano una specifica
“significanza processuale”. (così sez. 6, n. 11807 dell’11.2.2013, Paladini, rv. 255722:

quando, al momento dell’emissione della prima ordinanza, non era stata ancora
depositata al P.M. un’informativa relativa a pregresse indagini sostanziatesi anche in
intercettazioni, sulla base della quale è stata formulata la richiesta del successivo
provvedimento; conforme sez. 4, n. 15451 del 14.3.2012, Di Paola, rv. 253509; sez. 6
n. 31441 del 24.4.2012, Canzonieri, rv. 253236).
Il percorso argomentativo della Corte d’Appello appare del tutto esauriente e
privo di salti logici: del resto, secondo un principio generale di diritto, l’illogicità della
motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente,
cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocull, dovendo il sindacato di
legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando
ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive
che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del
convincimento (cass. Sez. 3, Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007;
Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794).

4. Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di

inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna della parte
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento
della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al
Direttore dell’Istituto Penitenziario competente a norma dell’art. 94 comma 1 ter disp.
att. cpp.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2013

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in applicazione del principio, è stata esclusa la “desumibilità” allo stato degli atti

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