Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5474 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5474 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GAZZARA SANTI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PRETE FRANCESCO N. IL 28/05/1962
avverso la sentenza n. 1827/2009 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 06/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. i
L5
che ha concluso per
•-

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 05/12/2013

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Cosenza, con sentenza del 23/9/2009, dichiarava Francesco
Prete responsabile del reato ex artt. 56-515 cod.pen. perché, nella qualità
di legale responsabile dell’esercizio commerciale La Taverna del Conte,
deteneva per la vendita prodotti alimentari congelati anziché freschi,
condannava alla pena di euro 600,00 di multa.
La Corte di Appello di Catanzaro, chiamata a pronunciarsi sull’appello
interposto nell’interesse del Prete, con sentenza del 6/5/2013, ha
confermato il decisum di prime cure.
Propone ricorso per cassazione la difesa dell’imputato con i seguenti
motivi:
-insussistenza del reato contestato e vizio di motivazione sul punto, non
potendosi ravvisare dagli elementi costituenti la piattaforma probatoria la
concretizzazione della violazione ascritta all’imputato;
-rilevasi, peraltro, che la sentenza impugnata è sorretta da una
argomentazione del tutto apparente, non recando in sè i requisiti richiesti
ex lege per la regolarità e la legittimità del provvedimento reso;
-il reato risulta prescritto, vista la commissione dello stesso, risalente al
23/5/07.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l’impugnata pronuncia,
permette di rilevare la logicità e la correttezza della argomentazione
motivazionale, adottata dal decidente, in ordine alla ritenuta sussistenza
del reato in contestazione e alla ascrivibilità di esso in capo al prevenuto.

senza che ci fosse nel menù la relativa indicazione specifica; lo

Con il primo motivo di annullamento si contesta la configurabilòità, nella
specie, del tentativo di frode in commercio, in quanto mancherebbe il
presupposto del reato, ovvero il contratto.
La censura è priva di pregio.
Sul punto, va rilevato che è configurabile il reato ex artt. 56 e 515
equivoco, a consegnare all’acquirente una cosa per un’altra ovvero una
cosa, per origine, qualità o quantità diversa da quella pattuita o
dichiarata.
Può concretizzare la fattispecie di reato in esame anche il semplice fatto
di non indicare nella lista delle vivande, posta sui tavoli di un ristorante
che determinati prodotti sono congelati, in quanto l’esercizio di
ristorazione ha l’obbligo di dichiarare la qualità della merce offerta ai
consumatori: infatti, detta lista, consegnata agli avventori, equivale ad
una proposta contrattuale nei confronti dei clienti e manifesta
l’intenzione del ristoratore di offrire i prodotti ivi indicati; di tal chè la
mancata specificazione della qualità del prodotto ( naturale o congelato )
integra il reato di tentata frode nell’esercizio del commercio, perché la
stessa proposta non veritiera costituisce un atto diretto in modo non
equivoco a commettere il delitto di cui all’art. 515 cod.pen. ( Cass.
14/2/2013, n. 9310; Cass. 27/6/2005, n. 24190; Cass. 25/10/2000,
Morici).
Del pari infondata risulta essere la eccepita mancanza di motivazione,
rilevato che la Corte territoriale, pur richiamandosi al discorso
giustificativo, sviluppato dal giudice di prime cure, procede ad un riesame
valutativo delle emergenze istruttorie, puntualmente indicate, e dà
contezza delle ragioni per le quali ritiene di aderire alle conclusioni a cui
era pervenuto il Tribunale, riportandosi ai principi affermati in materia
dalla giurisprudenza di legittimità.

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cod.pen. allorchè l’alienante compia atti idonei, diretti in modo non

Di poi, da rigettare è l’eccezione di prescrizione del reato, sollevata con il
terzo motivo di ricorso, visto che lo stesso risulta commesso il 23/5/2007
e il relativo termine di anni 7 e mesi 6 andrà a consumarsi il 23/11/2014.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente

Così deciso in Roma il 5/12/2013.

al pagamento delle spese processuali.

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