Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5480 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5480 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MANZO LUIGI N. IL 12/07/1959
avverso la sentenza n. 1052/2009 CORTE APPELLO di SALERNO, del
01/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/12/2013 la relazione fatta dal
,
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. »jto tb-p.«,19-c0tti0
che ha concluso per 22a/rvnexe20…yrk-RAb-0 Ae-,Y1C42_ 310–CAU O

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A-

Data Udienza: 12/12/2013

I

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Salerno, pronunciando nei confronti dell’odierno
ricorrente Manzo Luigi, con sentenza del 1.10-30.11.2012, in riforma della
sentenza emessa dal Tribunale di Salerno sez. distaccata di Cava dei Tirreni in
composizione monocratica il 21.10.2008, procedendo con rito abbreviato per una
pluralità di imputazioni relative ad illeciti edilizi, ha dichiarato non doversi
procedere per intervenuta prescrizione dei reati di cui ai capi A) B), C) D) E) ed

21.1.2005, nonché in ordine ai reati di cui ai capi A) B), C) D) E) ed F) del
decreto di citazione a giudizio del proc.to penale n.ro 3163/2005 del 03.02.2006,
rideterminando la pena per le residue imputazioni di cui ai detti decreti ed a
quelli contenuti negli altri due decreti di citazione a giudizio degli altri proc.ti
penali tutti riuniti in primo grado nel fascicolo rgnr n.ro 3548/2004, con le già
concesse attenuanti generiche equivalenti alle contestati aggravanti e la ritenuta
continuazione, operata la riduzione per il rito prescelto, in mesi sette di
reclusione ed euro 500,00 di multa, confermando nel resto l’impugnata
sentenza.
I reati per i quali è intervenuta condanna sono pertanto:
a. in relazione al proc.to 3163/2005: G ) del reato p. e p. dall’art. 61
n. 2 e 349 cpv cod. pen., poiché, in qualità di custode giudiziario del manufatto
abusivo, violava i sigilli apposti in data 7 aprile 2004 dall’AG per assicurare
la conservazione e l’identità delle opere, realizzando l’intervento di cui al capo
A) dell’imputazione. Fatti accertati in Cava dei Tirreni il 6 aprile 2005;
b. in relazione al proc.to 7348/2005: A) del reato p. e p. dall’ art. 44
comma 1 lett. b) del DPR 380/2001 per aver eseguito o fatto eseguire, in zona
sottoposta a vincolo ambientale e paesaggistico, nella qualità di proprietario
e committente, in assenza del permesso di costruire previsto dall’art. 10 del
medesimo dpr, violando i sigilli, ulteriori opere edili consistenti in opere di

F) del decreto di citazione a giudizio proc.to penale n.ro 3548/2004 del

completamento e di rifinitura, nell’apposizione di impianti tecnologici e
pavimentazione, suddivisione interna e copertura con tetto a quattro falde
inclinate; B) del reato p. e p. dall’art. 146- 181 Decreto I.vo 42/04 per aver
eseguito le opere di cui al capo A) in zona sottoposta a vincolo
paesaggistico ed ambientale, senza la prescritta autorizzazione. C) del reato
p.e p. dall’art. 734 cod. pen.per aver alterato con !’opera di cui al capo A) le
bellezze naturali di località soggetta a speciale protezione dell’autorità

D) del

reato p.e p. dagli artt. 64 e 71 DPR 380/2001 perché, in esecuzione di un
medesimo disegno criminoso, realizzava le opere di cui ai capo A) in c.a.
senza la direzione di un tecnico abilitato ed iscritto nel relativo albo
nell’ambito delle rispettive competenze; E) del reato p. e p. dagli artt. 65 e 72

2

4

DPR 380/2001 per aver eseguito i lavori indicati al capo A) senza averne
fatto denuncia al competente Sportello Unico istituito presso il comune ; F)
del reato p. e p. dagli artt. 93 e 95 DPR 380/2001 per aver eseguito i lavori
indicati al capo A) in zona sismica senza dare preavviso scritto al competente
Sportello Unico istituito presso il comune, omettendo il contestuale
deposito dei progetti presso quest’ultimo ufficio ed omettendo di attenersi ai
criteri tecnico-descrittivi prescritti perle zone sismiche;

G ) del reato p. e p.

dall’art. 61 n. 2 e 349 cpv cod. pen.., poiché, in qualità di custode giudiziario

2005 dall’AG per assicurare la conservazione e identità delle opere,
realizzando l’intervento di cui al capo A) dell’imputazione. Fatti accertati in
Cava dei Tirreni il 13 settembre 2005;
c. in relazione al proc.to n. 9670/2006; A) del reato p. e p. dall’ art. 44
comma 1 lett. b) del DPR 380/2001per aver eseguito o fatto eseguire, in zona
sottoposta a vincolo ambientale e paesaggistico, nella qualità di proprietario e
committente, in assenza del permesso di costruire previsto dall’art.10 del
medesimo dpr, violando i sigilli, ulteriori opere edili consistenti nella
realizzazione di un porticato in legno e tegole di copertura per una lunghezza di
m. 26,00 larghezza di m. 1,80 ed altezza massima di m. 3,m60 e per aver
violato in qualità di custode giudiziario del manufatto abusivo, i sigilli apposti in
data 7 aprile 2004, 6 aprile 2005 e 13 settembre 2005 dall’AG per assicurare
la conservazione e l’identità delle opere, realizzando l’intervento di cui al capo A)
dell’imputazione. Fatti accertati in Cava dei Tirreni il 3 novembre 2006

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione
l’imputato, con l’ausilio, del proprio difensore, deducendo i motivi di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto
dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:

del manufatto abusivo, violava i sigilli apposti in data 7 aprile 2004 e 6 aprile

a. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale- inosservanza di
norme processuali- mancanza, contraddittoria e manifesta illogicità della
motivazione- violazione e falsa applicazione degli artt. 530 co.

1 e 2 cod. proc.

pen. violazione e falsa applicazione dell’art. 187 cod. proc. pen.- 192 cod. proc.
pen. ed art. 2729 cod. proc. pen.
Il ricorrente in ordine a tali motivi reitera quanto già eccepito nell’atto di
appello evidenziando la natura di reati propri dei reati contravvenzionali edilizi e
la mancata prova della qualità di committente dei lavori abusivi realizzati in capo
al Manzo.

3

4

Si deduce in particolare carenza, illogicità e contraddittorietà della
motivazione dell’atto impugnato in quanto, ad avviso del ricorrente, con la
richiesta e concessa sostituzione del custode dal Manzo Luigi alla moglie e con la
fissazione da parte dell’imputato della propria residenza alla via G. De Rosa e
non alla località Rotolo Maddalena ove è sito l’immobile oggetto delle imputazioni
si smentirebbe l’assunto invece ritenuto erroneamente in sentenza che
l’immobile sia stata la residenza dell’imputato e/o nella sua disponibilità

pen.- 158 cod. pen.- 159 cod. pen.- 2 cod. pen. – I. n. 251/2005). Inosservanza
ed erronea applicazione di norme processuali (artt. 129 cod. proc. pen.- 531
cod. proc. pen.- 132 bis. disp. att. cod. proc. pen.- art. 2 e ter co. 1 e 2 D.Ivo
92/2008 conv. nella I. 125/2008) – mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione.
Il ricorrente sostiene, infatti, che nel caso de quo la prescrizione, dedotta ed
eccepita in sede di appello, era già maturata per tutti i reati contravvenzionali
già alla data di emissione della sentenza di secondo grado. Illegittimamente ed
erroneamente, in palese violazione delle citate norme penali, la Corte di Appello
avrebbe ritenuto, con una motivazione contraddittoria ed illogica rispetto alle
diverse conclusioni cui era pervenuta per i reati contrawenzionali che ha poi
dichiarato prescritti, che ai reati edilizi contravvenzionali accertati in data
13.09.2005 di cui al procedimento rubricato al R.G.N.R. n.ro 7348/2005 (capi da
A) ad F) del decreta di citazione a giudizio emesso il 03.1 0.2006) non potessero
applicarsi i termini di prescrizione antecedenti alia innovazione disposta con la
legge del 5.12.2005 n.ro 251 stante a suo dire la continuazione dei lavori e la
violazione dei sigilli apposti alla data del 13.09.2005 accertati in data 3.11.2006.
Quale corollario la Corte di secondo grado ha considerato che i termini di
prescrizione, ad onta della sospensione autoritativa dei lavori avutasi in forza del
sequestra preventivo disposto in data 13.09.2005 con l’ apposizione dei sigilli,

b. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale (artt. 157 cod.

non fossero cominciati a decorrere.
Interpretando ed applicando correttamente i principi e le norme, ad avviso
del ricorrente, i termini prescrizione devono considerarsi cominciati a decorrere
dal 13.09.2005 in virtù della cessazione della permanenza dei reati
contravvenzionali accertati in tale data. Inoltre, posto che i detti reati sono stati
commessi in data 13.09.2005 e quindi prima della emanazione della legge n.ro
251 del 5.12.2005 che ha modificato i termini di prescrizione, il termine di
prescrizione degli stessi, considerando l’interruzione, sarebbe pari ad anni 4 e
mesi sei e, quindi, sarebbe spirato al 13.03.2010 che, considerando il periodo di
sospensione, pur calcolato in modo erroneo dalla Corte d’Appello in anni 2 e mesi
4

4

quattro, determinerebbe l’intervenuta prescrizione degli stessi alla data del
13.07.2012.
Nel caso dei reati accertati il 13.09.2005 di cui al d.c. proc. pen. n.ro
7348/2005 gli stessi hanno avrebbero una sospensione autoritativa in forza del
sequestro con imposizione dei sigilli operato. Pertanto la successiva
continuazione delle opere non implica che il termine di prescrizione non sia
decorso. Diversamente opinando, infatti, secondo il ricorrente, non si sarebbe
potuta dichiarare la prescrizione neanche per i reati contravvenzionali di cui ai

La prescrizione sarebbe poi maturata, come già eccepito in appello, anche
per i reati contravvenzionali accertati in data 03.11.2006, di cui a! decreto di
citazione a giudizio proc. pen. n.ro 9679/2006 emesso I’ 08.05.2007.
In virtù anche delle innovazioni dei termini di prescrizione di cui alla legge
n.ro 251 del 05.12.2005 il termine di prescrizione lungo per tale reato
contravvenzionale sarebbe pari ad avviso del ricorrente ad anni 4 e mesi 8
considerando l’interruzione e l’incensuratezza dell’imputato (che determinerebbe
un aumento del termine di soli mesi 8 – ovvero 1/16 del termine di quattro anni).
H termine di prescrizione cosi sarebbe maturato a! 03.07.2011, a cui si dovrebbe
aggiungere solo la sospensione di anni 1 e giorni quindici atteso che non
andrebbe calcolata la sospensione dei termini causata dal rinvio dell’ udienza di
appello dal 16.06.2011 a! 01.10.2012 posto che il detto rinvio, disposto ex
art.132 bis disp. att. cod. proc. pen., non andrebbe considerato ai fini del
calcolo della sospensione in quanto trattasi di giudizio abbreviato ed, inoltre,
alternativamente, perché il reato di violazione dei sigilli aggravato ex art 349 cpv
cod. pen. contestato con lo stesso decreta di citazione prevede una pena nel
massimo superiore a 4 anni ed infine sempre alternativamente ed assorbente
perché I ‘art. 2 ter del d.I n.ro 92/2008 prevede la sospensione del termine di
prescrizione fino ad un massimo di 18 mesi (comma 2°) solo per i reati
indultabili ex lege n.ro 2442006 e quindi per i reati commessi fino al

precedenti sequestri.

02.05.2006.
Ne conseguirebbe che i reati contravvenzionali di cui al proc.to penale
rubricate al n.ro 9679/2006 R.G.N.R., siccome accertati in epoca posteriore
rispetto al 2.5.2006 (lo sono stati infatti il 3.11.2006), non rientrano nelle ipotesi
di reato a cui sia possibile applicare l’indulto e pertanto sono fuori dall’ambito di
applicazione della sospensione disposta dal comma secondo del citato art. 2 ter
d.!. n.ro 92/2008. Ne conseguirebbe che la Corte territoriale avrebbe errato e
violato le norme citate quando ha considerato la sospensione dei termini di
prescrizione anche per tale ipotesi.

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4

La violazione delle leggi penali speciali richiamate nonché degli artt. 157,
158 e 159 cod. pen. vizierebbe ad avviso del ricorrente irrimediabilmente la
sentenza impugnata.
I termini di prescrizione anche dei reati contravvenzionali contestati
nell’ultimo procedimento penale riunito (r.g.n.r. n.ro 9679/2006) sarebbero
maturati al 18.08.2012 (aggiungendo il periodo di sospensione di anni 1 e giorni
15 al 3.7.2011) e quindi la prescrizione era abbondantemente maturata al
01.10.2012, data della sentenza di appello.

l’annullamento della sentenza impugnata e la conseguente assoluzione
dell’imputato ex art. 530 co. 1 cod. proc. pen. con la formula più ampia ovvero,
in via gradata, l’assoluzione ai sensi dell’art. 530 co. H cod. proc. pen. perché
manca, è insufficiente o quanto meno è contraddittoria la prova che l’imputato
abbia commesso il fatto.
In via ancora subordinata chiede di pronunciare sentenza ex art. 129 cod.
proc. pen. di non doversi procedere per intervenuta prescrizione anche in caso
di ritenuta inammissibilità del ricorso in relazione ai reati contrawenzionali di cui
ai capi da A) ad F) del proc.to penale rubricati nel R.G.N.R. al n.ro 7348/2005
(accertati il 13.09.2005) di cui al decreto di citazione emesso in data 8.5.2007 e
di cui al capo A) del proc.to penale rubricato al n.ro 9670/2006 (accertato il 3
novembre 2006) di cui al decreto di citazione emesso in data 03.10.2006.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il proposto ricorso si palesa manifestamente infondato e pertanto ne va
dichiarata l’inammissibilità.

2. Prima di ogni altro, essendo la decisione sul punto assorbente rispetto
alle altre, va affrontato il motivo di censura attinente una supposta intervenuta
prescrizione di tutti i reati meglio specificati in premessa per cui è intervenuta
condanna ancora precedente alla pronuncia di secondo grado.
Il ricorrente si duole che la Corte d’Appello di Salerno abbia ritenuto che i
termini di prescrizione, ad onta della sospensione autoritativa dei lavori avutasi
in forza del sequestro preventivo disposto in data 13.09.2005 con l’ apposizione
dei sigilli, non fossero cominciati a decorrere.
Ciò sarebbe in contrasto con la stessa declaratoria di prescrizione
pronunciata in relazione alle opere di cui agli accertamenti del 7.4.2004 e del
6.4.2005.
Orbene, tale doglianza è manifestamente infondata.

6

Il ricorrente chiede dunque a questa Corte di Cassazione in via principale

E’ pacifica e consolidata la giurisprudenza di questa Corte Suprema secondo
cui II reato urbanistico ha natura di reato permanente la cui consumazione ha
inizio con l’avvio dei lavori di costruzione e perdura fino alla cessazione
dell’attività edificatoria abusiva (SS. UU. n. 17178, 8/05/2002). La cessazione
dell’attività si ha con l’ultimazione dei lavori per completamento dell’opera, con
la sospensione dei lavori volontaria o imposta (ad esempio mediante sequestro
penale), con la sentenza di primo grado, se i lavori continuano dopo
l’accertamento del reato e sino alla data del giudizio (Sez. III n. 38136,

lavori di rifinitura interni ed esterni quali gli intonaci e gli infissi (Sez. 3 n.32969,
7/09/2005). Entro tale preciso ambito deve dunque individuarsi il concetto di
“ultimazione” che ha natura oggettiva e non può, pertanto, dipendere da
valutazioni soggettive (Sez. 3, n. 7065 del 23.2.2012, PG in proc. Croce ed

altro).

n.40
il reato previsto
1″che
Era stato già affermato sin dalla previgente I. 28.1.1977

dall’art. 17 di quella normativa (poi divenuto art. 20 I. 47/1985 ed oggi art. 44
Dpr 380/01) di costruzione senza concessione (oggi permesso di costruire) o in
difformità da essa avesse carattere permanente, in quanto la situazione
antigiuridica posta in essere con la modifica della destinazione d’uso si protrae
nel tempo e cessa solo per volontà contraria dell’agente o per legittimazione da
parte della competente autorità amministrativa (così questa Sez. 3, n. 4371 del
16.2.1983, Sedini, rv. 158968).
Più specificamente in tema di contravvenzioni antisismiche, è stato precisato
che il reato di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti ha natura
di reato permanente, la cui consumazione si protrae sino a quando il
responsabile non presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto ovvero non
termina l’intervento edilizio (Sez. 3, n. 29737 del 4.6.2013, Vella, rv. 255823).
Ebbene, qualora in un reato permanente la condotta venga interrotta,
la prescrizione inizia a decorrere da questo momento; se però, come nel caso
che ci occupa, l’attività delittuosa riprenda e sussista la identità del disegno criminoso, si configurano gli estremi della continuazione. In tal caso è ancora una
volta giurisprudenza di legittimità consolidata il principio che il termine si sposta
alla cessazione od interruzione del nuovo comportamento. (Sez. 3, n. 1209 del
5.11.1993, Caterini ed altro, rv. 196478; nella specie trattavasi della costruzione
di distinti piani di unico edificio, realizzato in più tempi e la Corte ha ritenuto in
applicazione del suvvisto principio che la prescrizione iniziasse a decorrere
dall’ultimo episodio; conf. Sez. 3, n. 1454 del 25.11.1998, Vallo G. ed altro, rv
212383). Ancora più di recente è stato riaffermato che nel caso di reato permanente la cui condotta si sia interrotta e, successivamente, sia ripresa, la prescri7

24/10/2001). Inoltre, l’ultimazione dei lavori coincide con la conclusione dei

zione inizia a decorrere dal momento di cessazione finale della condotta (Sez. 3,
n. 40026 del 23.9.2008, Viganò, rv 241293).
Correttamente, dunque, la Corte d’Appello ha considerato la prescrizione
decorrente dal 3.11.2006, data dell’ultimo sequestro, e la conseguente vigenza
del termine prescrizionale di cui alla I. 251/2005, vigente dall’8.12.2005.
Né a diverse conclusioni può pervenirsi per la scelta (evidentemente non
condivisibile) di avere ritenuto i precedenti termini di prescrizione decorrenti dai
sequestri ed estinti i relativi reati, per i quali, tuttavia, in assenza di

Peraltro, a tale termine, che scadeva il 3.11.2011, andava un periodo
complessivo di prescrizione di anni tre, mesi tre e giorni quattordici in
quanto vi sono stati:
a) in primo grado:
– un rinvio su istanza del difensore per munirsi di procura speciale dal 27
settembre 2005 al 15 dicembre 2005 con una sospensione della prescrizione per
mesi due giorni e giorni 18;
– un rinvio dal 13 aprile 2006 al 16 gennaio 2007 su istanza del difensore
per riunione, con altra sospensione di mesi nove giorni e tre della prescrizione;
– un rinvio dal 16 gennaio 2007 al 17 luglio 2007 su istanza del difensore
per riunione con nuova sospensione di mesi sei e giorni uno;
– un ulteriore rinvio dal 17 luglio 2007 al 15 aprile 2008 per l’astensione dei
difensori con sospensione per mesi otto giorni 29.
b) in secondo grado:
– la sospensione di anni uno e giorni 13 dal 3 giugno 2010 al 16 giugno
2011. determinatasi a seguito del rinvio su istanza difensiva per concomitante
impegno professionale.
In proposito va ricordata la costante giurisprudenza di questa Corte secondo
cui l’impedimento del difensore per contemporaneo impegno professionale,
quantunque tutelato dall’ordinamento con il riconoscimento del diritto al rinvio

impugnazione sul punto, si è formato il giudicato.

dell’udienza, non costituisce un’ipotesi di impossibilità assoluta a partecipare
all’attività difensiva e non dà luogo pertanto ad un caso in cui vengono in
applicazione i limiti di durata della sospensione del corso della prescrizione
previsti dall’articolo 159, comma primo, numero tre, del codice penale, nel testo
introdotto dall’articolo 6 della legge 5 dicembre 2005 numero 251 (cfr. per tutte
sez. 1 sent. numero 44609 rv. 242042; Cass. sez. H sent. numero 17344 RV
250076).
La prescrizione per i reati edilizi de quo, dunque, sarebbe spirata soltanto il
17.2.2015. E ciò senza computarsi anche l’ulteriore periodo di sospensione della
prescrizione che si sarebbe determinato a seguito del rinvio operato nel corso del
8

ì

giudizio di appello dal 16 giugno 2011 al 1 ottobre 2012. L’articolo 132 bis
disposizioni attuazione codice procedura penale letto in combinato disposto con
la previsione di cui all’articolo 2ter del DL 23.5.2008 numero 92 convertito con
modificazioni nella legge 24 luglio 2008 numero 125 prevedeva infatti la
possibilità di sospensione dei processi per i soli reati indultabili ai sensi della
legge 251 del 2006, che prevedevano cioè una data di commissione del fatto
entro il 2 maggio 2006. Nel caso che ci occupa invece come dedotto dal
ricorrente e come si evince dal capo d’imputazione, risalendo l’ultima violazione

3. Manifestamente infondato è anche il motivo relativo alla natura di reati
propri dei reati contravvenzionali edilizi e alla mancata prova della qualità di
committente dei lavori abusivi realizzati in capo al Manzo.
La circostanza che l’odierno ricorrente non fosse l’effettivo committente dei
lavori abusivamente realizzati è stata, infatti, quella su cui si è fondato l’atto di
appello e alla stessa la Corte territoriale ha fornito ampia ed articolata
motivazione evidenziando non solo la costante presenza del Manzo sui luoghi di
accertamento e la sua reiterata nomina a custode giudiziario, ma anche come

“nonostante la particolare rilevanza dei lavori – con le reiterate violazioni di sigilli
l’immobile e stato praticamente ultimato ed adibito ad abitazione della stessa
imputato, quest’ultimo, rimanendo contumace, non ha neppure offerto alcuna
indicazione su altre persone, diverse dal formale titolare del diritto, interessate a
valorizzare il fondo con notevole esborso di danaro per il completamento dei
lavori, ne alcuna indicazione in tal senso viene offerta nell’ atto di gravame che si
limita a censurare la violazione di un principio di diritto, ma non offre una
versione alternativa riguardo l’ipotetico interesse di altri nel commissionare,
eventualmente, le opere abusive, tale, comunque, da ribaltare le argomentazioni
logiche della sentenza impugnata.
In proposito, va ricordato che questa Suprema Corte ha avuto modo di ribadire più volte che in tema di reati edilizi, la responsabilità del
proprietario comproprietario, non formalmente committente delle opere abusive,
può dedursi da indizi quali la piena disponibilità della superficie edificata,
l’interesse alla trasformazione del territorio, i rapporti di parentela o affinità con
l’esecutore del manufatto, la presenza e la vigilanza durante lo svolgimento dei
lavori, il deposito di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria, la fruizione
dell’immobile secondo le norme civilistiche sull’accessione nonché tutti quei
comportamenti (positivi o negativi) da cui possano trarsi elementi integrativi
della colpa e prove circa la compartecipazione anche morale alla realizzazione del
fabbricato (così questa Sez. 3, n. 25669 del 30.5.2012, rv. 253065).
9

dei sigilli al 3 novembre 2006 si era fuori da tale previsione.

Il ricorso è dunque manifestamente inammissibile anche in relazione a tale
motivo, in quanto il ricorrente, non senza evocare in larga misura censure in
fatto non proponibili in questa sede, si è nella sostanza limitato a riprodurre le
stesse questioni già devolute in appello e da quei giudici puntualmente
esaminate e disattese con motivazione del tutto coerente e adeguata che il
ricorrente non ha in alcun modo sottoposto ad autonoma e argomentata
confutazione.
E’ ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte

su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate
dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La
mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la
sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste
a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di
aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen.,
alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso
n. 29108

Sez.

2,

del 15.7.2011; conf. Sez. 1, 30.9.2004, Burzotta; Sez. 6, 8.10.2002,

Notaristefano; Sez. 4, 29.3.2000, Barone; Sez. 4, 18.9.1997, Ahmetovic).

4. Il ricorso, pertanto, è inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p, non

ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della
sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
Ammende
Così deciso in Roma il 12/12/2013.

Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato

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