Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 547 del 30/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 547 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Civitavecchia

avverso la sentenza del Giudice di pace di Civitavecchia del 24/10/2012, nel
procedimento penale a carico di BELLINESE Emanuela, nata a Civitavecchia il
12/10/1969, BELLINESE Enrico, nato a Civitavecchia il 26/03/1965. e di
APPETICCHI Michela, nata a Civitavecchia il 24/10/2012;

visto il ricorso, gli atti e la sentenza impugnata;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.
Carmine Stabile, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Giudice di pace di Civitavecchia
dichiarava non doversi procedere nei confronti di Emanuele Bellinese, Enrico
Bellinese e Michela Appetecchi, in ordine al reato di minacce loro ascritto in danno

Data Udienza: 30/10/2013

di Bonaventura Anna, per difetto di querela. Riteneva il giudicante che la denuncia
in atti fosse priva della necessaria manifestazione della volontà di ottenere la
punizione degli autori dell’illecito.

2. Avverso la pronuncia anzidetta il Procuratore della Repubblica di
Civitavecchia ha proposto ricorso per cassazione, denunciando inosservanza od
erronea applicazione degli artt. 120 cod. pen., 129, 336, 337 e 529 cod.proc.pen.,

che non solo lo scritto depositato presso la Stazione dei Carabinieri di Santa
Marinella riportava l’intestazione “querela” e la persona offesa aveva dichiarato di
volere sporgere formale querela, ma nel verbale di ratifica era contenuta la frase
“espressamente chiedendone la punizione”, che in un alcun modo consentiva di
equivocare circa la richiesta di esercizio dell’azione penale nei confronti dei
querelati, proposta dalla persona offesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La censura è fondata e merita, pertanto, accoglimento.
Ed invero, l’esame dell’incartamento processuale, reso necessario dal tipo di
doglianza proposta, consente di ritenere che, erroneamente, il giudice di merito
abbia dichiarato l’improcedibilità dell’azione penale per difetto di querela.
Pur al di là dell’espressa intestazione dell’atto di denuncia della persona offesa, in
termini di denuncia querela, dal corpo dello scritto emergeva chiaramente la

volontà della stessa di sporgere querela. Non solo, ma il suo chiaro intendimento in
siffatta direzione era, significativamente – ed inequivocabilmente – chiarito nel
verbale redatto dalla polizia giudiziaria nella parte in cui si riferiva dell’intendimento
espresso dalla Bonaventura di ottenere la punizione dei responsabili.
Gli anzidetti riferimenti testuali erano, dunque, univocamente rivelatori della
volontà che fossero penalmente perseguiti gli autori del fatto denunciato e tanto
bastava per ritenere sussistente la condizione di procedibilità della querela, anche
alla stregua di indiscusso insegnamento giurisprudenziale in merito alla forma di
manifestazione della volontà querelatoria, che non abbisogna di formule
sacramentali (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 30700 del 12/04/2013, Rv. 255885).

2. Per quanto precede, l’impugnata sentenza deve essere annullata con rinvio
al competente giudice di merito perché proceda al giudizio.

P.Q.M.

2

ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) del codice di rito. Ha dedotto, al riguardo,

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per il giudizio al Giudice di pace di
Civitavecchia.

Così deciso il 30/10/2013

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